… non ci piace

disegno di Chiara Guidi

… non ci è affatto piaciuto che a pochi passi da casa nostra ci sia stato un “piccolo” incidente alla pompa di raffreddamento della centrale nucleare di Beznau in Cantone Argovia. La notizia è passata sottotono perché l’IFSN (Ispettorato Federale della sicurezza nucleare) ha giudicato l’incidente di nessuna importanza, nonostante la fuoriuscita di una nube di vapore classificata non radioattiva.

Dopo la chiusura della centrale di Oldsbury nel Regno Unito, quella di Beznau è diventata la più vecchia centrale nucleare in funzione al mondo. Dal sito del WWF Svizzera apprendiamo che, ancor prima dell’incidente di Fukushima in Giappone, Beznau  contava oltre 75 “gravi questioni irrisolte” fra le quali: “un’alimentazione elettrica d’emergenza inaffidabile, una copertura del reattore piena di crepe e in particolare un contenitore ermetico d’acciaio (che dovrebbe impedire la contaminazione dell’ambiente circostante) anch’esso pieno di crepe”.

Non vogliamo andare oltre. Vi invitiamo a una riflessione… a proposito la centrale nucleare di Beznau si trova a soli 280 Km da Ginevra…

Chi volesse saperne di più, può connettersi al sito: www.stopp-beznau.ch (che purtroppo è solo in tedesco…).

Aggiornamenti e spiegazioni sulla crisi in Mali

Come vi scrivevo un paio di giorni fa, qui si è avuto un colpo di stato, scatenato dagli eventi nel nord del paese ma con radici piu’ profonde.

Per capire il tutto bisogna andare con ordine.  Cosa è accaduto, innanzitutto : nel nord si ha da tanto tempo una situazione di conflitto tra popolazioni nomadi del deserto, i Touareg, e popolazioni stanziali : i pastori e gli agricoltori. Un conflitto antico, che andava e veniva, e che si era di nuovo manifestato con violenza nei primi anni novanta. Un conflitto regionale, inoltre, dato che investiva la fascia del Sahel e quindi anche altri paesi come Niger, Libia, Algeria. Si era cercato di venirne a capo con trattative e investimenti e il Mali, che aveva tutto il suo nord, quasi due terzi del suo territorio, interessato dalla situazione, si era reso disponible come capofila dell’iniziativa. Sembrava si fosse arrivati a una soluzione, ma poi la mancanza di mezzi adeguati, l’incapacità di gestire gli aiuti che c’erano, aveva portato a nuovi scontri.

Nel frattempo, pero’, era nata anche la   « legione straniera » di Gheddafi. Il dittatore, di madre touareg, aveva cominciato a  reclutare questi guerrieri nomadi per farne una sua guardia personale armata sino ai denti. Sino a che il dittatore di Tripoli è stato in vita, essi sono rimasti in Libia, poi – dopo i bombardamenti Nato e il crollo del regime – sono tornati verso casa, cioè a scorrazzare nel deserto che unisce i paesi di cui parlavo sopra. E naturalmente sono arrivati in Mali, dove il « loro » territorio si estende su una superficie larghissima e poco popolata. Hanno chiesto al governo di questo paese di integrarli nell’esercito, di dar loro un ruolo. Figurarsi, mettersi un’armata nell’esercito: non si poteva fare. Cosi’ si è tergiversato e  loro hanno cominciato ad attaccare villaggi, massacrando la gente. E qui arriva lo snodo della crisi di oggi.

Il Mali ha inviato l’esercito, che è composto da una élite, legata al potere, e da una massa di poveracci affamati.   La elite legata al potere ha assunto i gradi piu’ alti, i privilegi e vive bene ; la massa dei poveracci riceve stipendi da fame. L’élite al potere non è andata a combattere nel Nord, ci ha mandato la massa dei poveracci e ce li ha mandati senza mezzi a  sufficienza. I touareg li hanno massacrati. Niente sarebbe accaduto, pero’, se non ci fosse internet : qualcuno lassu’ ha filmato i corpi dei commilitoni sgozzati e li ha messi su You Tube. Tutti li hanno visti. Il velo è caduto : nel Nord vanno a morire i disgraziati ; i privilegiati se ne stanno a Bamako.

