Not New Now

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Khalil Rabah Right and Right, 1999

Ci sono alcune cose che guardando dalla finestra di internet ti rallegrano, in questi giorni ad esempio si è aperta a Marrakech la sesta biennale d’arte contemporanea.

Gli aspetti più interessanti: la curatrice è una donna, Reem Fadda curatrice associata dal 2010  al Guggenheim di Abu Dhabi e impegnata da anni nel sostenere l’arte palestinese, fu presente  nel 2009 alla Biennale di Venezia con una iniziativa chiamata Ramallah Syndrome.

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Moham Mourabiti

La biennale, si legge, ha come obiettivo quello di far dialogare e mettere a confronto l’arte dei paesi occidentali con il mondo islamico e l’Africa. Come ogni evento che veramente voglia radicarsi e lasciare una traccia sul territorio nel programma sono previsti attività legate a favorire laboratori per i più giovani e residenze d’artisti per giovani marocchini.

La biennale quest’anno si intitola Not New Now e secondo la curatrice vuole essere una riflessione sul significato che assume oggi la parola novità. La novità non più legata ad un ideale positivo e di progresso ma qualcosa da leggere sotto diversi punti di vista, fino ad assumere il significato di  minaccia per il nostro pianeta. Un tema molto interessante e quanto mai attuale che avevo già incontrato nelle ultime biennali di  Lione (nel 1915 La vie moderne a cura di Ralph Rugoff).

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El Enatzui

A Marrakesh dunque un gruppo di artisti si confrontano sul tema. Il sito dell’esposizione è fatto molto bene e ci permette di vedere con chiarezza le opere presenti tra cui ricordo il trasformatore di materie povere e di scarto il ganese El Enatzui oppure la bravissima e tagliente Mona Hatoum .

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Mona Hatoum

L’italiano invitato è l’ architetto Alessandro Petti in coppia con Sandi Hilal che lavorano attorno al tema dei campi e degli spazi per i rifugiati entrambi vivono i Palestina.

Un appuntamento che sembra anticipare la più vecchia biennale dell’africa: la Biennale di Dakar che si aprirà invece il 3 maggio prossimo e che ormai è giunta alla sua 12 esima edizione.

Gli appassionati d’arte contemporanea dunque, devono volare in Africa se vogliono capire cosa sta succedendo e riflettere su come è cambiata la nostra percezione di ciò che siamo, delle nostre radici culturali e di cosa cambierà nel prossimo futuro nel panorama mondiale dell’arte.

Cartolina

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Mona Hatoum
Mona Hatoum, Suspended

Oggi la cartolina la spediamo a tutti i bambini traditi.

Ai bambini che non ci sono più e che non potranno festeggiare questo Natale.

A quelli che vorrebbero trovare un po’ di allegria in casa.

Ai bambini che non capiscono cosa dicono i grandi.

A quelli che nascono dovendo dimostrare chi sono.

Ai bambini sfruttati e a quelli abbandonati

E’ in arrivo un nuovo anno e potremmo immaginarci un mondo migliore .se ogni adulto potesse trasformarsi in un porto sicuro per ogni bambino, permettendo così ai più piccoli di  sperimentare e conoscere in serenità le tante cose  della vita.

Arte in prigione

Raphaelle Ricol, Malgré la différence,2009
Raphaelle Ricol, Malgré la différence,2009

Nella Conciergerie, l’antica prigione di Parigi dove fu rinchiusa durante la rivoluzione francese la regina Maria Antonietta, contigua al palazzo che fu anche residenza dei re di Francia, si può visitare fino al 6 gennaio una mostra A’ Triple Tour che seleziona una piccola parte della collezione del magnate francese Francois Pinault.

Non vi stupite se questo famoso collezionista espone per la prima volta in Francia le sue opere: egli infatti ha eletto Venezia come città in cui far risedere la propria collezione, collocandola sia nel bellissimo edificio da lui restaurato a Punta della Dogana sia nel Palazzo Grassi, già della famiglia Agnelli.

Opere in mostra dentro una ex prigione: il tema della mostra è in sintonia con il luogo ed  è l’infermità. E la mostra anche se piccola è suggestiva forse molto più della visita alla stessa Conciergerie. Verrete subito accolti con un grande specchio di Michelangelo  Pistoletto,  intitolato La Gabbia, e poi come ha spiegato la curatrice della mostra, Caroline Bourgeois, il concetto di infermità viene sviscerato da più punti di vista: crisi politica ed ecologica, violenze urbane (con una bella scultura di Mona Hatoum), ma anche infermità personale data dal “male di vivere”. Ci sono opere curiose come l’installazione di Sung Yen e Peng Yu che indagano il tema della vecchiaia, affrontandolo in modo ironico, proponendoci tredici degli uomini  a grandezza naturale posti su delle sedie a rotelle, che si  muovono in tutte le direzioni e che sembrano giocare a dirigere il mondo.

Sung Yen e Peng Yu
Sung Yen e Peng Yu,2007

Altre opere sono denunce contro la censura e la negazione della libertà: penso, ad esempio, all’installazione di Bill Viola, dove si percorre un corridoio animato da persone diverse che cercano di parlare con la bocca tappata; oppure al quadro di Raphaelle Ricol con una donna velata in  nero vicino, si presume un uomo incappucciato di bainco come uno del Ku Klux Klan.

Bill Viola, Hall of Whisperes, 1995
Bill Viola, Hall of Whisperes, 1995

La mostra offre molti spunti su cui riflettere e dentro le sale sei perfettamente immerso nell’atmosfera del luogo, che si presenta come un carcere moderno in perfetto dialogo con il passato.