… ora cacciate col vino gli affanni (Orazio, Odi)

Gli antichi romani, tramandando spesso l’eredità dei padri greci, ci hanno insegnato molto sull’arte del vivere bene.

Per esempio se vogliamo ancora oggi essere sicuri della “piacevolezza” di un luogo, basta leggerne la storia; se ci sono passati i romani e, soprattutto, se vi si sono insediati, possiamo stare sicuri che il posto ha una qualche particolarità che lo ha reso e lo rende ancora apprezzabile (l’esempio più vicino a noi è Nyon).

Stessa cosa si può dire di cibi, spezie ed essenze.

Ed è questo il caso del Conditum Paradoxum romano.

Il nome, oltre a richiamarci alla memoria le fatiche del liceo, designa una fantastica bevanda di cui è antico parente… il moderno vin brulé.

La ricetta del Conditum Paradoxum, di probabile origine greca, è contenuta in un libro di cucina di epoca romana, il De re Coquinaria, raccolta di ricette di un famoso ghiottone, Apicio, nato nel primo secolo a.C. Si trattava di un vino scaldato, aromatizzato alle spezie e dolcificato con abbondante miele, che veniva offerto ai convitati a fine pasto.

Per tutti coloro che pensavano al vin brulé come delizia nordica ecco sfatato un altro mito!

Dunque se era buono per gli “ozi” romani, il Conditum è ancor più buono per noi, in questi giorni di freddo intenso e di vento (la cattiva Bise ci si infila dappertutto!).

Ve ne diamo un’interpretazione particolare e moderna, le dosi sono abbondanti perché il bello è brindare in compagnia!

1 bottiglia di vino bianco

1 bottiglia di vino rosso

310 ml di vermouth dolce rosso

3 cucchiaini di Angostura

6 strisce di scorza di arancia

8 chiodi di garofano interi

un bastoncino di cannella

8 baccelli di cardamomo tritati

3 cucchiaini di uva passa

120 g di zucchero

In una casseruola riscaldare a fuoco lento, senza portare a ebollizione, i vini, l’Angostura, il vermouth, la scorza di arancia, i chiodi di garofano, la cannella e il cardamomo. Lasciare riposare con il coperchio finché il liquido si è raffreddato, dopo di ché filtrarlo.

Prima di servire, porre di nuovo la casseruola sul fuoco gentile a e aggiungere l’uva passa e lo zucchero finché si scioglie.

Pierre Bonnard e il pensiero interiore della realtà

Se l’arte moderna vi piace; e in modo particolare vi piacciono la pittura e l’atmosfera francese a cavallo tra il XIX e XX secolo. Se vi appassionano le scelte coraggiose dei pittori che ruppero con l’accademia e con l’arte più tradizionale, per cercare attraverso una nuova tavolozza di colori puri, vivaci  e accesi nuove immagini che raggiungessero una perfetta armonia di composizione, in maniera tale da tenere conto non tanto di  ciò che si vede ma di ciò che si sente. Se vi interessa  una pittura che possa esprimere il pensiero interiore della realtà.

È allora il caso di non perdere la mostra in corso di Pierre Bonnard alla Fondazione Bayeler  a Basilea (29 gennaio-13maggio).

Pierre Bonnard è il fondatore (assieme agli amici Vuillard, Roussel e Vallotton)  del gruppo dei Nabis, un movimento di giovani artisti seguaci delle teorie simboliste-sintetiche di Paul  Gauguin.  Nei dipinti di Bonnard troverete una sapiente sintesi di linee e colori. Visitando la mostra,  scoprirete l’interesse dell’artista per la grafica giapponese, per gli arabeschi ingegnosi, per le linee sinuose, nonché la sua predilezione per ambientazioni intimiste dove i nudi femminili vengono rappresentati con grande tenerezza nella propria riservatezza, cogliendone tutte le sfumature dell’anima.

Per maggiori informazioni potete consultare il sito della Fondazione Bayeler

Cane o gatto?

