Il potere della musica

Quante volte ci è capitato di dire che una certa canzone, un certa melodia ci “ha toccato”? Se riflettiamo su quest’affermazione ci rendiamo immediatamente conto che non si tratta di una metafora, ma veramente la musica è così potente che il suono penetra effettivamente nel nostro corpo, sotto la nostra pelle provocandoci vere e proprie sensazioni fisiche.

Gli esseri umani, infatti, sono “cablati” per essere ricettivi allo stimolo musicale, tanto che la scienza ha dimostrato come pazienti che hanno subito un ictus o con problemi di Parkinson o Alzheimer traggono beneficio dall’ascolto della musica; addirittura molti di essi con evidenti disturbi vocali hanno recuperato in parte la parola.

Daniel Baremboin il noto direttore d’orchestra, ha affermato che l’uomo é intimamente connesso con la musica tanto che, dice, “L’orecchio ha un vantaggio sopra l’occhio. Se non ti piace il mio aspetto, e non vuoi vedermi, chiudi gli occhi e io sparisco. Ma se non ti piace la mia voce e tu sei nella stessa stanza, non è possibile chiudere le orecchie in modo naturale. Il suono penetra letteralmente il corpo umano”.

È stato dimostrato poi che il feto, sente, oltre ai ritmi naturali del corpo della mamma,  anche la musica alla quale risponde con accelerazioni o decelerazioni del ritmo cardiaco, i suoni e le voci gli arrivano come se ascoltasse la musica sott’acqua naturalmente, ma la percepisce e gli fa bene!

Personalmente credo che non esista un tipo di musica migliore di un altro, ognuno secondo il proprio modo di percepirla deve accogliere la “sua musica” quella che lo fa stare bene, che lo mette in pace il cui potere lenitivo era già riconosciuto dall’uomo delle caverne, se è vero che proprio in un grotta neandertaliana è stato trovato il progenitore di un flauto.

E studiare musica fa bene all’animo e al cervello e ti mantiene giovane.

Per chi voglia saperne di più esiste un libro illuminante (naturalmente in inglese…), The power of music, scritto da Elena Mannes, la stessa studiosa che ha realizzato un fantastico documentario intitolato, The music instinct: Science and song (da vedere assolutamente su you tube), in cui l’autrice prende in esame le connessioni fra musica, corpo e mente e le possibilità educative e rieducative che essa offre.

Regaliamoci un po’ più di musica un po’ più spesso, questo ci consentirà sicuramente di vivere meglio!

Vi piace Schubert?

Never let me go

Letto e dimenticato. Già… lo avevo letto, con fastidio, e dimenticato in un cassetto della memoria, volutamente.

Quando mi trovai per le mani Non lasciarmi di Kazuo Ishiguro, ero ancora guidata dall’impossibilità di lasciare un libro a metà (poi per fortuna mi è venuto in aiuto Pennac con il suo Come un romanzo) e dunque mi trascinai penosamente fino alla fine del volume, soffrendo, profondamente, con i protagonisti di questa ingiusta, intensa e visionaria storia d’amore. Era il 2006 e presa da mille altre cose non ero riuscita ad apprezzare questo duro e improbabile romanzo. A metà fra fantascienza e feuilleton.

Ricordo che non potevo rassegnarmi al tragico destino dei protagonisti, ma soprattutto non potevo rassegnarmi al loro immobilismo, al fatto che neanche per una volta, nell’intero libro, nessuno di loro aveva pensato solo per un momento a ribellarsi con risolutezza al fato.

Ringrazio ora di aver avuto l’occasione di leggere questo romanzo, che mi è ritornato in mente dopo averne visto la versione cinematografica, superbamente interpretata da Carey Mulligan (splendida protagonista di An education), Andrew Garfield (l’Eduardo di Social Network) e Keira Knightley.

In un mondo parallelo al nostro, in un’epoca che combacia quasi con la nostra, si dipana la storia dei tre personaggi, Katy, Tommy e Ruth, legati fra loro da profonda amicizia e amore. I ragazzi sono sospesi per tutta la durata del romanzo in un presente di cui non conoscono e non capiscono le regole.

La fanciullezza viene passata a Hailsham, un collegio nella campagna inglese, in un clima ovattato, lontano persino dagli echi della “civiltà”, dove i piccoli sono accuditi e lasciati volutamente nell’incertezza sulle loro origini, ma allevati nella convinzione di essere in qualche modo speciali. Qui i bambini sono invitati a coltivare la loro creatività attraverso l’arte, la letteratura, la musica e solo alla fine del racconto si scoprirà che tutto ciò fa parte di un esperimento per provare che anche i cloni, ciò che questi bambini sono in realtà, sono forse più umani degli umani. Ad Hailsham, infatti, i bambini (e il lettore) iniziano lentamente a comprendere il tragico destino al quale sono chiamati: divenire “parti di ricambio” per un’umanità malata.

Nel secondo capitolo i ragazzi, ormai cresciuti passano gli anni del compimento degli studi, della definizione della personalità, della consapevolezza del tempo che rimane loro ai Cottages, dove godono di una certa libertà. Il terzo capitolo racconta l’età della fine, del compimento dello scopo per il quale i cloni sono stati creati.

La storia è condotta in modo delicatamente orientale, senza contrasti o atti di ribellione al destino, cosa che nel lettore (abituato più spesso ad un agire eroico) lascia spazio allo sconcerto, fatta di atmosfere attutite e lievi. Si è condotti per gradi a scoprire la devastante verità e quasi non la si vuole scoprire tanto è agghiacciante e scioccante.

Così Ishiguro ci lascia il suo messaggio che non credo sia una riflessione morale sulla bontà o meno della creazione di cloni come parti di ricambio e neppure sulla bontà o meno di una società che accetta questa pratica. Credo piuttosto che il desiderio dell’autore sia quello di comunicarci che, alla fine, solo l’arte e l’amore restano all’uomo per dichiararsi tale, al di là di ogni volontà di cancellazione e annullamento.

Non è la prima volta che Ishiguro da prova della sua maestria nel raccontare con suprema bravura il viaggio interiore dei suoi personaggi (vorrei solo ricordare un altro suo capolavoro: Quel che resta del giorno). Detto ciò, fra le mille sensazioni che questo libro singolare lascia, si preferirebbe che questi cloni, tanto gentili, indifesi e inoffensivi fossero fornitori di organi senza anima… tutto sarebbe più accettabile. Da non perdere.