Chiacchiere del lunedì

Di buone notizie ancora non ce ne sono molte, in questo mondo bisognoso di cambiamento e di speranza,  ma questa settimana l’arrivo del nuovo Pontefice, Francesco, ha scaldato il cuore di molti.

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Dunque adesso siamo pronti per vivere al meglio riti e tradizioni della Pasqua.Lasciatemi trascurare i riti sacri e per un attimo passiamo in rassegna qualche tradizione che ho scoperto da queste parti.

Qui da noi, in Svizzera, il tradizionale uovo sodo lo trovi già cotto e colorato al supermercato. Se però volessi decorarlo da solo, troveresti in vendita mille attrezzi  incredibili per poterlo fare. Tra le invenzioni più geniali, a questo riguardo, c’è la siringa con la quale estrarre il tuorlo e l’albume e salvare il guscio. Oppure, se non sei bravo e non hai pazienza, puoi sempre attaccare sul guscio mille tipi di versi di adesivi colorati.

La  tradizione vuole, poi, che come per il Natale si prepari anche l’albero di Pasqua. A tal fine, qui si usano dei rami  che  possono essere di  nocciolo, di ulivo o di pesco. Si mettono in un vaso e si decorano con uova, campanelline pulcini o come si vuole. In Svizzera, inoltre, chi i pulcini e i conigli di Pasqua ama vederli vivi può sempre andare nell’Oberland di Zurigo, a visitare il museo di Olten dove ogni hanno preparano un piccolo zoo domestico, per l’occasione. Qui i bambini possono vedere e toccare pulcini e conigli veri e andare a cercarsi le uova che sono state nascoste nel museo. Le uova nascoste sono un bellissimo gioco, che ho imparato qui. Mi hanno detto che è  il coniglio che le porta nelle case e le nasconde, sono i bambini poi che le devono trovare, appunto, nel giardino o in casa.

Nella città di Nyon, non distante da noi, per Pasqua si celebra anche un’altra tradizione antica di secoli: si rivestono le fontane con ghirlande di nastri e uova colorate per sottolineare il fatto che il gelo è ormai passato e l’acqua riprende a  scorrere.

Insomma, è vero che le tradizioni cambiano e si evolvono, ma senza di esse  le giornate dell’anno scorrerebbero piatte e monotone: niente divertimento e imprevisti bizzarri. Impossibile da immaginare!

Contaminazioni

Contaminazione. Un’altra bella parola che inevitabilmente irrompe nella vita di ogni persona “in transito”.

Contaminazione da contaminare, non col valore negativo sinonimo di contagiare, inquinare o sporcare, ma con il significato di incrocio, nel nostro caso, di vite e culture.

Gli esempi più calzanti sono in letteratura dove contaminazione  è la “fusione di elementi di diversa provenienza nella creazione di opere letterarie”; e in linguistica dove il termine designa un “incrocio di due forme o due costrutti, l’unione dei quali costituisce una nuova forma o un nuovo costrutto” .

Per noi che viviamo all’estero il termine contaminazione non si applica solo a meri esercizi linguistici o retorici, ma diventa pratica di quotidiano equilibrismo. Noi, che nella vita di tutti i giorni, dobbiamo interagire non solo attraverso lingue differenti, ma anche con differenti stili di vita e diversi modi di pensare, siamo diventati, spesso nostro malgrado, “maestri” della contaminazione. Usi, costumi, mentalità, specchio di altre tradizioni, entrano prepotentemente nelle nostre case e la necessità palese è quella di adeguarsi alle nuove situazioni, aprendo la mente e accogliendo per quanto siamo capaci le diversità, incrociando appunto la nostra vita a quella di altri che mai avremmo pensato o previsto di incontrare.

Per chi è rimasto in Italia, le cose non sono poi così diverse, si può affermare forse che è differente il modo di “contaminarsi”. Chi è a casa non è più attore della contaminazione, quanto piuttosto fruitore (se al termine diamo accezione positiva) o come dicono alcuni (i meno illuminati) la subisce.

Tutti però, sia chi è andato e sia chi è rimasto, arriviamo al punto dolente.

Oltre a fare il brunch la domenica invece del classico pranzone di italica memoria, oltre a mangiare volentieri il currywurst al posto della salsiccia della Festa dell’Unità,  saremo in grado di andare più a fondo e di trasformarci veramente  in cittadini del villaggio globale, pronti ad accettare le sfide vere che la contaminazione ci lancia (scontri di pensiero, di sensibilità, di visioni del mondo)? E chi è rimasto a casa e vive ormai in una società multirazziale saprà offrire, facendo leva sulla nostra tradizione di accoglienza millenaria, la possibilità di realizzare osmosi azzardate, in cui vecchio e nuovo si incrociano e creano un melange originale?

Queste sono le sfide alle quali ci dobbiamo preparare, tutti.