Coloro che non posseggono un animale domestico non capiranno il perché di questo post… per tutti gli altri possiamo affermare che il mondo si divide i cinofili e gattofili (forse il termine non é corretto, ma rende perfettamente l’idea).

Il cane pensa che tu sia dio dal momento che gli dai da mangiare, lo accudisci e gli apri la porta la mattina presto per farlo uscire… comportamento gregario, che indubbiamente accresce l’autostima.

Il gatto, al contrario, pensa di essere dio perché gli dai da mangiare, lo accudisci e gli apri la porta alla mattina presto per farlo uscire… è un ottimo “compagno” di vita, autonomo e riservato.

È una questione di punti di vista!

Cosa porta dunque una persona sana di mente ad adottare un cane o un gatto? Molti risponderanno che, essendo cani e gatti animali da compagnia, si tratta proprio di questo, o meglio della mancanza di compagnia, la temuta solitudine.

Altri, quelli che stanno sempre “dalla parte dell’animale”, parleranno di egocentrismo umano e esercizio di potere; altri ancora di masochismo allo stato puro (si sa, soprattutto per noi nomadi gli animali sono un peso).

Ma allora cosa spinge a sacrificare tempo, denaro, affetto per quello che per 15 giorni sarà un delizioso batuffolo peloso, ma che nel giro di qualche tempo, non solo avrà demolito a pezzi la vostra casa, ma si prenderà anche la parte migliore del vostro divano?

Lo sanno i padroni di lungo corso… uno sguardo cisposo carico di amore allo stato puro o una zampatina discreta quando è l’ora di pranzo… tutto qui, a ricordarti che, comunque sia andata la giornata, qualunque cosa sia successa, a casa c’è qualcuno che fedelmente ti aspetta e che senza di te sarebbe perso e ciò lenisce le nostre insicurezze e  i dolori (la pet therapy lo insegna)

Buona giornata!

Melanzane alla parmigiana di nonna Anna

“Le melanzane al forno una vera festa: quelle meraviglie purpuree a forma di globo, paffute, allegre e generose come nababbi arabi ardenti dal desiderio di riempirci lo stomaco, così belle e mi veniva da piangere (…)” Così pensa Henry  davanti alla vecchia madre  abruzzese che vive a San Elmo in Colorado nel romanzo di Jhon Fante La confraternita dell’uva (Einaudi, ristampa del 2004, p.67).

Queste parole rievocano il profumo che ci portiamo dietro lasciando l’Italia. Il cibo, le nostre tradizioni culinarie sono sempre presenti  ci seguono come una scia che affiora in molte occasioni. Quel profumo  è senz’altro, per il mantenimento della nostra salute, la miglior aromaterapia.

E a proposito di sapori e profumi ecco la ricetta delle melanzane alla parmigiana delizia che Campania e Sicilia si litigano nella versione di nonna Anna, originaria di Salerno.

Prima di iniziare qualche breve curiosità sul nome, che, contrariamente a quanto può sembrare, non deriva da Parma, né dal formaggio Parmigiano che abbonda nella ricetta. Sembra infatti che esso possa piuttosto derivare dal termine siciliano parmiciana che designa le listarelle che compongono le persiane e che possono ricordare la sistemazione delle melanzane nella teglia, ma molto più probabilmente è figlio di un termine turco che significa melanzana (patlican storpiato in padmigian… del resto la parmigiana di melanzane non è cugina della mussaka?)

Ingredienti

4 melanzane (meglio quelle lunghe e sottili con la buccia scura), 3 uova, farina, 500 g di sugo di pomodoro leggero (un classico sughetto al basilico andrà benissimo), abbondante Parmigiano Reggiano grattugiato, una confezione di mozzarella per pizza, sale e pepe quanto basta, olio per friggere, basilico.

Innanzitutto è necessario far “sudare” le melanzane tagliandole a strisce spesse mezzo centimetro e ricoprendole con sale grosso. Dopo mezz’ora sciacquare le melanzane e strizzarle (questo procedimento serve a togliere il sapore amaro che possono avere). Passarle prima nella farina poi nell’uovo sbattuto con un pizzico di sale e pepe e poi ancora nella farina (un po’ complicato, ma fattibile) e friggerle in abbondante olio bollente.