Cosi’ è scaturita la rivolta : un capitano ha messo insieme la sua truppa e in breve ha trovato man forte in moltissimi altri reparti . Ne è nato il colpo. Hanno subito arrestato i gradi alti dell’esercito e i ministri (tutti appartengno alla medesima elite al potere). Il presidente (un ex miltare che distribuiva i gradi piu’ alti ai suoi sostenitori) è scomparso, alcuni dicono con gli ultimi lealisti (i corpi di elite, i berretti rossi) pronto a dare battaglia, altri invece dicono che sia in un’ambasciata. Ora, pero’, c’è anche un’altra cosa da tenere in considerazione. I touareg si alleavano, al Nord, con AQMI, Al Qaeda au Maghreb Islamique. Assieme parlavano di mettere in piedi un loro stato. La lotta nel Nord quindi va proseguita, tant’è che il capitano Sandogo, che ha guidato la rivolta, ha dichiarato come priorità il riporate l’ordine e il continuare la guerra al Nord, ma con mezzi migliori e in maniera piu’ efficace. E questo fa venire in mente che magari ci potrebbe essere anche qualche altro soggetto, nella comunità internazionale, ad avere interesse a combattere in maniera piu’ efficace l’unione Al Qaeda/Touareg. Ma questa è soltanto una speculazione al momento.

In verità, la comunità internazionale ha condannato apertamente il colpo di stato, chiedendo di mantenere la data delle elezioni (che si sarebbero tenute a breve), anche se nessuno ha menzionato i veri problemi sul tappeto : il prolema del Nord e il fatto che qui la miseria ha raggiunto livelli tali da rendere i meccanismi della democrazia rappresentativa quasi privi di sostanza. Non è retorica terzomondialista : qui un numero enorme di diseredati si aggira per il paese. Gente che non ha niente, gente che non ha accesso nemmeno ai servizi di base dello stato. Si muore per una malattia semplice e curabilissima. Una campagna elettorale in queste condizioni è niente di piu’ che promettere cibo a qualcuno e favori a qualcun altro. Per presentarsi alle elezioni ci vuole la firma di 10 deputati, che vogliono essere pagati. Se non hai soldi non corri. Se non corri non puoi distribuire risorse ai tuoi sostenitori. E poi ci sono coloro che sono esclusi da tutto, in collegi lontani, dove non si ha alcuna idea di quello che accade fuori dal proprio villaggio o dalla propria città.

Senza una società civile vera, con corpi intermedi e con un dibattito politico aperto, senza una eguaglianza di base almeno nei servizi essenziali, le elezioni divengono una scatola svuotata di sostanza. Certo è una scatola importante, un passaggio fondamentale per la selezione della classe politica ma – ripeto – senza tutto cio’ che ci sta dietro sono un paravento per tranquillizzare le coscienze dei donatori.  Credo che ci si debba concentrare di piu’ sui problemi che hanno portato a tutto questo.

… e il mondo sta a guardare

Aminata Traoré sulla copertina dell'Express, a lei dedicata

Abbiamo deciso di postare questa testimonianza dal Mali. Non vuole essere uno scoop, non vogliamo cavalcare l’onda delle terribili notizie che giungono da una terra martoriata e ferita. Vogliamo solo fornire una testimonianza lucida e vivida di ciò che sta accadendo laggiù. Leggete, amici, e riflettete.

Carissime. Io sono al sicuro, nella casa albergo di Aminata Traore’; una signora tra i sessanta e i settanta che ha creato un movimento di lotta per i diritti dei piu’ poveri e marginalizzati. E’ una delle grandi figure dell’Africa del nostro tempo. Qui si sta bene. Aminata vive tra la sua gente, in un quartiere povero ma dignitoso. Cosi’ sono sereno: nessuno viene qui a fare confusione. Passo il tempo parlando di Africa con Aminata e coi suoi collaboratori, mentre lei risponde a tutti coloro che la cercano da mezzo mondo. Alla sera si condivide quello che c’e’ da mangiare. Aminata e’ generosissima e tutta la sua famiglia e’ come lei. Ho scoperto l’acqua col ginger e ne bevo tanta. Fa caldo (40 gradi) ma alla sera si muove l’aria.  

Tutto attorno a noi, pero’, vi sono tumulti e violenze. Come vi dicevo stamani, qui si e’ avuto un colpo di stato. Una parte dell’esercito (alcuni capitani) si e’ ribellata e ha occupato i centri di controllo della capitale: televisione, radio, caserme, ministeri e cosi’ via. Dicono che si ristabilira’ l’ordine nel giro di qualche giorno. Le frontiere per ora sono chiuse. Ma forse in breve si riaprira’ l’aeroporto internazionale e potro’ ripartire.  

