Flan di zucchine e salsa al gorgonzola // Courgette flan with Gorgonzola cream

zucchine-zucchino-zucchina-by-dionisvera-fotolia-750x563 Piedmont-Cheese-Gorgonzola-DolceNon so da voi, ma qui da noi il primo aprile è giornata uggiosa assai. Ritorno del freddo pungente a causa delle abbondanti nevicate che ci sono state sui monti attorno al lago e, della timida primavera intravista nei giorni scorsi, abbiamo già perso memoria.

È necessario allora uno svago, e la cucina è ancora uno dei miei preferiti. Scartabellando fra i miei appunti culinari ho trovato questa ricetta che sembra accordare umore autunnale e freschezza primaverile. Semplice semplice, impossibile sbagliarla, di sicuro effetto… e poi che buona!

Occorrono due zucchine belle grosse, una confezione di panna da cucina, parmigiano grattugiato (un cucchiaio) un piccolo scalogno, una noce di burro, due uova fresche, sale, un pizzico di pepe e soprattutto il mio formaggio preferito: il Gorgonzola (200 gr).

Due parole su questo “Signor formaggio” saporito, tradizionale e decisamente italiano (si distingue in cremosità e consistenza da tutti gli altri “erborinati”). Il Gorgonzola esiste da tempo immemore. Si può farlo addirittura risalire al testamento dell’arcivescovo milanese Ansperto da Biassono che cita una sorta di “cacio” nell’881, parente stretto del prodotto denominato in seguito Gorgonzola. Si raccontano anche tante leggende sulla sua invenzione. Ad esempio quella che dice che trovandosi Gorgonzola, il paese con i suoi pascoli, sulla via del ritorno degli armenti dalle malghe prealpine, il latte munto dalle vacche “stracche” (stanche) formava lo stracchino di Gorgonzola. Oppure quella più romantica che ne vuole la creazione ad opera di un mandriano innamorato che vuoi per incontrare la sua bella vuoi perché l’amore gli aveva fatto dimenticare gli strumenti per trasformare il latte in quartirolo o crescenza, mescolò la cagliata del giorno prima con quella del mattino creando questo spettacoloso formaggio…

Non mi dilungo oltre. Tagliate le zucchine e fatele saltare in padella con lo scalogno. Attenzione a non rompere le fette perché dovrete piazzare quelle più belle sul fondo di 4 stampini da soufflé. Togliete dal fuoco e quando le zucchine saranno raffreddate frullatele con due cucchiai di panna, le uova e una fetta di Gorgonzola e il Parmigiano grattugiato, salate se necessario. Mettete il composto negli stampini e cuoceteli per 25 minuti a bagnomaria. Intanto sciogliete il gorgonzola insieme alla noce di burro e alla panna restante finché otterrete una salsa piuttosto densa. È tutto. Girate gli stampini in un laghetto di salsa al gorgonzola… Belli da vedere e buoni da mangiare!

 

English Version

I don’t know about you, but for us the first of the month was a dull and grey day. A biting cold fell upon us once again and the mountains around the lake were sprinkled with snow for what we hope will be the last time this year. The days of timid spring that seemed to be taking over are now nothing but memories.

It is necessary then to find a way to pass the time, and cooking is still one of my favourites. Looking through my notes I found a recipe that, in my opinion, perfectly mixes the autumnal tones and the spring freshness. Extremely simple, impossible to get wrong, and sure to impress… not to mention delicious!

You will need two large courgettes, one small tub of single cream, a tablespoon of parmesan cheese, one small shallot, a knob of butter, two fresh eggs, salt, a pinch of black pepper, and most importantly, the favourite cheese of us northerners: 200 grams of Gorgonzola.

It is necessary to add a few words about this very traditionally Italian cheese. Gorgonzola has existed for centuries. The first account dates back to the testament of archbishop Ansperto de Biassono, that mentions a sort of cheese similar to what we now know as Gorgonzola as early as 881. Because of its age, tales about its invention couldn’t be missed, such as one that claims that the milk used for the making of this type of cheese is collected by the milking of ‘stracche’ (tired) cows around the village of Gorgonzola, where the cheese originated from, found on the way back into Italy for troops returning from their pre-Alps pastures. Another tale, more romantic than the last, claims that the cheese was created by a herdsman who had fallen in love and, because of him meeting his muse or because of his forgetfulness to work the milk into becoming ‘quartirolo’ or ‘crescenza’ induced by love, mixed the previous day’s curd with the fresh milk, creating this spectacular cheese…

