
C’è sempre chi, fra gli artisti, si sente più coinvolto nelle vicende contemporanee e riesce per questo ad esprimere un dissenso o un’opinione su temi di interesse pubblico, attraverso il proprio lavoro. L’esempio più’ celebre, quello che tutti hanno visto, almeno in fotografia, è il dipinto di Pablo Picasso sulla tragedia di Guernica, che ricorda il barbaro bombardamento (in effetti sono tutti barbari, i bombardamenti) compiuto dalle forze naziste alleate dei nazionalisti di Franco su una città inerme. Gli artisti dissidenti, gli artisti impegnati, non mancano nemmeno oggi. Uno fra tutti: il notissimo, e mediaticamente bravissimo, Ai WeiWei star di mostre, musei e social media . In questi giorni, a New York, al Whitney Museum, è in corso una mostra di arte impegnata, dal titolo An Incomplete History of Protest .

Tra tutti i lavori che vi si trovano esposti, mi è balzata agli occhi una vecchia conoscenza: l’opera The Non War Memorial dell’artista americano Edward Kienholz (1927-1994). Realizzata nel 1970, era un monito contro la guerra che aveva visto a lungo impegnata l’America nell’Asia del Sud Est: vi erano (allora, poi il numero è cresciuto) morti 48.000mila soldati americani. Il lavoro consisteva nel riportare alla luce la posizione in cui erano stati ritrovati i cadaveri dei caduti americani, usando uniformi militari opportunamente riempite di terra per sembrare dei corpi. Dava l’idea di trovarsi sul campo di battaglia al momento di raccogliere le spoglie di coloro che vi erano deceduti. Nel suo intento, mai portato fino in fondo, queste uniformi avrebbero dovuto essere più cinquantamila, da collocare in un vasto spazio, a Clarks Fork, come corpi rimasti abbandonati sul campo di battaglia.

L’opera,nello spirito di tutto il lavoro di Kienholz, aveva e ha ancora un forte impatto visivo: per mezzo di questa installazione la guerra si presenta davanti ai nostri occhi nella sua veste più crudele e senza senso, capace solamente di lasciare dietro di sé corpi senza vita.
