Uomini o ciclopi?

Ho visto una meravigliosa trasposizione teatrale dell’odissea ad opera di Robert Wilson coprodotto con il Piccolo Teatro di Milano e il National Theatre of Greece.

imgres

Si recitava in greco moderno con i sottotitoli in alto , su uno schermo ben visibile. Una parola risuonava in moltissime scene, dato che Odisseo gira disperato per terre lontane: si tratta di philoxenia, ossia ospitalità. Per i greci antichi e moderni il termine era lo stesso: deriva da due altre parole Phila (amicizia amore) e xenos (straniero). Ospitalità vuole e voleva dire offrire amicizia allo straniero. Per Omero, il mondo barbarico e bestiale dei Ciclopi si contrapponeva a quello civile e giusto degli esseri umani,dal  momento che questi ultimi ritenevano un dovere naturale e anche un grande onore offrire ospitalità al viandante. Tutta l’Odissea è permeata di questo concetto.

images

Mai come oggi il tema dell’ospitalità ci pone davanti la scelta: essere ciclopi o persone civilizzate.

Poi penso alla storia del panettiere di Kos greco di oggi ( di cui abbiamo raccontato il 12 ottobre) , che si comporta esattamente come Penelope e Telemaco: se uno straniero arriva alla sua isola, lui gli offre il pane e ogni giorno lo fa per tantissime persone. Senza chiedersi perchè, si fa cosi e basta: questo è l’atteggiamento di chi discende da Odisseo.

Questo spettacolo non va perso sarà a Milano ancora fino al 31 ottobre.

Il panettiere di Kos

Greece-Headline-News-Dionysis-Arvanitakis-Feeds-Thousand-Refugees-With-Breads
download (1)Francesco, che ha orrore dei mezzi termini, ha detto Siamo di fronte a un nuovo conflitto globale, ma a pezzetti. Nel mondo c’è un livello di crudeltà spaventosa, ed è facile concordare con lui alla luce di ciò che accade. Questo inizio settimana a tinte fosche ci da la misura di quanto abbia ragione. 
A dispetto di ciò vogliamo riportare una notizia che fa sperare. A Kos, isola greca, tristemente alla ribalta delle cronache perché punto di sbarco fisso della marea di immigrati che fuggono dalla guerra, c’è un panettiere di nome Dionisys Arvanitakis che ogni mattina sforna un quintale di pane extra che distribuisce ai profughi sbarcati al porto. Lo fa perché ricorda la sua situazione di immigrato che ha patito la fame vera e ci restituisce un esempio di quanto sia necessario “mettersi nei panni” degli altri per capirne le ragioni e le necessità. 
Buon lunedì