Il panettiere di Kos

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download (1)Francesco, che ha orrore dei mezzi termini, ha detto Siamo di fronte a un nuovo conflitto globale, ma a pezzetti. Nel mondo c’è un livello di crudeltà spaventosa, ed è facile concordare con lui alla luce di ciò che accade. Questo inizio settimana a tinte fosche ci da la misura di quanto abbia ragione. 
A dispetto di ciò vogliamo riportare una notizia che fa sperare. A Kos, isola greca, tristemente alla ribalta delle cronache perché punto di sbarco fisso della marea di immigrati che fuggono dalla guerra, c’è un panettiere di nome Dionisys Arvanitakis che ogni mattina sforna un quintale di pane extra che distribuisce ai profughi sbarcati al porto. Lo fa perché ricorda la sua situazione di immigrato che ha patito la fame vera e ci restituisce un esempio di quanto sia necessario “mettersi nei panni” degli altri per capirne le ragioni e le necessità. 
Buon lunedì

Erri De Luca, preghiera laica

barcone-immigratiArriva il bel tempo e noi pensiamo inevitabilmente alle vacanze, alla spiaggia, al mare… non ci sfiora il sospetto che per migliaia di persone è invece tempo di andare, di lasciare tutto, di cercare una via di scampo in un altro luogo, aldilà di quel mare nostrum che un tempo univa le civiltà e che ora è diventato una fossa comune. Nonostante le tragedie il fiume umano, costituito da centinaia di disperati, non si arresterà.

Noi possiamo fare poco per dare una mano, ma quello che possiamo fare è cercare di creare una coscienza comune che induca l’intera Europa ad attivarsi per trovare una soluzione per risparmiare preziosissime vite umane.

Per chi non ha avuto occasione di ascoltarla recitata dall’autore, ecco il testo di una poesia di Erri De Luca, un preghiera laica al mare, affinché accolga le anime di coloro che non ce l’hanno fatta.

Mare nostro che non sei nei cieli
e abbracci i confini dell’isola e del mondo
sia benedetto il tuo sale
e sia benedetto il tuo fondale
accogli le gremite imbarcazioni
senza una strada sopra le tue onde
i pescatori usciti nella notte
le loro reti tra le tue creature
che tornano al mattino
con la pesca dei naufraghi salvati

Mare nostro che non sei nei cieli
all’alba sei colore del frumento
al tramonto dell’uva di vendemmia,
Che abbiamo seminato di annegati
più di qualunque età delle tempeste
tu sei più giusto della terra ferma
pure quando sollevi onde a muraglia
poi le riabbassi a tappeto
custodisci le vite, le visite cadute
come foglie sul viale
fai da autunno per loro
da carezza, da abbraccio, da bacio in fronte
di padre e di madre prima di partire

Chiacchiere del lunedì

Delphine Boël, The Golden Rule blabla
Delphine Boël, The Golden Rule blabla

Vi sono momenti in cui gli obblighi derivanti dall’essere parte dell’umanità vengono prima di ogni altra considerazione. Soccorrere le centinaia di migranti che si gettano disperatamente verso le nostre coste, in mano a dei trasbordatori assassini, oscuri caronti criminali, fa parte di questi.

Obbligo viene dal latino ob-ligare: legare assieme. Un obbligo quindi non è solo un dovere nei confronti di qualcuno, ma anche un qualcosa che ci tiene uniti in un unico destino. Un’obbligo umanitario, poi, come quello di accogliere profughi moribondi, ci richiede di agire per rimanere a far parte dell’umanità, al di là di ogni egoismo.

Per questo fa tristezza leggere sui social media tanti commenti crudeli verso le tragedie che avvengono nel canale di Sicilia; è come se tanti italiani si dimenticassero della propria natura, lasciandosi andare a parole che suonano semplicemente disumane.

Fortunatamente ci sono anche coloro che si impegnano con ciò che hanno in atti di solidarietà meravigliosi. Sono loro – a Lampedusa, negli altri luoghi dove arrivano i migranti, sulle barche e sui mezzi di soccorso – che ci danno speranza in un mondo migliore e che ogni giorno ci ricordano la celebre ammonizione di Dante: “fatti non foste a viver come bruti”.