Ginevra è avvolta nelle tenebre

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Jerzy « Jurry » Zieliński Polonais, 1943-1980 Prawo puszczy (La Loi de la Jungle), 1976 

Una strana atmosfera circonda l’ambiente culturale e artistico ginevrino, in questo periodo: paura per l’ignoto, tenebre, dolore e orror. La riscontro nella mostra che si chiuderà il 19 marzo, presso il Museo Rath e intitolata L’imaginaire gothique depuis Frankenstein. Una mostra interessante, che si può considerare una seconda tappa del percorso avviato un anno fa dalla fondazione Martin Bodmer (Frankenstein, créé des ténèbres).

E’ strutturata in due parti. La prima parte dal romanzo di Mary Shelley (scritto, appunto, a Ginevra nel1818) e ripercorre il neogotico, fiorito in Inghilterra alla fine del Settecento con rinnovato interesse per l’architettura medievale e per il romanzo dell’orrore . La seconda invece  presenta tutti i temi gotici dell’arte visiva e letteraria, dalla fine del XIX secolo ad oggi. Mostra complessa: vi troverete temi come la trasformazione artificiale dei corpi, la loro caducità, il rigetto del realismo,  visioni apocalittiche, immagini di figure mostruose o terrificanti. In mostra ho ritrovato due sculture dell’artista polacca Alina Szapocznikow, morta giovane e dal grande talento, che descrive la sua malattia attraverso la scultura, oppure le fotografie di Peter Hujar, con l’opera Portrait in Life and Death, realizzate nelle catacombe di Palermo e accostate a una serie di foto di malati terminali di leucemia.

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Alina Szapocznikow, Ventre-coussin, 1968

Sempre lo stesso giorno sono stata a visitare la mostra, da poco inaugurata, di Roberto Cuoghi, al Centre d’Art Contemporain .  E’ un artista italiano che vedremo prossimamente nel nostro padiglione alla Biennale di Venezia. Avevo già visto delle sue opere, ma mai così tante  assieme. Una bellissima mostra, impregnata però di tristezza e senso di decadimento. Davanti alle opere di Cuoghi ti senti di tornare indietro, come posta di fronte a paure ancestrali. Le sue opere non sono finite, sembrano organismi viventi, sono fragili, si possono distruggere facilmente e sembrano in un continuo processo di trasformazione. Sarà per come sperimenta la materia, ma l’effetto è quello di avvicinare  un mondo sconosciuto, un mondo per certi aspetti anche terribile, che ha subito delle modificazioni genetiche e che ti pone continuamente davanti all’idea di ciò che non si conosce e della morte che avanza. tkimg48dcfe333d276Ogni cosa non è come la conosciamo, è alterata dai suoi esperimenti, tanto è vero che espone anche, come opere d’arte, la vita dei  batteri e le muffe.

Dopo tanta decadenza e dolore, solo lo stare davanti agli affreschi di Masaccio alla cappella Brancacci di Firenze o il rimirarmi una serie di Wall Drawings di Sol Lewitt potrebbero avere la forza di tirarmi su di morale.

Coraggio è lunedì.

Frankenstein? Non è il mostro…

Duecento anni fa, nel 1816 le “aberrazioni” climatiche causate dall’eruzione del Tambora, un vulcano indonesiano che aveva scagliato nel 1815 abbondanti polveri e gas nell’atmosfera, condannarono l’Europa ad un anno senza estate. In particolare, in Svizzera il 1815 e il 1816 furono caratterizzati da eccezionali carestie e calamità, tanto che il governo federale dichiarò lo stato di emergenza.

Basta attenersi a questo scenario per capire come avvenne la genesi del romanzo Frankenstein di Mary Shelley, capostipite dei romanzi gotici per eccellenza.

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Infatti, durante quell’estate piovosa e fredda Mary, il suo futuro marito Percy Shelley, Lord Byron e John Polidori, medico e scrittore inglese, si trovarono a dover passare interminabili giornate confinati in casa, a villa Diodati, una residenza di sogno posta sulle rive del Lago Lemano, presso Ginevra. Qui per ammazzare il tempo la compagnia iniziò a leggere racconti tedeschi dell’orrore tradotti in francese e a discutere argomenti filosofici sull’origine della vita. Fino a quando, su suggerimento di Byron, tutti furono spronati a scrivere, ognuno per proprio conto, una novella sui fantasmi.

Con queste modalità e in questo clima nasce l’opera immortale di Mary Shelley alla quale, la Fondazione Bodmer dedica un’intera mostra che raccoglie i manoscritti originali, le lettere, le prime edizioni e tutto quanto può essere messo in relazione con Frankenstein.

Come proposto nel post precedente, abbiamo fatto un salto alla Fondazione Bodmer durante la notte dei musei di Ginevra, e siamo state ricompensate da questa affascinante storia che si fonde con la materia stessa del libro della Shelley. Pensavamo di sapere tutto su Frankenstein, ma abbiamo capito di non aver compreso appieno le implicazioni filosofiche, letterarie, scientifiche del romanzo, che può essere definito un vero e proprio archetipo del suo genere, inoltre profondamente radicato nella cultura occidentale, conosciuto da tutti anche se pochi, davvero pochi, lo hanno letto.

Frankenstein non è il mostro della tradizione popolare, la creatura uscita dalla penna di Mary Shelley non ha nome è un infelice, un emarginato, un tentativo fallito e abbandonato a se stesso al momento della creazione, il simbolo della pretesa dell’uomo di poter fare o disfare a piacimento. Chiuso in una solitudine infinita non può che sognare la normalità per lui impossibile.