Una volta fritte tutte le melanzane sistemarle a strati in una teglia nel seguente modo: in fondo uno strato di sughetto di pomodoro, primo strato di melanzane, sughetto di pomodoro, mozzarella tagliata a fettine sottili, abbondante spolverata di parmigianoe poi di nuovo da capo, sughetto-melanzane, mozzarella, Parmigiano Reggiano finché non esaurirete gli ingredienti.

20 minuti nel forno a 180°, finché la mozzarella si scioglie e il formaggio diventa dorato ed é fatta! Meglio servirla calda… ma il giorno dopo è ancora più buona!

Provate la stessa ricetta sostituendo le zucchine alle melanzane… vi si aprirà un mondo!

BUON APPETITO

In porta c’ero io, un libro di Pedro Lenz

Pensando alla lingua come esperimento, come invenzione, vorremmo consigliare un romanzo di un autore svizzero Pedro Lenz con il suo ultimo libro In porta c’ero io (Gabriele Capelli Editore, Mendrisio)  vincitore del Premio Schiller 2011.

Il libro, cosa rara e inusuale, è stato scritto in svizzero tedesco, una lingua che non viene normalmente usata per scrivere, ma è usata solo come lingua parlata.

L’autore in un’intervista ha spiegato bene che questa scelta dell’uso del dialetto non nasce per voler appoggiare  posizioni isolazioniste della Svizzera, ma perché con esso sentiva di cogliere la lingua nella sua accezione più viva e quotidiana.

La storia, ambientata negli anni Ottanta, racconta di un ex tossicodipendente che ritorna nel proprio paese vicno a Berna dopo aver scontato un anno nel carcere di Witzwil.

Il Tempo, il Transito e ciò che ne consegue

Ponete il caso, che siate una di quelle persone che per quanto amino il rigore, il metodo e la concretezza, non disdegnino  l’attimo di follia. Quello che  permette di fare il salto, con l’allegra e meravigliosa consapevolezza  che “si, ce la faccio”, e ti rendi conto, che in fondo,  era proprio così.

Ponete il caso, che per motivi magari non proprio totalmente  dipendenti  da voi, siate costretti a cambiare il ritmo del vostro tempo, e a ritrovarvi di colpo ad avere un po’ più di tempo, o semplicemente a poterlo ripartire in modo diverso.

Tempo – tic, tac –   non piu’ il tempo regalato al tram, al semaforo, alle code, alle mense, ma il tempo salvato per regalare alla mente lo spazio per fare collegamenti, bilanci e riflessioni.

Questi sono alcuni degli ingredienti che combinati, amalgamati e mescolati nelle giuste dosi, sono la migliore preparazione di base per chi è “in transito”.

E a proposito di collegamenti e riflessioni, così ad esempio, il giovane giallista e chimico Marco Malvaldi ci lascia una sua bellissima riflessione sull’analogia tra letteratura e chimica, tra il mestiere di scrittore e quello di chimico. Forse potevamo averla già dedotta dall’insigne esempio di  Primo Levi, ma sicuramente con questa sua  riflessione, Malvaldi ci fa venire voglia di leggere i suoi gialli.

Ci si rende conto, che per quanto dei mondi possano sembrare lontani, transitare dall’uno all’altro puo’ essere un attimo; e soprattutto, si rimane ammirati da come,  in quello spazio che ci porta da un approdo ad un altro, saperi ed emozioni si possano combinare tanto inaspettatamente quanto pregevolmente.

Continuando a riflettere sulle combinazioni, dall’approdo della chimica-fisica  si transita verso quello della gastronomia,  per arrivare alla formulazione di quella Gastronomia Molecolare –  solo apparentemente bizzarra combinazione –  che tanto ha acchiappato  scienziati e chef,  da farne addirittura una disciplina.

E così, combinazioni felici possono essere il risultato di transiti arditi ma talvolta necessari, e  che siano tra terre o tra saperi, poco importa. È certo, che  essi sono compiuti da chi, per natura o per contingenza, accetta di guardare ad approdi diversi, permettendo al tempo di cambiare il suo ritmo e ciò che ne consegue.

