
Oggi è la giornata della memoria: si ricordano tutte le vittime dell’olocausto. Invece di aggiungere parole scontate sull’argomento, ho preferito scegliere le immagini di un’artista che vidi per la prima volta a Venezia, alla 50esima Biennale, nel padiglione israeliano: Michal Rovner. Nella stanza erano proiettate file ininterrotte e parallele di figure umane, ombre allineate in un cammino incessante. Le ombre, piccole come formiche, coprivano tutti i muri e su di esse erano state tirate delle linee orizzontali, come se fossero contate a dozzina. Quelle figure umane erano come una lista anonima di persone; erano nere, grandi come formiche, e venivano depennate come una lista di cose: ormai non avevano più niente di umano.

Michal Rovner – come in passato l’artista polacca Magdalena Abakanowicz con le sue sculture di iuta o bronzo – aveva suscitato in me il vuoto. Quell’allineamento passivo dei corpi che camminano, inermi, simili ad ombre, contribuiva a diluire o cancellare ogni individualità. Il punto di vista dello spettatore era simile a quello di una persona che osserva un formicaio.
Time Left, il nome di questa l’installazione del 2003 della Rovner, ricordava l’olocausto, ma non solo: qui riaffioravano tutti i genocidi e massacri di ogni tempo, non ultimo quello miserabile di Boko Haram in Nigeria. Nel silenzio della stanza, avvolti dall’installazione, percepisci che quello che vedi non è solo il passato, ma è anche il rischio del nostro presente.
Dopo quella Biennale di Venezia Michal Rovner è diventata un’artista affermata. Qualche anno dopo ho avuto il piacere di ritrovarla in Italia, in una una fiaba dal titolo l’abbraccio, illustrata da lei ma scritta da David Grossman ed edita da Mondadori. Anche questa volta sono stata toccata dal suo lavoro. La storia narra di un dialogo tra un bambino di nome Ben e la sua mamma: insieme si domandano se ognuno di noi è unico al mondo e se essere unici ci rende soli . Alla fine la mamma afferma: “ Ecco, prendi te per esempio-Tu sei unico(…) anche io sono unica , ma se ti abbraccio non sei più solo e nemmeno io sono più sola (…) vedi-gli sussurrò la mamma- proprio per questo hanno inventato l’abbraccio”.
E l’abbraccio, credo, sia il miglior deterrente per il giorno della memoria.
Straordinario questo post. Per quello che dici e quello che non dici, per gli autori che ci presenti per la tua partecipazione. Mi associo e grazie!
carissima ormai mi sembra che noi tre ci siamo già abbracciate!