But I won’t say more. Cut the courgettes and sauté them in a pan with the shallot. Be careful to not break the slices, as you will have to place the most intact as a base for the four soufflé dish you will use to put the plate together. Remove the pan from the heat and when the courgettes will have cooled, blend them with two tablespoons of single cream, the eggs, a slice of gorgonzola and the grated parmesan cheese. Put the mixture into the dishes and cook them for 25 minutes in bain-marie. Meanwhile, melt the rest of the Gorgonzola with a knob of butter and remaining single cream until you will have obtained a dense sauce. And that is all! Dip the content of the soufflé dishes into a pool of the blended sauce and they will be ready to serve. Nice to look at, and most importantly, good to eat!

 

 

Contaminazioni

saucisse de ToulouseNe vogliamo parlare? Ma che significa innanzitutto? Il termine è mutuato dal linguaggio letterario: “Fusione di elementi di diversa provenienza nella composizione di un’opera letteraria o simile” (dal Vocabolario della lingua Italiana Treccani). Ora senza voler affatto accomunare la cucina alla letteratura (anche se di operazioni del genere ne sono già state fatte tante e con successo), il termine, però, è molto di moda in ambito culinario. “La cucina è contaminazione, nonché un’arte in movimento che non si può fermare. E di fronte alle correnti di immigrazioni, sempre più le cucine diventeranno un crogiuolo di prodotti, sapori e profumi. La vera cucina italiana sarà quella che riuscirà, ferma sulle proprie diversità culturali dei territori, anche ad aprirsi alla contaminazione” (Il sole 24 ore, 16 giugno 2013).

Forte di questa convinzione ieri sera ho provato ad abbandonarmi alle contaminazioni. Galeotte furono delle lenticchie rosse, regalatemi da una cara amica di origini indiane, e le salsicce di Tolosa acquistate nel supermercato francese.

Che fare di tutto ciò? La cosa più semplice sarebbe stata affidarmi alla “tradizione”: lenticchie alla moda di capodanno e salsiccia in padella… ma no! Troppo semplice e di poco effetto sulla famiglia sempre più esigente.

Dunque l’idea è stata quella di preparare un piatto indiano con riso basmati accanto a salsicce preparate come si fa in Piemonte, con un buon vino rosso corposo.

Il Dhal (che significa semplicemente lenticchia) è uno dei piatti della tradizione vegetariana indiana è una sorta di purè che si ottiene attraverso una lunga cottura della lenticchia che deve sfaldarsi perdendo la propria forma e rilasciando tutto il sapore di cui è capace. Si può gustare da solo o accompagnato dal riso basmati, semplicemente bollito in abbondante acqua salata.

Per il dhal

150 g  lenticchie rosse

1 pomodoro

½ cipolla rossalenticchie rosse

mezzo spicchio di aglio

mezzo peperoncino

½ cucchiaino di tamarindo

6 bacche di cardamomo

½ cucchiaino di curcuma

½ cucchiaino di cannella

cumino

Dopo aver tagliato finemente la cipolla e aver affettato il pomodoro, poneteli insieme  alle lenticchie e a tutte le spezie in 6 dl di acqua. C’est tout, fate cuocere a lungo in modo che le lenticchie di sfaldino. Tenete il tutto al caldo, mentre cuocete il riso basmati.

Passate poi a cuocere la salsiccia

Salsiccia al vino rosso

400 g salsicce

200 g vino rosso

aglio

olio

sale e pepe

rosmarino

Scottate le salsicce, pungetele e portatele a cottura nel vino rosso. Un quarto d’ora dovrebbe bastare.

L’importante è preparare con tutti gli ingredienti un piatto unico: letto di riso, due mestoli di crema di lenticchie e di fianco una bella e succulenta salsiccia…

Ok ora posso affrontare l’inverno!

L’oro dei saraceni

Immaginatevi già seduti di fronte al mare, con un aperitivo fresco fra le mani a guardare l’orizzonte, finalmente in vacanza!

Il sole cala e la canicola della giornata viene spazzata via da un venticello leggero e rinfrescante che porta il profumo della macchia mediterranea… Ho reso l’idea? A questo punto ci vorrebbe qualcosa di sfizioso per finire la giornata in gloria, certo se fossimo in Sicilia, seduti comodamente sulla terrazza di un ristorante potremmo facilmente ordinarli e gustarli appena fritti, pregustando già con gli occhi la rottura della crosta dorata e croccante e la fuoriuscita del formaggio filante e del ragù, ma purtroppo ci troviamo sul balcone di casa nostra in città e allora… non ci rimane che farceli da soli!