Perche’ e’ successo? Perche’ questo paese stava attraversando un momento difficile. Nel nord, lontano da qui, i resti di quella che fu una milizia (una vera e propria legione straniera bene armata) di Gheddafi seminano terrore per creare uno stato Touareg (appartengono perlopiu’ a questo popolo) nel deserto, pure in collaborazione con un pericoloso gruppo regionale di Al Quaeda. Sono scappati dalla Libia dopo i bombardamenti della Nato e il crollo del regime dittatoriale e si sono sparsi tra Niger e Mali. Questi due stati avevano avuto un sacco di rapporti con la Libia dalla quale avevano ricevuto tanti fondi e investimenti. Ed erano stati ben lieti che Geddafi pagasse queste milizie per tenersele  in Libia, senza creare problemi qui. Cosi’ quando questi sono tornati, armati sino ai denti, il governo del Mali non ha saputo prendere in mano la situazione. Ha lasciato che portassero la violenza  e non ha dotato l’esercito di armi e mezzi per contrastarli, mandando giovani soldati a morire nel deserto. Questa e’ stata la scintilla che ha infiammato la ribellione: tre capitani si sono messi contro i generali (vicini al presidente, che e’ anche un ex militare) per prendere il potere e ristabilire l’ordine anche al nord.

Ma questa e’ solo una parte della storia. C’e’ anche il fatto che con i Touareg opera Al Quaeda e quindi ci sta che qualche grande potenza non ne avesse piu’ dell’inefficienza del governo appena deposto. E c’e’ anche un altro tema di fondo, attorno al quale gira molta parte della faccenda: quello di un pase in miseria, ricco anche di risorse come il cotone, ma in miseria. Ogni classe di governo qui si e’ appropriata delle risorse e le cede ai grandi interessi economici mondiali. In queste condizioni anche le regole formali della democrazia (che il Mali aveva adottato: elezioni e cosi’ via) hanno poco senso. Senza la sostanza dell’eguaglianza di opportunita’, senza una vita minima decente per tutti, senza la forza della legge accetatta da tutti come un mezzo per vivere meglio assieme, non c’e’ societa’ che tenga. E cosi’ e’ stato. Dunque questa non e’ l’ennesima crisi Africana. E’ la crisi di un mondo ricco al Nord, che adotta modelli di business iniqui, capaci solo di affamare i poveri. E lo fa chiudendo un occhio su come agiscono i governanti quaggiu’. Basta che si rispetti qualche forma, con un po’ di elezioni gestite alla meno peggio.

Ed e’ lo stesso mondo che bombarda in Libia, dopo essere andato a braccetto con Gheddafi, senza pensare alle conseguenze delle bombe tutto attorno, negli altri paesi della regione.

Una vita da Oscar

Che donna! L’ho sempre ammirata e forse anche un po’ invidiata: non è mai stata una bellezza appariscente, ma i suoi grandi occhi, il suo sorriso e la sua eleganza mi hanno sempre ipnotizzata. Audrey Hepburn ha vissuto in Svizzera per più di trent’anni e, proprio in questo anno, la Svizzera la ricorda con una serie di manifestazioni a lei dedicate. Tutti gli eventi si terranno nella città di Morges , perché l’attrice ha vissuto poco lontano da lì, in un paese chiamato Tolochenaz, dove è  stata anche seppellita. Tutte le manifestazioni sono iniziate nel mese di marzo e andranno avanti fino a novembre.

Per l’occasione è stato realizzato uno spettacolo dal titolo “Something for Audrey” e sono state ideate due mostre: la prima  “Rome Paris, New York…itineraires d’une étoile” ripercorrà la sua vita di artista, mentre la mostra “Gros plan sur une femme d’exception” sarà invece più dedicata alla sua vita privata e al ruolo che ha svolto come ambasciatrice dell’Unicef. Infine, al cinema Odeon di Morges non mancheranno le proiezioni dei suoi film più celebri. Chi volesse saperne di più può consultare il sito www.foraudrey-morges.ch

Cinquantenni? Siete nel fiore della vita!

