
Ci vorrebbe uno Sc’vèik! Viviamo in un mondo popolato da guerre e assistiamo all’arrivo di apprendisti stregoni che vorrebbero gettare benzina sul fuoco: più soldi per le spese militari, più presenza di soldati sul terreno, droni, bombardamenti mirati e così via: ci siamo assuefatti alla guerra.
E allora occorrerebbe rileggere il romanzo antimilitarista di Hasek, il cui protagionista è un buon uomo, dai limitati mezzi intellettuali, che vive l’invio al fronte, nella prima guerra modniale, seguendo solo la bussola di un’illimitata ingenuità al limite della stupidaggine (“sono affetto da cretinismo congenito”, dice tutto serio). Eppure questo individuo, che nella vita normale falsifica pedigree per cani rubati, frequentatore infaticabile di osterie e incapace di rifiutare una bisboccia, risulta alla fine più saggio di tutte le gerarchie sociali e militari. In un mondo impegnato ad andare in guerra, tutti perdono la trebisonda, producendosi in atteggiamenti così idioti, da fare risplendere al lume della ragione la povera semplicità del buon Sc’vèik. V’è il generale che arringa la truppa chiamando i suoi soldati “maiali di mare” e, “dopo queste considerazioni a carattere eminentemente zoologico”, passa a lodare l’amor di patria. Si incontra un cappellano militare che del prete non ha niente: squallido approfittatore, crapulone e bevitore, passa il suo tempo nello scolarsi bottiglie di ogni tipo e nel contrarre debiti di gioco. Vi sono ufficiali tromboni e squinternati, furieri ladri, sergenti animaleschi e intorno a loro ruota tutta una società civile, rincretinita dall’imperativo della guerra, del difendere il sacro suolo, dell’uccidere per un mondo migliore. A un certo punto Sc’vèik si ritrova in ospedale e riceve la visita dei membri un’associazione caritatevole che sono così stupidi da far morire dal ridere.
Hasek mise in ridicolo il militarismo. Lo fece in maniera feroce, all’indomani dell’inutile carneficina (definizione data da Benedetto XV) iniziata nel 1914. Ci vorrebbe davvero qualcuno che ci facesse riflettere su dove, oggi, stiamo portando questo mondo, con tutta questa guerra. Dice, Hasek, nell’introduzione, presentando Sc’vèik: “Io voglio molto bene a questo eroe oscuro….. Egli non ha mica incendiato il tempio della dea in Efeso, come fece quell’imbecille d’Erostrato, allo scoo di apparire sui giornali e nei libri di lettura. E ciò mi pare che basti”.