Arte e impegno politico

Renato Guttuso, Crocifissione, 1941
Renato Guttuso, Crocifissione, 1941

Usare il proprio lavoro per provocare e opporsi al regime politico vigente non sono una novità per l’arte contemporanea. Pensando all’Italia mi è venuto in mente la Crocifissione di Renato Guttuso del 1941 dipinta per denunciare gli orrori della guerra, da vedere secondo le sue stesse parole “(…) come il simbolo di  tutti coloro che subiscono oltraggio, carcere, supplizio per le loro idee”.

Josef Beuys
Josef Beuys

La politica fu strettamente legata al concetto di arte anche nell’opera di Joseph Beuys. Le sue idee politiche si ritrovano in molte sue installazioni. Come artista credeva nel ruolo dell’educazione e lanciò l’idea della Libera Università internazionale per la creatività e la ricerca interdisciplinare. La Libera università doveva “riattivare i valori della vita sepolti sotto l’indifferenza, l’assuefazione , la delusione, l’aggressione la distruzione dell’ambiente, guerre e violenze, ridando loro vigore proprio attraverso l’interazione creativa paritaria tra insegnante e allievo”.

Ai Weiwei nel suo studio di Bejin
Ai Weiwei nel suo studio di Bejin

Ci sono artisti in cui arte e vita coincidono. Ne consegue che per alcuni l’impegno politico è inscindibile dal concetto di arte. È il caso di Ai Weiwei, attivo nel campo della scultura, dell’installazione, dell’architettura, della fotografia e del video, di cui è possibile vedere una bella mostra monografica a Londra, alla Royal Academy. Attivista apolitico, dissidente nei confronti del governo cinese, ha pagato con la prigione la propria libertà di opinione e la spinta di denuncia Ai Weiwei è considerato oggi una delle personalità artistiche più rilevanti del panorama contemporaneo.

Spazi pubblici arte e sentimento

I processi sociali cambiano lo spazio pubblico urbano.

Riflettevo su questa frase mentre  avevo in mente altri due fatti, di per se’ lontani, che mi hanno colpito in questi giorni:

-L’iniziale  protesta pacifica contro  il piano di demolizione del parco di Gezi a Istanbul per costruire un centro commerciale.
– L’opera di Lara Almarcegui presentata nel padiglione spagnolo alla Biennale di Venezia.

Paglione spagnolo, Biennale di Venezia 2013, opera di Lara Almarcegui
Paglione spagnolo, Biennale di Venezia 2013, opera di Lara Almarcegui

Entrambi gli eventi riflettono sul significato d’identità di un luogo pubblico.
Lara Almarcegui lo fa con il suo lavoro d’artista,  da sempre interessata a mettere in evidenza i rapporti tra architettura e assetto urbano, tra rigenerazione e decadenza di un luogo. Si è sempre interessa ai luoghi abbandonati delle città e alle struture che verranno demolite. L’hanno definita un’archeologa del presente e, in quanto artista, il suo pensiero si traduce  nel “fare e nel restituire visivamente la sua ricerca”. Così, quando sceglie un luogo, come ad esempio il padiglione spagnolo a Venezia, per prima cosa studia lo spazio che le è stato offerto assieme all’architettura del padiglione e alla sua storia, per poi rendercelo sotto forma di peso e volume. Mi spiego meglio: il suo intervento sta nel rimettere dentro al padiglione tutto il materiale scomposto che è servito a costruirlo. E’ così che ci ritroviamo davanti a una montagna di sassi, tutti della stessa misura (500 metri quadrati), di mattoni (255 metri quadrati)  e poi di cemento e così via.

Lara
Lara Almarcequi, padiglione spagnolo, Biennale di Venezia 2013

Questo lavoro lei lo fa non come semplice atto formale, ma anche con il desiderio di ottenere un impatto sociale. Le sue opere infatti, come ha  spiegato bene il suo curatore Octavio Zaya, esplorano le relazioni che intercorrono  tra il materiale, l’economia e lo spazio pubblico.

Tornando a noi: “i processi sociali cambiano lo spazio urbano“.

Che significato allora ha avuto per i turchi difendere quel parco? Perché hanno cominciato a lottare affinchè non vengano tagliate quelle piante? Questa protesta sembrava diretta, almeno nei suoi stadi iniziali prima che prendesse un altro peso politico, al rifiuto per il peso e il volume di un centro commerciale e per la difesa di quello spazio pubblico.

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Parco di Gezi, Istanbul

Ancora una volta l’arte respira il sentimento contemporaneo e anticipa gli stati d’animo delle persone. E cosa altro se non questo fu il significato della grande installazione che Joseph Beyus intraprese nel 1982 quando decise di voler far piantare a Kassel7000 querce, ciascuna con un basamento in pietra. Un intervento che si concluse solo nel 1987.
Beuys sapeva che con un intervento del genere avrebbe influenzato il paesaggio urbano  avrebbe lasciato un segno e lanciato un messaggio per tutti in difesa della natura ma anche dei suoi valori .

Alla fine ho deciso i processi sociali, cambiano lo spazio urbano in meglio se accompagnati dall’arte.

Joseph Beuys,
Joseph Beuys, Kassel 1982