Prove pubbliche di Glory, una nuova produzione della Compagnia di Ballo del Grand Théâtre de Genève

Sabato 28 Gennaio 2012 alle 11, un grande avvenimento per gli appassionati di balletto.

Nella meravigliosa cornice del BFM (Bâtiment des Forces Motrices, places des Volontaires 2, Geneve) avrete l’occasione di assistere gratuitamente all’interpretazione di un grande maestro della musica barocca da parte di un audace e visionario coreografo. La Compagnia di Ballo del Grand Théâtre de Genève, infatti, offrirà una prova pubblica della nuova produzione del coreografo e ballerino Adonis Foniadakis su musiche di Hendel, Glory, la cui prima mondiale è prevista per il 4 febbraio prossimo proprio al Grand Théâtre di Ginevra.

 

Jean-Jacques Rousseau e Ginevra

 

 

Per tutto il 2012 Ginevra celebra il trecentesimo anniversario della nascita di  Jean-Jacques Rousseau (Ginevra 1712- Ermenonville, presso Senlis 1778). Il celebre filosofo pedagogista (di cui si ricorda tra gli altri suoi libri il Contratto sociale e il trattato di pedagogia Emilio o dell’educazione) .

Verranno organizzati per l’occasione, passeggiate letterarie in città, dibattiti politici, una festa in costume dell’epoca di Rousseau, uno spettacolo multimediale intitolato L’Ombre des Lumieres, opere liriche e teatrali di grande suggestione tra cui uno spettacolo sulla sua vita che il Grand Theatre de Geneva presenterà il prossimo settembre.

Per l’occasione la città di Ginevra restaurerà anche la statua del filosofo creata nel 1835 dallo scultore neoclassico James Pradier collocata sulla piccola isola di Rousseau sul fiume Rodano.

Per saperne di più  Un anno con Jean Jacques Rousseau

Do you speak italian?

Un pensiero sulla lingua, dolore e tormento per noi italiani all’estero. Non parliamo certo per tutti, ma il pensiero è rivolto a chi la lingua straniera a scuola l’ha studiata più come letteratura, che come occasione di scambio e di parlata e ora prova l’affanno di vivere all’estero.

“Una lingua riflette sempre la cultura del popolo che la parla, il suo modo di leggere il mondo” sostiene Paolo Albani che, insieme a Berlighiero Buonarroti, ha scritto e ristampato nel 2011 il dizionario delle lingue immaginarie Zanichelli,  intitolato  Aga Magéra Difura (il titolo ripreso da  una poesia scritta in una lingua inventata da Tommaso Landolfi nel 1935) . Un dizionario di parole inventate dedicato a chi sa immaginarsi una lingua tutta nuova, la più famosa in questo campo rimane l’esperanto.

In Svizzera romanda la lingua è il francese, ma chi vive tra Ginevra e Losanna rimarrà sorpreso di come ormai la vita è fatta di un miscuglio di lingue da tutto il mondo. La prima cosa da imparare appena si arriva è che per iniziare qualsiasi discorso occorra sempre partire dalla parola “bounjour”, sarà inutile qualsiasi altro surrogato come “Salve” o il più timido “Mi scusi”, perché non sarà visto di buon occhio, o sarebbe meglio dire non viene sentito di buon orecchio.

Intanto per chi non ha ancora inventato una nuova lingua e fa fatica con quella del posto abbiamo deciso di aderire  alla bella proposta  dell’Istituto Dante Alighieri,  invitando tutti gli italiani a pensare e salvare alcune parole in disuso della nostra lingua.

Abbiamo trovato che personaggi come Dario Fo (con GIBIGIANNA), Matteo Renzi (con PROPINARE), Giuliano Pisapia (con DIRIMERE) hanno già dato il loro contributo alla salvezza di parole italiane in disuso.

La nostra parola da salvare è COMPAGNONE: di colui che mangia lo stesso pane.