Ma Wonder Woman ci rappresenta veramente?

Ha fatto scalpore la settimana scorsa la scelta delle Nazioni Unite di proclamare ambasciatrice onoraria per la promozione dei diritti delle donne Wonder Woman, l’eroina creata da William Moulton Marston nel 1941. Le contestazioni si sono fatte subito ruggenti. Le Nazioni Unite sono state accusate di non veicolare il giusto messaggio attraverso questa figura femminile, piuttosto fasulla in realtà, in costume a stelle e strisce con una corona in testa che qualche funzionario ha paragonato alle orecchie delle conigliette di Play Boy…

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La scelta in effetti sembra piuttosto azzardata, ma soprattutto datata: un modello che poteva essere vincente negli anni in cui il personaggio era comparso nei fumetti, un’eroina che oggi non sembra avere spessore.

In effetti se si vuole dare credito al pubblico e si vuole restare più vicini al sentire comune, un’eroina come Wonder Woman dovrebbe essere sostituita da un altro personaggio nato dalla penna di Jody Houser, creatrice di fumetti americana che quest’anno ha rilasciato la sua personale interpretazione della “super eroina”. È nato infatti il personaggio di Faith Herbert, super eroina telecinetica nell’universo dei fumetti della Valiant Comics. Lei vola indossando un brillante tuta bianca e blu, salvando i cuccioli, e svelando la corruzione dietro ogni angolo. Lei è anche grassa, e non “grassa” nel modo meraviglioso in cui la cultura popolare descrive modelli plus-size come Ashley Graham. Lei è proprio una “cicciona”. Faith ha il doppio mento, e la tuta attillata non le dona per niente non riuscendo a nascondere la ciccia debordante. E la parte migliore per molti lettori di fumetti è che nessuno sembra accorgersene… Come la stessa disegnatrice afferma “Faith rappresenta un gruppo di persone che non sono mai entrate a far parte del mondo dei fumetti” ma il fatto che lei è la super eroina grassa non è la cosa più importante di lei. Lei è un personaggio a tutto tondo e il lettore dopo la sorpresa del momento passa sopra il fatto che si trattai una over size.

Faith mi piace, è intelligente, piena di risorse inoltre nella vita di tutti i giorni è una blogger! Dunque ho alcuni punti di contatto con lei… ma purtroppo non volo!

22 Aprile, Earth Day

earth dayOggi, 22 aprile, si celebra l’Earth day, la giornata internazionale della Terra. Teniamolo con cura in mente perché le cose non vanno affatto bene! Oggi ricorre infatti il 45esimo anniversario di questo evento e ancora poco si fa per il nostro pianeta, oltre a spolparlo, distruggerlo e inquinarlo.

La storia di questa data cammina di pari passo con la storia del movimento ambientalista. La giornata della Terra nasce infatti nel 1970, negli Stati Uniti, in un momento in cui il fermento delle novità era scandito dagli ultimi album dei Beatles, dalla prodigiosa chitarra di Jimi Hendrix e dalla melodia inarrivabile di Bridge Over Troubled Water di Simon & Garfunkel. Gli States cercavano faticosamente di uscire da una guerra disastrosa, quella del Vietnam, in cui era stata decimata la nuova generazione di americani e le proteste studentesche erano all’ordine del giorno. Tuttavia l’attenzione non era ancora focalizzata sull’ambiente ed erroneamente la maggior parte della gente credeva che un po’ di “pollution” fosse lo scotto da pagare per il benessere. A cambiare le cose fu un libro Silent Spring di Rachel Carson del 1962 (Feltrinelli, 1999), venduto in più di 500.000 copie.

Nella prefazione del 1999 scritta da Al Gore si legge: “Il libro di Rachel Carson, pietra miliare dell’ambientalismo, è la prova innegabile di quanto il potere di un’idea possa essere di gran lunga più forte del potere dei politici”. La Carson, biologa marina, lucidamente descrisse l’impatto distruttivo dei pesticidi, e per prima parlò della necessità di portare rispetto all’ambiente che ci circonda (il Silenzio della primavera nel titolo del libro si riferisce al silenzio che si avverte nei campi in primavera dovuto all’avvelenamento di molte specie animali).

