Pochi giorni dopo l’attacco a Parigi, il terrorismo ha colpito anche in Mali, a Bamako. Anche in questo caso si è trattato di estremisti islamici. Pochi giorni appena, e una base della missione militare internazionale nel nord del paese è stata colpita da alcune granate. Sono solo gli ultimi di una serie di attacchi cheda un anno colpiscono il Mali. Ma non c’era stato l’intervento francese, che aveva ricacciato nell’estremo nord le bande di terroristi e tagliagole che si erano impadroniti della ribellione Touareg per arrivare a minacciare persino la capitale? Si era nel 2013 e il lavoro dei soldati francesi era sembrato una cosa da manuale. Oggi, pero’, il Mali con la sua missione militare internazionale è di nuovo un luogo pericoloso e nel nord del paese si combatte a tutto campo: vi si confrontano estremisti islamici dediti al traffico di droga e di esseri umani, gruppi laici che vogliono lo stato Touareg, milizie filogovernativa che definire oscure è dire poco.E il brutto è che non si sa chi sta con chi e chi fa cosa.C’è gente, sembra, che combatte addirittura per gruppi diversi, a fasi alterne, passando da un gruppo che lotta per lo stato islamico a un altro che combatte senza alcun obiettivo a carattere religioso. La verità è che il dialogo coi Touareg è fallito ancora prima di cominciare e soprattutto che le autorità di questo stato, nonostante nuove elezioni con tutta la fanfara del caso, si sono di nuovo dedicate all’arricchimento personale e allo sport della corruzione. Anni di non gestione dello stato, decadi di uso clientelare di ogni incarico pubblico, hanno reato un totale scollegamento di tanti giovani dal senso di appartenenza al paese.
Il terrorismo va combattuto. Pero’ bisogna anche comprenderne le cause sociali, per eradicarlo nel lungo termine.
Aminata Traoré sulla copertina dell'Express, a lei dedicata
Abbiamo deciso di postare questa testimonianza dal Mali. Non vuole essere uno scoop, non vogliamo cavalcare l’onda delle terribili notizie che giungono da una terra martoriata e ferita. Vogliamo solo fornire una testimonianza lucida e vivida di ciò che sta accadendo laggiù. Leggete, amici, e riflettete.
Carissime. Io sono al sicuro, nella casa albergo di Aminata Traore’; una signora tra i sessanta e i settanta che ha creato un movimento di lotta per i diritti dei piu’ poveri e marginalizzati. E’ una delle grandi figure dell’Africa del nostro tempo. Qui si sta bene. Aminata vive tra la sua gente, in un quartiere povero ma dignitoso. Cosi’ sono sereno: nessuno viene qui a fare confusione. Passo il tempo parlando di Africa con Aminata e coi suoi collaboratori, mentre lei risponde a tutti coloro che la cercano da mezzo mondo. Alla sera si condivide quello che c’e’ da mangiare. Aminata e’ generosissima e tutta la sua famiglia e’ come lei. Ho scoperto l’acqua col ginger e ne bevo tanta. Fa caldo (40 gradi) ma alla sera si muove l’aria.
Tutto attorno a noi, pero’, vi sono tumulti e violenze. Come vi dicevo stamani, qui si e’ avuto un colpo di stato. Una parte dell’esercito (alcuni capitani) si e’ ribellata e ha occupato i centri di controllo della capitale: televisione, radio, caserme, ministeri e cosi’ via. Dicono che si ristabilira’ l’ordine nel giro di qualche giorno. Le frontiere per ora sono chiuse. Ma forse in breve si riaprira’ l’aeroporto internazionale e potro’ ripartire.
Perche’ e’ successo? Perche’ questo paese stava attraversando un momento difficile. Nel nord, lontano da qui, i resti di quella che fu una milizia (una vera e propria legione straniera bene armata) di Gheddafi seminano terrore per creare uno stato Touareg (appartengono perlopiu’ a questo popolo) nel deserto, pure in collaborazione con un pericoloso gruppo regionale di Al Quaeda. Sono scappati dalla Libia dopo i bombardamenti della Nato e il crollo del regime dittatoriale e si sono sparsi tra Niger e Mali. Questi due stati avevano avuto un sacco di rapporti con la Libia dalla quale avevano ricevuto tanti fondi e investimenti. Ed erano stati ben lieti che Geddafi pagasse queste milizie per tenersele in Libia, senza creare problemi qui. Cosi’ quando questi sono tornati, armati sino ai denti, il governo del Mali non ha saputo prendere in mano la situazione. Ha lasciato che portassero la violenza e non ha dotato l’esercito di armi e mezzi per contrastarli, mandando giovani soldati a morire nel deserto. Questa e’ stata la scintilla che ha infiammato la ribellione: tre capitani si sono messi contro i generali (vicini al presidente, che e’ anche un ex militare) per prendere il potere e ristabilire l’ordine anche al nord.
Ma questa e’ solo una parte della storia. C’e’ anche il fatto che con i Touareg opera Al Quaeda e quindi ci sta che qualche grande potenza non ne avesse piu’ dell’inefficienza del governo appena deposto. E c’e’ anche un altro tema di fondo, attorno al quale gira molta parte della faccenda: quello di un pase in miseria, ricco anche di risorse come il cotone, ma in miseria. Ogni classe di governo qui si e’ appropriata delle risorse e le cede ai grandi interessi economici mondiali. In queste condizioni anche le regole formali della democrazia (che il Mali aveva adottato: elezioni e cosi’ via) hanno poco senso. Senza la sostanza dell’eguaglianza di opportunita’, senza una vita minima decente per tutti, senza la forza della legge accetatta da tutti come un mezzo per vivere meglio assieme, non c’e’ societa’ che tenga. E cosi’ e’ stato. Dunque questa non e’ l’ennesima crisi Africana. E’ la crisi di un mondo ricco al Nord, che adotta modelli di business iniqui, capaci solo di affamare i poveri. E lo fa chiudendo un occhio su come agiscono i governanti quaggiu’. Basta che si rispetti qualche forma, con un po’ di elezioni gestite alla meno peggio.
Ed e’ lo stesso mondo che bombarda in Libia, dopo essere andato a braccetto con Gheddafi, senza pensare alle conseguenze delle bombe tutto attorno, negli altri paesi della regione.