Scherza coi fanti…

Prego, due parole sulla satira.

Innanzitutto la definizione. Si definisce satira in modo estensivo “ogni scritto, discorso, spettacolo ironico, caustico, sferzante, che mette in ridicolo vari aspetti del mondo, che mette a nudo con tono di scherno, ridicolizzandoli, i costumi, i comportamenti, le idee e le passioni dell’umanità intera, di una determinata categoria di persone o di un solo individuo” (Dizionario Hoepli della Lingua Italiana).

La satira a volte fa ridere, a volte no, ma il suo senso profondo è quello di indurre a una riflessione.

La satira in Italia non si può fare, o meglio non si può fare a cuor leggero, probabilmente a causa del fatto che in Italia, vuoi grazie alla cultura vuoi grazie al sentire comune, si tende a tutelare più l’oggetto della satira che l’autore, dimenticando che la libertà di espressione si manifesta proprio nel momento in cui si dicono cose che nessuno vorrebbe sentire.

Ecco allora che si grida allo scandalo, ancora una volta a causa di una vignetta di Charlie Hebdo, senza comprendere che “il bersaglio di tanta rabbia non può essere Charlie Hebdo, ma dovrebbe essere l’incompetenza, la lentezza nell’affrontare una situazione che si stava dispiegando come drammatica ora dopo ora prima della tragedia” (grazie Daniela ti ho citata così come ti ho letta!).

Faccio mie le parole di un amico francese, rattristato dalla aggressività dimostrata da chi non ha imparato a leggere la realtà ma si è fermato alle apparenze: “l’humour francese non si impara, ogni popolo ha il suo ed è quasi impossibile fare proprio quello degli “stranieri”… un poco come il sapore del cibo nella cucina dei tuoi bisnonni, intraducibile, un poco come la poesia, un poco come l’ arte, ognuno sente qualcosa di indescrivibile ma che nutre il cuore e l’anima. Ma per fare ciò bisogna anche non avere timori, lasciarsi andare e mettere da parte i préjugés e avere fiducia negli altri, anche se non si capiscono. Questa credo sia il riflesso giusto, il riflesso del viver assieme ognuno nelle nostre diversità” .

Infine, se non ti senti Cherlie Hebdo nessuno te ne fa una colpa, in fondo basta chiudere il giornale e incartarci le uova come facevano le nonne, ma la polemica come al solito è sterile e non fa altro che esacerbare gli animi.

 

No alla censura

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“La blasfemia non è un diritto”. Così intitolava Alberto Melloni un suo intervento su Il Corriere della sera del 10 gennaio. Nell’articolo si parla dei fatti di Charlie Hebdo e del clima emotivo che si era tradotto nell’hashtag #jesuischarlie. Vi si ricorda anche di quella svista mandata in onda dalla RAI, in occasione dei festeggiamenti di fine anno, il maleducatissimo e stupido sms contenente una bestemmia. Melloni appare indignato e sostiene che in una società pluralista si finisca con l’imporre alle religioni di “Accettare l’irrisione più disgustosa come se al pluralismo fosse indispensabile una remissività illimitata dei credenti”. Secondo lui ciò è sempre da evitare, dato che il nome di Dio deve essere pronunciato con rispetto per coloro che credono.

Ora, se avere rispetto delle altrui convinzioni è dovere di tutti, io sono convita che vi siano forme di ironia e satira che escano dalla normale dialettica quotidiana. La satira può anche essere una forma d’arte. E chi non la apprezza, semplicemente non compra il giornale o non apre il blog sulla quale essa viene pubblicata. Non si tratta di qualcosa gridato a gran voce per la strada in modo da essere sbattuto in faccia a chiunque. E io temo ogni tipo di censura, in  tutte le forme d’arte. L’arte da sempre offre uno sguardo diverso sul mondo che ci circonda. Mi pare che il limitarla arrechi solo più povertà alla nostra società.

Proprio per questo motivo, dai fatti di Charlie Hebdo ho preso l’abitudine di comprare quel giornale. E guardate bene: la satira non è la mia lettura preferita,  ma sento il bisogno di salvaguardarla e in un certo senso di rendere omaggio ai suoi poveri redattori, morti solamente per aver fatto della satira. Rinnego con tutta me stessa la violenza e il folle gesto di chi li ha messi a tacere.images-1

Francamente sono cattolica, praticante, e voglio un gran bene a quel Dio che sento da sempre al mio fianco; ma sono ugualmente stanca di aver come compagne di viaggio persone che ritengono di avere l’unica verità e di doverla difendere  con la forza unita, purtroppo assai spesso, all’uso di potere accumulato, magari, proprio in virtù di un credo religioso.

Chiacchiere del Lunedì

Delphine Boël, The Golden Rule blabla
Delphine Boël, The Golden Rule blabla

Volutamente non abbiamo commentato a caldo i fatti tragici della settimana scorsa. Abbiamo voluto lasciar trascorrere un po’ di tempo in modo che le nostre parole non fossero fraintese o strumentalizzate da chicchessia.

Ma i morti di Parigi, della strage di Charlie Hebdo, e quelli della Nigeria, provocati dalla furia di Boko Haram, ci ricordano quanto siamo schiacciati da una violenza sorda ad ogni tipo di compromesso.

Chi come me ha vissuto gli anni di piombo sa che la strategia del terrore si esprime repentina come violenza armata, come peso insostenibile sulla vita delle persone, sui sogni delle nuove generazioni.

Ecco è proprio questo che non dobbiamo permettere, che la paura ci immobilizzi, e riporto qui le parole di un fumettista Lionese, Olivier Jouvray, pronunciate il giorno stesso della strage di Parigi: “amici artisti, siamo forti e soffiamo il vento dell’amore, dello humor e della benevolenza per spegnere questo incendio di odio”.

Mercoledì dunque tutti a comprare il nuovo numero di Charlie Hebdo.