Nel 1970 il senatore del Wisconsin Gaylord Nelson, ispirato dai movimenti studenteschi anti-guerra, coinvolgendo altri rappresentanti politici  promosse un teach-in nazionale che coinvolse 20 milioni di americani. Da allora ogni anno il 22 aprile si celebra il giorno della Terra. Ci uniamo al messaggio del segretario delle Nazioni Unite Ban-ki Moon il quale in questo giorno speciale chiede “che ognuno di noi sia cosciente dell’impatto che le nostre scelte hanno sul pianeta e cose tale impatto potrà significare per le prossime generazioni”

Milionidipassi // Millionsteps

CA2dwFrWUAAFHsGCosa hanno in comune i deserti africani, i boschi della Serbia, le montagne dello Yemen, le strade del centro america, le isole greche e le banchine dei porti siciliani? Sono percorsi da milioni di persone in fuga. In fuga dalla guerra, dalla violenza, da un posto e da una situazione che non è più sostenibile. Mai come in questo periodo, sostiene l’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite, il numero delle persone in “movimento” e stato così alto.

“Immagina di camminare per giorni, settimane o mesi nel deserto o nella neve, o di attraversare il mare agitato dentro un gommone in cerca di un posto sicuro. Questo incubo è la realtà per più di 51 milioni di persone nel mondo, costrette a fare milioni di passi per sopravvivere. Di questi, 16 milioni sono rifugiati, più di 33 milioni sfollati interni e circa 1,2 milioni richiedenti asilo.

Avevano tutti una vita normale, molti di loro avevano un lavoro. Hanno dovuto lasciare tutto perché intrappolati in un conflitto o una guerra. Non hanno avuto altra scelta se non fuggire perché attaccati o minacciati”

Sono queste le parole introduttive della nuova campagna di Medici senza Frontiere, #milionidipassi, voluta per sensibilizzare l’opinione pubblica alla tragedia di interi popoli nelle zone più remote del pianeta.

Utilizzando le foto di calzature scattate dalla fotografa americana Shannon Jensen a partire dal 2012, che ha documentato l’esodo di dimensioni bibliche delle popolazioni del Sudan verso una agognata tranquillità, Medici senza frontiere documenta la propria presenza fra queste genti alle quali fornisce non solo le necessarie cure mediche e le vaccinazioni, ma l’assistenza psicologica, il cibo, l’acqua potabile puntando il dito sull’inadeguatezza degli aiuti istituzionali.

Dunque queste scarpe logore, piccole, grandi, spaiate diventano il simbolo di un’umanità martoriata e in viaggio e un appello disperato affinché vengano

  • stabiliti “canali regolari per consentire alle persone di cercare protezione in modo sicuro. La chiusura delle frontiere e la mancanza di vie legali e sicure per raggiungere l’Europa costringe, infatti, le persone a intraprendere viaggi pericolosi mettendo a rischio la loro vita nelle mani di bande criminali senza scrupoli”.
  • ripristinato “un adeguato dispositivo di soccorso in mare. Pur non essendo la soluzione al problema, non si può permettere che la miopia e l’egoismo dell’Europa diventino un alibi per l’inazione dell’Italia. Il mare che bagna le nostre coste non può trasformarsi per sempre in un cimitero”.
  • garantite “adeguate condizioni di accoglienza” e previsti “piani per la gestione dell’emergenza alle frontiere che permettano a chi fugge di vivere dignitosamente durante il viaggio verso un futuro più sicuro”.

 

English Version

What do African deserts, Siberian woods, Yemenite mountains, Central American roads, Greek islands and Sicilian boating docks have in common? The fact that, every year, they are treaded by millions of people fleeing their homes. Fleeing from wars, from violence, from places where the situation is no longer tolerable. Never, according to the UNHCR (United Nations High Commission for Refugees), has the world seen so many people fleeing toward a better life.

“Imagine walking for days, weeks, or months in desert sand or in snow, or crossing high seas in unsafe dinghies, looking for a safe-haven. This nightmare is a reality for 51 million people worldwide, forced to take a million steps to survive. Amongst these, 16 million are refugees, over 33 million are IDPs (internally displaced persons), and about 1.2 million are asylum seekers.