No, non siamo noi ad affermarlo, ma un libro appena pubblicato in Inghilterra da un professore di veterinaria di Cambridge, David Bainbridge, intitolato, neanche a dirlo The middle age

L’autore afferma che grazie ai secoli di evoluzione biologica l’uomo è l’unica specie che riesce a trovare nella “mezza età” un equilibrio che non esiste in nessun altro animale in natura, dai criceti agli elefanti, i quali subiscono un invecchiamento costante dalla giovinezza fino alla morte. L’uomo invece nel tempo ha sviluppato una sorta di elogio della mezza età. Fin dall’epoca preistorica, infatti, “gli anziani” che non erano più in grado di sfuggire alla preda, tuttavia erano i migliori a dividere le derrate e i bottini, grazie alla loro autorevolezza e alla loro “saggezza”, essendo “memoria” del gruppo. E questo nel tempo ha fatto in modo che proprio durante la middle age il nostro cervello funzioni a pieno regime utilizzando al meglio le risorse di cui dispone conciliandole con un’annosa esperienza!

L’autore spiega che l’uomo fra i 40 e i 60 anni, se si trova in buono stato di salute, sebbene un po’ imbolsito, imbiancato e rallentato vive in uno stato di grazia al quale da giovane, preso dai problemi di cuore, di carriera, di realizzazione personale non può aspirare, mentre da più anziano non può più godersi. A proposito il libro è scritto in caratteri più grandi del normale…

Le prove addotte dall’autore non sembrano essere esattamente scientifiche. Inoltre egli si trova perfettamente a suo agio quando parla del mondo animale, ma quando cerca di tradurre le sue osservazioni sul terreno umano scivola su qualche bizzarra affermazione. Tuttavia sono proprio le parti del libro dedicate alla fauna quelle più appetitose. L’autore così ci racconta che solo le orche assassine entrano in menopausa come le donne, oppure come gli scimpanzé maschi preferiscano le scimpanzé “tardone”, o ancora come i cervi femmina sebbene attempati possano sfornare cuccioli ogni dodici mesi come degli orologi.

Insomma che dire? Che tutto ciò sia vero o falso, che anche al cinquantenne sia data la possibilità di un radioso futuro e non la certezza dell’inizio di una certa decadenza è quello che caldamente ci auguriamo e sproniamo tutti coloro che si trovano fra i 40 e i 60 anni ad intraprendere nuove attività, a fare tutto quello che non sono riusciti a fare finora, chissà mai che fra di voi non si stia nascondendo un grande inventore, musicista o scrittore del futuro!

La casa della moschea di Kader Abdolah

Provo un piacere: quando con il treno mi fermo a Milano, per proseguire il viaggio fino a Ginevra (o viceversa per portarmi a Pistoia),  ne approfitto per andare alla libreria delle Messaggerie, vicino alla stazione, dove passo sempre un po’ di tempo in cerca di qualcosa da leggere nel viaggio. E’ lì, nello scaffale dedicato ai suggerimenti della libreria, che ho scoperto uno dei miei libri preferiti, sicuramente uno di migliori che abbia letto in questi ultimi anni:  il romanzo di Romain Gary, La vita davanti a séun libro assolutamente da leggere, che l’autore pubblicò nel 1975 e che gli valse il Prix Goncourt. Non gli sarò abbastanza grata alla libreria per avermelo fatto scoprire. Poco tempo fa mi sono di nuovo lasciata convincere da un loro suggerimento e ho scelto il libro di un autore iraniano, Kader Abdolah, che si intitola La casa della moschea (Iperborea ed).

Mi incuriosiva cosa scriveva  l’autore nella prefazione: “ho scritto questo libro per l’Europa. Ho scostato il velo per mostrare l’Islam come modo di vivere…un Islam moderato, domestico, non quello radicale”.  L’ho letto tutto d’un fiato e, come spesso succede, mi sono ritrovata dentro le atmosfere di questa famiglia persiana che vive nella casa della moschea e vede passare negli anni il regime dello scia, l’arrivo di Khomeini e tutto ciò che ne è seguito. Mi sono affezionata al patriarca di quella famiglia,  Aga Jan, “un autentico figlio della casa della moschea” che ha il ruolo di custode della storia; un uomo saggio che sa capire e attendere il passaggio degli avvenimenti più drammatici, rimanendo  sempre saldo sulle sue radici. Infine il libro  mi è ancor più piaciuto perché l’autore è un rifugiato politico (vive in Olanda dal 1988), perseguitato prima dallo scia e poi dal regime di Khomeini. Si capisce che si sente un uomo in transito e che con la scrittura cerca di raccontare da lontano la storia della sua terra, vedendo le vicende storiche  dell’Iran attraverso il racconto quotidiano di una famiglia.

