Tutte le streghe volano sulla scopa?

stregheDomanda legittima in questo periodo dell’anno, che vede avvicinarsi la data di Halloween. Sebbene l’usanza non ci appartenga veramente, ci consente di fare una breve digressione sull’iconografia delle streghe attraverso i secoli. Da quando esse vengono dipinte così come il nostro immaginario suggerisce? Fin dall’inizio il naso adunco, la scopa e il calderone facevano parte dell’iconografia del personaggio?

Per svelare il mistero ci viene incontro una originale mostra al British Museum di Londra: Witches and wicked bodies, visitabile fino all’11 di gennaio del 2016. La mostra ha come scopo, attraverso stampe e disegni d’epoca, quello di indicare come l’iconografia che ci è familiare (provate a far disegnare ad un bambino occidentale una strega e vedrete cosa succede…) risalga non solo all’epoca rinascimentale, quando essa si consolidò, ma addirittura all’epoca biblica e poi a quella greca e romana.

Nella Bibbia incrociamo la prima strega vera e propria (1Sam 28, 7-19) mandata a chiamare dal re Saul che per tale oltraggio alla legge di Dio verrà punito. L’iconografia passa poi attraverso la mitologia greca dove troviamo Medea e Circe innanzitutto, belle e malvagie, ma anche una schiera di divinità infernali femminili quali le Arpie, le Chere, le Moire, le Lamie, le Erinni dall’aspetto spaventoso. I romani introdussero le varie malefica, venefica, saga, maga o, semplicemente, anus. Ma le vere antenate delle streghe così come noi le conosciamo sono, sia nella mitologia greca sia in quella romana le striges (da cui streghe) creature orribili, una sorta di donne uccello che volavano in gruppo di notte, il cui nome, come dice Ovidio, “deriva dal fatto che di notte sono solite stridere” (Ovidio, Fasti VI,143).

Dürer, La strega
Dürer, La strega

Alcune caratteristiche peculiari di queste streghe arcaiche ritornano pesantemente nelle denunce di stregoneria del XVI secolo (la bruttezza, la capacità di cambiare forma, la profanazione dei cadaveri, la capacità di fare incantesimi o meglio malefici). Da questo momento la strega “tipo” diviene una realtà, nell’immaginario collettivo il retaggio dell’antichità si fonde con un’ondata di misoginia fomentata dall’ignoranza e dalla paura del diverso, l’Europa viene per secoli percorsa da una follia che demonizza la donna. Dürer, Goya, Salvator Rosa, Jacques de Gheyn e Jan van der Velde (per citare i nomi presenti alla mostra del British Museum) creano mostruose creature svolazzanti nei cieli o che cavalcano bestie immonde. Le Weird Sisters from Macbeth di Henry Fuseli, raffigurano l’apice della rappresentazione delle streghe.

È lecito domandarsi se fu la caccia alle streghe a fomentare la loro rappresentazione così come la conosciamo o fu piuttosto il contrario.

Una cosa infine è certa: la strega di Biancaneve nulla ha da invidiare alle cugine più antiche!

Arte e follia

Corneille,Il burattino e l'uccello,1973
Corneille,Il burattino e l’uccello,1973

Ci sono degli artisti che più di altri,  attraverso il proprio lavoro, dimostrano una difficoltà di adattamento all’ambiente che li circonda. La loro arte ne è testimone di un disagio, di uno scollamento con il momento storico in cui vivono.

E del resto la stessa arte contemporanea è già di per sé frutto di un progressivo allontanamento dalla centralità, dall’equilibrio della tradizione, dato che – come scrive Gillo Dorfles – esprime concetti di “ Dissimetria, disarmonia, diritmia”.

Ecco, dunque, una mostra dedicata ad artisti che hanno esplorato situazioni estreme, dove i confini della razionalità sono ogni volta molto difficili da delineare. Questa mostra, presentata a Ravenna presso il MAR (Museo d’arte della città di Ravenna) dal titolo Bordeline. Artisti tra normalità e follia, è stata pensata per sezioni tematiche. Partendo dall’introduzione con artisti come Bosh, Bruegel e Goya arriva ad artisti moderni con il capitolo “il disagio della realtà”, dove tra gli altri ci sono opere Debuffet Tancredi, Appel, Jorn. Segue poi la sezione il “Disagio del corpo”, con i lavori di Basquiat, Moreni, Rainer e tanti altri. E infine la sezione “Ritratti dell’anima”, che include opere di Bacob Ligabue, Viani.

In una mostra come questa non potevano mancare esempi di art brut. Questa definizione coniata da Jean Debuffet, nel 1945, descrive le opere eseguite da artisti dilettanti, che vivono in condizioni di marginalità sociale. Jan Dubuffet era convinto che molti di questi lavori fossero delle vere opere d’arte e avessero un valore maggiore di ciò che producevano gli artisti professionisti(fu così che cominciò a raccogliere queste opere che poi donò, nel 1976, alla città di Losanna – se volete saperne di più, ne abbiamo parlato il 14 giugno scorso). Le opere di art brut sono nella sezione dedicata alla scultura, chiamata “La terza dimensione del mondo”.

Infine, troverete anche una sezione dedicata alle opere di artisti surrealisti,  inseriti nella sezione “Il sogno rivela la natura delle cose”: Dalì, Ernst, Brauner e Klee.

Salvatore Dalì, Mostro molle in un paesaggio angelico, 1977
Salvatore Dalì, Mostro molle in un paesaggio angelico, 1977

La mostra rimarrà visitabile fino al 16 giugno e potrebbe essere una buona gita da fare durante le troppo brevi vacanze.