Impara l’arte…

SpeedArt_couv_boiteChi trova il collegamento fra  il Monopoli, il Trivial Pursuit, Risiko, il Gioco dell’Oca e altri giochi da tavolo e Mondrian, Van Gogh, Klee, Cézanne e tanti tanti altri artisti famosi?

Il collegamento lo ha trovato, anzi creato, la Fondazione Beyeler di Basilea, che dal 21 novembre ha messo sul mercato un gioco da tavolo in cui protagonista assoluta è l’arte.

Speed art è un gioco di carte sviluppato dai designer della Carlit + Ravensburger e dal team di mediazione artistica della Fondazione Beyeler, che si prefigge di avvicinare all’arte anche i più piccoli attraverso un gioco di carte il cui scopo è quello di riconoscere per ogni opera rappresentata le somiglianze nel più breve tempo possibile. L’invito è a osservare, riconoscere e classificare, senza il bisogno di essere esperti d’arte ma solo avendo un occhio acuto e una mano rapida. Naturalmente le opere sono quelle della collezione Beyeler.

Non è la prima volta che la Fondazione Beyeler si fa promotrice di nuovi metodi per avvicinare le giovani generazioni all’arte.  Nel 2012 infatti aveva curato la pubblicazione di un divertente volume intitolato L’Art, c’est quoi ? 27 questions, 27 réponses, in cui l’approccio all’arte veniva proposto attraverso la risposta a 27 domande sorprendenti e piene di humor. Nel 2013 fu la volta di un’applicazione per smartphone ArtShaker, attraverso la quale si possono rimixare e sistemare a piacimento le proprie foto come se fossero le opere della collezione Beyeler attraverso effetti di colore, forme luce ecc.

Questo gioco divertente ed educativo fino alla metà di gennaio sarà in vendita solo presso lo shop della Fondazione e on line.

Arte e follia

Corneille,Il burattino e l'uccello,1973
Corneille,Il burattino e l’uccello,1973

Ci sono degli artisti che più di altri,  attraverso il proprio lavoro, dimostrano una difficoltà di adattamento all’ambiente che li circonda. La loro arte ne è testimone di un disagio, di uno scollamento con il momento storico in cui vivono.

E del resto la stessa arte contemporanea è già di per sé frutto di un progressivo allontanamento dalla centralità, dall’equilibrio della tradizione, dato che – come scrive Gillo Dorfles – esprime concetti di “ Dissimetria, disarmonia, diritmia”.

Ecco, dunque, una mostra dedicata ad artisti che hanno esplorato situazioni estreme, dove i confini della razionalità sono ogni volta molto difficili da delineare. Questa mostra, presentata a Ravenna presso il MAR (Museo d’arte della città di Ravenna) dal titolo Bordeline. Artisti tra normalità e follia, è stata pensata per sezioni tematiche. Partendo dall’introduzione con artisti come Bosh, Bruegel e Goya arriva ad artisti moderni con il capitolo “il disagio della realtà”, dove tra gli altri ci sono opere Debuffet Tancredi, Appel, Jorn. Segue poi la sezione il “Disagio del corpo”, con i lavori di Basquiat, Moreni, Rainer e tanti altri. E infine la sezione “Ritratti dell’anima”, che include opere di Bacob Ligabue, Viani.

In una mostra come questa non potevano mancare esempi di art brut. Questa definizione coniata da Jean Debuffet, nel 1945, descrive le opere eseguite da artisti dilettanti, che vivono in condizioni di marginalità sociale. Jan Dubuffet era convinto che molti di questi lavori fossero delle vere opere d’arte e avessero un valore maggiore di ciò che producevano gli artisti professionisti(fu così che cominciò a raccogliere queste opere che poi donò, nel 1976, alla città di Losanna – se volete saperne di più, ne abbiamo parlato il 14 giugno scorso). Le opere di art brut sono nella sezione dedicata alla scultura, chiamata “La terza dimensione del mondo”.

Infine, troverete anche una sezione dedicata alle opere di artisti surrealisti,  inseriti nella sezione “Il sogno rivela la natura delle cose”: Dalì, Ernst, Brauner e Klee.

Salvatore Dalì, Mostro molle in un paesaggio angelico, 1977
Salvatore Dalì, Mostro molle in un paesaggio angelico, 1977

La mostra rimarrà visitabile fino al 16 giugno e potrebbe essere una buona gita da fare durante le troppo brevi vacanze.

L’arte dà senso ad un luogo

E’ di questi giorni l’inaugurazione all’Aquila dell’auditorium progettato da Renzo Piano. Tre anni dopo il terremoto nasce  (con il contributo economico della Provincia di Trento) un luogo per ascoltare la musica, incontrarsi per conferenze e anche per assistere a proiezioni.  Uno spazio concepito come uno scrigno prezioso, non a caso definito un “piccolo gioiello” che, come capita spesso all’arte, non ha mancato di suscitare assieme al consenso anche qualche polemica, per il costo elevato e per la convinzione di alcuni che con quei soldi si sarebbe potuto fare altro.
Siamo avvezzi a queste polemiche, anche se mi domando quanto siano intelligenti: ogni volta che un’opera d’arte (in senso ampio, di tutte le arti) arricchisce una città, questa sarà una ricchezza per tutti. Ricchezza per tutte le fasce d’età per il fatto di essere pubblica e fruibile da tutti.
Allora gli esempi si affollano nella mia mente e penso a cosa sia voluto dire per la città di  Bilbao, anche in termini di visitatori, il museo Guggenheim,  opera dell’architetto Frank Gehry.Oppure penso alla città francese di Metz col nuovo centro Pompidou, realizzato dall’architetto giapponese Shingeru Ban. Anche qui in Svizzera la nostra gloria italiana, Renzo Piano, ha lasciato non pochi segni sul territorio, come il bellissimo  Museo di Klee a Berna o la fondazione Bayeler a Basilea.

Lo sdegno iniziale dei cittadini che accolgono un nuovo progetto d’arte si trasformerà, in un momento successivo, in orgoglio e passione per la sua conservazione. A questo proposito, mi viene in mente la piccola cittadina di Riola, in provincia di Bologna, che nella seconda metà degli anni Sessanta accolse il progetto per una chiesa del grande architetto finlandese Alvaar Alto. Quella chiesa, nella sua concezione moderna del sacro, è sempre rimasta un luogo di incontro per tantissimi appassionati d’arte e fede.


E come l’architettura, così fa anche l’arte plastica. Pensiamo a Prato: la grande scultura di marmo bianco di Henry Moore è diventata infatti il simbolo della città.


Ben vengano i soldi spesi nel campo dell’arte quando naturalmente a scegliere i progetti c’e’ chi la conosce e  sa dove stia di casa.