Assolutamente da leggere, se davvero vogliamo cercare di comprendere meglio l’Islam e la sua cultura.

… non ci piace

faccina disgustata

Nonostante i chiarimenti contenuti in un articolo apparso sul sito di «Gherush92», un’organizzazione non governativa no profit che ha ottenuto lo status di consulente speciale del Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC), non ci piace la sua presa di posizione nei confronti della Divina Commedia di Dante, tacciata di razzismo, islamofobia, antisemitismo. Tale organizzazione suggerisce addirittura di togliere dai programmi scolastici il poema.

Vorremmo aggiungere che probabilmente contenuti del genere sono presenti nelle terzine dantesche, poiché facevano parte del patrimonio culturale europeo della sua epoca, ma da qui ad affermare che a causa di opere come questa si sono formate ideologie distruttive il passo è troppo lungo per poter essere accettato.

Dunque per noi Dante rimane il più grande poeta della letteratura italiana e non un corruttore di coscienze deboli.

Anzi, accogliendo l’idea di cancellare la Commedia dai programmi scolastici negheremmo ai nostri giovani la capacità di avere uno spirito critico tale da riconoscere ciò che di buono e ciò che di meno buono arte e letteratura possono trasmettere!

Arte e natura: preserviamole al meglio

Anche l’arte può contribuire a pensare in modo diverso quando si tratta di ambiente. Per esempio, vedere la natura che ci circonda con una nuova sensibilità è la capacità principale dell’artista tedesca Christiane Lohr. Passeggiando in campagna, a contatto con la natura, raccoglie il materiale per lavorare: le erbe, i semi, i fiori di bardana secchi, ma anche i peli del cane o il crine del suo cavallo. Tutto questo per lei è come il marmo per uno scultore tradizionale. 

Quando lavora non altera mai i materiali che sceglie, non usa mai collanti o niente di artificiale per comporre le forme, ella accetta le peculiarità degli elementi naturali e anzi le esalta. Le sue composizioni sono create come un ricamo: annoda i crini formando delle microstrutture, che appende al muro per mezzo di aghi; oppure opera con il semplice incastro degli elementi. Tutto questo lavoro prevede una grande cura  e una manualità paziente e alla fine, guardando le sue opere, è possibile capire e vedere aspetti delle forme vegetali fino a quel momento per noi sconosciuti.

Un’altra prova che l’arte contemporanea va verso l’ambiente è dato in questi giorni dalla Fiera Biennale che si tiene a Bolzano (16-18 marzo), dove si presenta Special bike projects una serie di eventi che uniscono l’arte contemporanea con i settori della mobilità green.

Vi ricordiamo che italianintransito aderisce alla campagna L’ora della terra, organizzato dal WWF per la giornata del 31 marzo. In quell’occasione il mondo proverà a spengersi per un’ora, e così faremo anche noi. Un gesto simbolico che vuole affermare la volontà di lottare contro i cambiamenti climatici e aderire alla strada della sostenibilità. Chi fosse interessato può aderire e leggere tutto sul sito che abbiamo segnalato.

Esiste una cura?

Prendersi cura di sé stessi e procurare benessere al nostro corpo  è oggi lo sport dominante.

Questa attenzione non sfugge agli artisti contemporanei; basti pensare alle performance di Vanessa Beecroft che istruisce gruppi di modelle presentandone il corpo nudo come opera d’arte.

Il tempo dedicato alla cura di sé non ci sembra mai un tempo sprecato, ma dovuto. E così tutti ci affidiamo  sempre più a chi ci promette di “alleggerire” le nostre giornate.

Risultato? Ogni raggiunto alleggerimento ci porta verso un congelamento delle emozioni, un aumento della svogliatezza e accresce in noi il timore di essere messi in gioco dal rapporto con gli altri. Per stare leggeri occorre non impegnarsi. Sarà un caso che San Francesco chiese scusa al proprio corpo, prima di morire, dal momento che non si era mai risparmiato nell’affannarsi per gli altri.