They all lead normal lives, many of them had jobs. They had to run from everything they had because they were trapped in a conflict or war. They had no choice but flee because they felt menaced, or were in some way attacked”

These are the words leading the new campaign by Medici senza Frontiere Italia, or the Italian equivalent of Doctors without Boarders (MsF), appropriately titled #milionidipassi (millions of steps), working to teach people about the tragedy that many peoples around the globe are suffering.

Using photographs of shoes, taken by American photographer Shannon Jensen during the mass immigration of Sudanese nationals towards tranquillity started in 2012, MsF documents its presence between these newly nomadic people, to whom it provides necessary medical care and vaccinations, as well as psychological assistance, food, and potable water, meanwhile scorningly pointing its finger at the inadequate aid from international organisations.

These shoes, then, whether consumed, small, large, or mismatched, become a symbol of a battered, nomadic humanity, yelling for aid in order to achieve:

  • the creation of ‘regular channel to allow for people to seek refuge in a safe manner. The closing of borders and the lack of legal ways to reach Europe forces desperate people to undertake difficult and treacherous journeys, putting their lives in the hands of organised crime’.
  • the revival of ‘adeguate sea rescue operations. Although not being the solution to the problem, we cannot allow the shortsightedness and the selfishness of the European Union to become an alibi for Italy’s lack of action. The water that wets our coasts cannot be turned into a cemetery’.
  • the granting of ‘adeguate welcoming conditions’ and ‘plans for dealing with emergencies at borders that allow fleeing people to live with dignity during their journey to a brighter and safer future’.

La furia distruttrice dell’ideologia

isis-artePochi giorni fa parlando dello scandalo nell’arte abbiamo fatto riferimento agli episodi del museo di Mosul e alla distruzione di opere d’arte millenarie, perpetrata da chi erroneamente crede di poter cancellare il passato, avvertito come una minaccia e non come un’eredità da difendere.

Alle Nazioni Unite sono stati segnalati 290 siti che hanno subito devastazioni: 24 irrimediabilmente distrutti, 189 gravemente danneggiati, 77, a tutt’oggi irraggiungibili, da verificare.

Ninive, Hatra, Nimrud i siti archeologici della “mezza luna fertile” dove tutto è nato (scrittura, arte, storia) che in tanti di noi suscitano ricordi scolastici, sono state spazzate via dalla furia iconoclasta che caratterizza purtroppo i momenti bui della storia. Se infatti facciamo una lista parallela dei fatti storici e delle distruzioni dell’arte capiamo che questa è pratica ricorrente. Ai tempi dei romani c’era ad esempio la damnatio memoriae a causa della quale tutte le effigi e i simboli che potevano ricordare un personaggio pubblico caduto in disgrazia erano cancellati, l’iconoclastia bizantina fu alimentata dal desiderio dell’impero di oriente di  riportare sotto il proprio controllo i vasti possedimenti del clero bizantino, i roghi dei libri dell’epoca nazista avevano un senso dettato dalla propaganda che impediva la lettura di autori che si opponevano in qualche misura all’ordine stabilito, così come durante la rivoluzione culturale cinese furono distrutte opere storiche e religiose.

La storia è dunque piena di episodi del genere. Certo giunti nel XXI secolo avremmo desiderato non vedere mai più tali scempi. Avremmo preferito che il martello pneumatico venisse usato per costruire strade e ponti e non per cancellare vestigia che, sebbene appartengano ad un passato reputato scomodo o inutile, fanno pur sempre parte della storia dell’evoluzione umana.

La mappa della “storia distrutta” si allunga e gli studiosi assistono impotenti dall’alto, attraverso il monitoraggio dai satelliti, a questa ultima sistematica violazione.

Ora, ci si può chiedere se accanto alle ragioni puramente dottrinarie di questa devastazione esistono altri significati reconditi. Alcuni hanno affermato che in tal modo si allontana l’accusa diffamatoria di ottenere finanziamenti del terrorismo attraverso la vendita al mercato nero delle opere d’arte. Ma basta ciò a giustificare tale scempio?

Intanto tutto il mondo assiste impotente augurandosi giorno dopo giorno che la follia finisca e ritornino i giorni del dialogo.