La sala di lettura

Roberto Barni
Roberto Barni

 

Né per mestiere, né per passione

saba… allora cos’é che spinge Vincenzo Campo, creatore nel novembre 2009 della piccola casa editrice Henry Beyle di Milano, non semplicemente a “pubblicare” ma a dare nuova vita a testi dimenticati o “sorpassati”? È lo stesso Campo che risponde dicendo “questa impresa editoriale è una storia sentimentale nella quale si cerca di realizzare un progetto in cui c’è il desiderio di fare qualcosa che sentimentalmente risulta appagante. C’è, in questo sentimento, la realizzazione di sé, non tanto nei suoi aspetti pratici quanto nella sua componente emotiva”. Che bello avere il coraggio, per amore e a dispetto delle logiche aziendali e commerciali, di stampare libri che diventano oggetti inarrivabili, in tiratura limitata, con un carattere antico come il Garamond Monotype (e sì, proprio così, di tutti i loro libri non esiste versione digitale, la stampa infatti è realizzata in monotipo), su una carta preziosa, in edizione numerata (poche centinaia di copie a titolo).

E non solo la bellezza del prodotto in sé mi apre il cuore, ma anche le scelte editoriali che si rivelano di una raffinatezza esemplare. Anche solo i nomi delle collane da loro curate sono evocativi: Piccola biblioteca degli oggetti letterari, Quaderni di prosa e di invenzione, Piccola biblioteca dei luoghi letterari, Piccola biblioteca di narrativa, Diritti – Società – Frontiere, Alfabeti (che “vuol essere un abbecedario, primo incontro con la carta stampata, un taccuino, strumento d’uso quotidiano e, con la presenza di incisioni originali, un libro d’artista, approdo del lettore divenuto bibliofilo”).

I loro autori? Saba, Buzzati, Munari, Vittorini, Perec, Pontiggia, Hesse, Carrol, Fitz Gerald, Stendhal. E proprio a Stendhal che si deve i nome della casa editrice. Infatti Monsieur Henri Beyle era il vero nome di Stendhal. Ma nel  nome della casa editrice c’è un doppio trucco. Infatti Stendhal si chiamava Henri senza y greca finale ma nel 1836 scrisse un racconto autobiografico intitolato La vita di Henry Brulard, il rimando all’autore e ad una delle creature è dunque doppia e sottile.

Un consiglio fra i tanti titoli? Provate a leggere Le polpette al pomodoro di Umberto Saba, una chicca!

Giovedì 23 ottobre apriremo al discussione sul Giovane Holden e ognuno avrà la possibilità di scrivere le proprie riflessioni. Sarà poi l’occasione di scoprire il nuovo libro che vi proponiamo per il mese di novembre. Non vediamo l’ora di leggere i vostri commenti!

Il ragazzo con il panciotto rosso

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Il ragazzo con il panciotto rosso di Paul Cézanne è tornata da pochi giorni in Svizzera. L’opera, rubata quattro anni fa a Zurigo, è stata ritrovata in Serbia. Non si sa molto del suo ritrovamento: le autorità non hanno voluto spiegare dove e come ciò sia avvenuto.  Il dipinto fa parte di un gruppo di quattro tele che vennero rubate alla Fondazione Emil G.Bührle di Zurigo il 10 febbraio 2008: oltre alla tela di Cézanne sparirono Il  Campo di papaveri a Vétheuil, di Monet, Il Ramo di castagno di Van Gogh e  Ludovic Lepic e le sue figlie, di Degas. Le prime due vennero ritrovate dopo un settimana abbandonate dentro ad una macchina vicino alla fondazione,  mentre l’opera  di Degas  non è ancora riemersa.

Ogni ritrovamento di opere d’arte fornisce motivo di festeggiare a tutti.

Tra i furti del secolo scorso più noti rimane quello della GiocondaQuando la mattina del 23 agosto dl 1911 Vincenzo Peruggia, pittore e decoratore italiano, portò via la Gioconda levandola dalla cornice  e nascondendola sotto il cappotto, tutto il mondo ne fu scioccato. La faccenda venne seguita da tutti i giornali e la notizia del furto dilagò. L’opera rimase nascosta per più di un anno. Se ne ebbe notizia solo grazie a una lettera inviata a un antiquario fiorentino. Nella lettera il ladro si diceva disposto a renderla all’Italia in cambio di cinquecentomila lire, pretese come rimborso spese. Sostenuto dal conservatore fiorentino degli Uffizi, l’antiquario in questione si dichiarò interessato all’offerta, così Pontiggia prese il treno da Parigi e portò l’opera a Firenze. Gallerista e conservatore, dopo aver appurato che l’opera era l’originale,  chiamarono la polizia e fecero arrestare il ladro. Il governo italiano poi rispedì la Gioconda al Louvre.

Un’altra opera, che ha visto ben due furti nell’arco di dieci anni, è l’Urlo di Munch, che si trova a Oslo; l’opera infatti è stata rubata prima per tre mesi nel 1994 poi ancora una volta nel 2004.

L’Italia che di ruberie e sottrazioni illecite, anche con opere spedite all’estero, ne ha viste molte ha  redatto una Banca dati dei Beni Culturali illecitamente sottratti, per orientare e facilitare le indagini delle autorità.

Fa onore al nostro paese la figura di Rodolfo Siviero, che visse a Firenze e fece dell’inseguimento e del recupero delle opere d’arte italiane rubate dai nazisti durante il Secondo Conflitto Mondiale la ragione principale della sua esistenza. Era quasi un agente segreto e tutta la sua opera si concentrò prima nel contrastare ed impedire la cessione delle opere e poi nel recuperare ciò che era sparito in mani naziste. Il museo in quel caso più colpito fu quello degli Uffizi che fu praticamente svuotato. Tra le opere più importanti salavate si ricorda l’Annunciazione del Beato Angelico, il dipinto si trovava nel convento francescano di Montecarlo presso San Giovanni Valdarno. Siviero saputo in anticipo che i tedeschi avevano deciso di prendere l’opera, la portò via e la fece nascondere prima dell’arrivo dei militari.

Oggi la sua casa è diventata un Museo, si trova sui Lungarni di Firenze e conserva la sua collezione. L’opera di Siviero rimane di esempio per  quella parte di Italia che ha a cuore il proprio patrimonio culturale.