Non c’è dubbio che l’artista inglese Damien Hirst  questo lo doveva aver pensato quando, nel 1992, ha presentato l’opera Pharmacy. In questa installazione, infatti,  ha saputo cogliere  bene la nostra ossessione e ha rappresentato con il suo lavoro il miglior ritratto di questa epoca. L’opera è costituita dall’arredo di una stanza  fatta di vetrine  asettiche dove si possono ammirare, bene allineati, una miriade di medicinali di tutte le forme e colori. Sono la nostra cura, l’ancora di salvezza, per illuderci di poter sconfiggere con la scienza le ansie e i dolori, alleggerirci la vita e perché no renderci immortali.

Damien Hirst, Pharmacy,1992

Per gli interessati al fenomeno: sappiate, in anteprima, che la Tate Modern di Londra sta preparando una mostra dedicata all’artista, che rimane fin dagli anni Novanta il  principale animatore del gruppo YBAs (Young British Artistes). La mostra sarà visitabile dal 4 aprile fino al 9 settembre.

Il mistero dell’affresco perduto….

Gli ingredienti per un grande giallo ci sono tutti.

Un affresco scomparso, uno studioso ossessionato dal dipinto perduto, un indizio sibillino posto in un angolo dell’affresco che potrebbe aver ricoperto il capolavoro, fatto da una bandierina con una scritta enigmatica: «cerca trova».

Parliamo dell’affresco della Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci, di cui da secoli si sono perse le tracce.

Il dipinto è appunto una celebrazione della battaglia combattuta ad Anghiari e vinta dai Fiorentini nel 1440 contro i Milanesi. La battaglia fu di poca rilevanza bellica, tuttavia di grande importanza politica, in quanto i fiorentini non persero la sovranità sulla loro terra (Machiavelli la ricorda con queste parole ironiche : “Ed in tanta rotta e in si lunga zuffa che durò dalle venti alle ventiquattro ore, non vi morì che un uomo, il quale non di ferite ne d’altro virtuoso colpo, ma caduto da cavallo e calpesto spirò”).

Poiché la battaglia consacrò Firenze a grande potenza egemone nell’Italia centrale, i Magistrati della città, e precisamente Pier Soderini, Gonfaloniere della Repubblica, nel 1503 assegnò a Leonardo da Vinci il compito di dipingerla in un grande affresco, su una delle pareti della Sala del Gran Consiglio di Palazzo Vecchio. Questa prestigiosa commessa diede a Leonardo la possibilità di sperimentare nuove tecniche pittoriche, che tuttavia si rivelarono fallimentari. Infatti il dipinto fin da subito risultò compromesso a causa di un complesso processo di essiccamento. Sebbene lo stesso Leonardo non volle terminare l’affresco, tuttavia esso fu conservato per alcuni anni e i suoi contemporanei poterono ammirarlo o, per lo meno, ammirarne i cartoni, se è vero che Rubens lo riprodusse nel dipinto oggi conservato al Louvre e Biagio di Antoio poté farne uno studio, che oggi è alla National Gallery of Ireland di Dublino.

A metà del 1500 i governo fiorentino decise un rinnovamento della grande sala e i dipinti esistenti furono rimpiazzati dall’opera del Vasari. A questo punto si persero le tracce dell’affresco, immaginando che l’opera fosse irrimediabilmente perduta, cancellata per fare posto alla nuova decorazione.

Ma l’ingegner Maurizio Seracini fondatore del CISA3 (Center of Interdisciplinary Science for Art, Architecture and Archaeology) dell’Università della California di San Diego, non la pensava così. E questo caparbio personaggio per trent’anni ha percorso una strada differente alla ricerca di tracce dell’antico affresco di Leonardo.  L’ingegnere, convinto che il dipinto (o parte di esso) debba trovarsi proprio nel luogo dove era stato destinato, ha compiuto nel corso degli anni una serie di delicati rilevamenti che sembrano dargli ragione. Raggiunto recentemente attraverso una sonda il muro sottostante al dipinto del Vasari, sono stati raccolti dei campioni interessanti. L’ulteriore analisi su un campione di colore nero ha rivelato la compatibilità di quest’ultimo con il colore nero utilizzato per la Gioconda e per il San Giovanni del Louvre.

Il mistero dunque continua e noi, assuefatti agli intrighi di Dan Brown, aspettiamo con ansia il risultato delle ricerche chiedendoci però, e anche un tantino preoccupati, se l’affresco perduto dovesse veramente trovarsi sotto il dipinto del Vasari, che si potrà fare?