Un romanzo epistolare che ha plasmato un intero genere letterario e che ancora oggi non perde il suo alone di immortalità, un’opera sulla quale sono state costruite infinite rielaborazioni, trasposizioni teatrali e cinematografiche e che, sebbene spesso frainteso o non compreso appieno non manca di suscitare ancora oggi ammirazione e forti sensazioni.

 

 

E’ una magia la notte dei musei

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Sicuramente Ginevra, ma anche Parigi, Roma, Firenze e molte altre città di Europa questo sabato lo dedicano ai Musei. Si, il 21 maggio è la Nuit de Musées qui a Ginevra e chi, come me, di queste istituzioni è un fanatico, ogni anno colleziona il biglietto collettivo, che poi è un oggetto qui  a Ginevra: una volta è un braccialetto  colorato, un’altra un portachiavi; questo anno è un piccolo foulard di colore blu per gli adulti giallo per i bambini. Un simbolo per sostenere i musei e per partecipare alla voglia di trascorrere un notte diversa. Non so come la cosa si svolga nelle altre città, ma Ginevra è davvero ben organizzata ed è divertente parteciparvi, anche perché la città mette a disposizione una navetta, che porta a tutti i musei. I quali sono aperti, con al loro interno una serie di iniziative per bambini e adulti. Poi vi sono guide che vi spiegano le opere e che vi incoraggiano a prendere familiarità con le collezioni del museo. Questa volta, il tema scelto per questa nottata speciale è: la magia.imgres-1

La serata vorrei farla cominciare al Mamco, il Museo d’arte contemporanea, perché alle 19 è possibile ascoltarvi l’artista italiano Gianni Motti che presenta la sua opera Big Crunch Clock. Si tratta di un orologio digitale, di venti cifre, in grado di contare alla rovescia gli anni, i mesi, i giorni , le ore i minuti che mancano che restano al sole prima della sua esplosione, calcolata dagli scienziati in 5 miliardi di anni.

L’orologio è stato messo in funzione dal 1999 è alimentato dalla luce solare la stessa, che lo distruggerà.

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Gianni Motti, Big Crunch Clock,1999

Dopodiché, vorrei andare a visitare l’eccezionale Fondazione Martin  Bodmer, dedicata al libro e alla letteratura, una delle istituzioni, di questo genere, più importanti al mondo. Per l’occasione è stata organizzata una mostra  dedicata a “Frankenstein creato dalle tenebre”, pensata per celebrare il romanzo di Mary Shelley ( scritto a Ginevra nel 1818) e con esso l’inizio della letteratura fantastica. Se aspetteremo le dieci di sera, verremo dotati anche di una pila per andare a cercare al buio i fantasmi che vivono nel museo.    imgres-2

Sarà un sabato diverso e divertente. Certo la scelta tra i vari musei è sempre difficile; l’importante però è partecipare. Chi volesse saperne di più, può consultare il sito www.nuitdesmusees-geneve.ch

Arte pubblica e cultura pop

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Mai come in questo periodo sono andati più di moda i morti viventi. Vittorio Zucconi su La Repubblica di venerdì scorso ci ha addirittura informato che, negli Stati Uniti, il Pentagono, ha finanziato un progetto (nel 2009) chiamato “Progetto 8888”, finalizzato a preparare un piano di difesa anti-zombie. Le mie figlie, ahimè, sono affascinate dalle saghe sui vampiri che, partite con Twiligth, sembrano non cessare di riprodursi in forma di romanzi per adolescenti.

Forse è per anche per questo che non mi sono stupita quando ho ricevuto un invito per l’inaugurazione di   una nuova scultura permanente, collocata in una delle più grandi piazze di Ginevra: Plainpalais. Titolo della scultura. Frankie a.k.a The creature of Doctor Frankenstein. L’opera in bronzo è realizzata dal gruppo Klat (un collettivo di tre artisti fondato a Ginevra nel 1997).

All’’attenzione delle nuove generazioni per i temi dark e gotici, si deve aggiungere che a Ginevra è legata in modo particolare a Frankenstein dal momento che la storia fu scritta da Mary Shelley durante un suo soggiorno in questa città.

Klat, Frankestein, Geneva 2014
Klat, Frankie a.k.a The creature of Doctor Frankestein, Geneva 2014

L’inaugurazione è stata all’altezza dell’horror contenuto nella storia originale. Verso le nove di sera, con contorno di una musica appropriata, è stata svelata la scultura del mostro, subito colpita da una ripetuta scarica elettrica. Grazie a due trasformatori ad alta tensione sono riusciti a creare dei fulmini che sono  piaciuti molto a tutti i presenti. I fulmini si intrecciavano tra loro e colpivano l’opera dando vita alla scultura.

La moda e la cultura cinetelevisiva in cui tutti siamo immersi ha fatto da cornice a tutta la serata, perché come scrisse David Foster Wallace: “La cultura pop è la rappresentazione simbolica in cui la gente già crede”. Basta pensare al piano del Pentagono per sincerarsene.

Ma proporre per arte ciò in cui la gente già crede è mistificante, non è arte, è divertimento facile in cui ci si trova a nostro agio. Invece l’arte è qualcos’altro: uno stimolo al dubbio e alla rimessa in discussione, un invito a vedere in modo diverso le cose del mondo.

Comunque da oggi una nuova “opera pubblica” è installata a Ginevra .