Gli arancini siciliani (o meglio le arancine, come dicono a Palermo) sono uno dei piaceri più genuini della vita! Come molte pietanze isolane sono retaggio della conquista saracena della Sicilia, quando i nuovi arrivati importarono i gusti e i profumi del vicino oriente. Infatti proprio gli arabi usavano porre al centro della tavola un piatto di riso allo zafferano che ogni commensale poteva poi condire a piacimento con carni diverse e verdure, servendosi direttamente dal piatto con un pugno di riso e riempiendolo di leccornie (da qui la forma rotonda). Pare che solo all’epoca dei normanni, con l’imperatore Federico II si iniziò a impanare l’arancino e a friggerlo. La necessità di portare il cibo con sé durante i viaggi o le battute di caccia imponeva un metodo per conservarne al meglio gli aromi all’interno (mica stupidi gli avi, con la loro idea di take away!).

Se all’inizio il ripieno poteva essere diverso, oggi si considera classico l’arancino con il cuore di ragù di carne, piselli e mozzarella, sebbene, se vi fate un giro nelle friggitorie sicule, le nuove tendenze si riallacciano al passato e troverete arancini ripieni di sole verdure o di pesce.

La ricetta è chiaramente una bomba calorica, ma fa parte di quei tesori italiani che, come diceva la mia nonna (napoletana) “é necessario saper cucinare prima di potersi sposare” (sebbene la mia nonna si riferisse al peperone ripieno!).

Questi gli ingredienti per 12 (se avete le manine sapienti anche di più, se avete le manone decisamente meno) arancini. Accanto ad alcuni ingredienti, fra parentesi troverete il suggerimento di una “maga dell’arancino” nonna Cettina, siciliana DOC, che da 60 anni prepara inarrivabili arancini per la sua famiglia.

500 di riso (il carnaroli andrà benissimo)

1 cipolla piccolina,

un bicchiere di vino bianco secco

gr. 200 di polpa di manzo tritata (sarebbe decisamente meglio acquistare il pezzo intero, scamone ad esempio, e sminuzzarlo al coltello)

gr. 100 di polpa di maiale tritata (nonna Cettina non approverebbe la carne di maiale)

gr. 250 di piselli novelli (perfetti quelli surgelati, meglio ancora se già cotti in un soffritto leggero leggero di cipolla)

gr. 150 di salsa pomodoro (il concentrato è decisamente meglio),

1 tazza  di brodo vegetale (anche di dado)

alcune foglie di basilico,

gr. 100 di burro,

1 bustina di zafferano (i puristi non lo usano, dipende dal gusto personale)

gr. 100 di formaggio grana grattugiato,

4 uova,

gr. 200 di mozzarella (molto meglio il porvolone dolce, che fila e non rilascia acqua)

gr. 400 di pangrattato,

gr. 200 di farina

olio extravergine di oliva,

sale, pepe,

abbondante olio per friggere.

Fare un ragù, facendo appassire la cipolla sminuzzata nell’olio di oliva, aggiungendo le carni e sfumando con il vino bianco. Dopo qualche minuto versare il il concentrato di pomodoro e brodo quanto basta e lasciar cuocere finché la carne é pronta. A fine cottura aggiungere i pisellini novelli. Mettete il ragù a raffreddare.

Preparate il riso facendolo cuocere in abbondante acqua salata (o in 2,5 litri di brodo anche di dado) e lasciate che il riso assorba la maggior parte del liquido di cottura. Appena tolto dal fuoco aggiungete lo zafferano (sciolto in una mezza tazzina di acqua, se vi piace), il burro, due uova e il parmigiano grattugiato. Mescolate per benino e aspettate che si raffreddi.

Una volta che tutti gli ingredienti si sono raffreddati preparate gli arancini prendendo un adeguata quantità di riso nel palmo della vostra mano e aggiungendo ragù e provolone a pezzetti in abbondanza. Richiudete con altro riso. Procedete delicatamente all’impanatura prima nella farina, poi nell’uovo (una dritta per impanare: se montate le chiare a neve e passate gli arancini nella “neve” saranno infinitamente meno scivolosi e più maneggevoli inoltre la doratura del fritto sarà perfetta) e infine nel pangrattato.

A questo punto potete friggerli subito in abbondante olio oppure surgelarli e cuocerli in seguito, l’importante é che quando li mangiate siano caldi caldi

GNAM!