Chiacchiere del lunedì

Biblioteca San Giorgio, Pistoia
Biblioteca San Giorgio, Pistoia

imagesDobbiamo credere nel valore delle opere pubbliche, quelle pensate per tutti e aperte a tutti. Dobbiamo batterci per averle ma anche per custodirle e proteggerle. Torno dalla visita a una biblioteca bellissima, pensata così bene per i cittadini della mia città – Pistoia – da diventare la loro agorà. Si tratta della biblioteca San Giorgio, inaugurata nel 2007 progettata dall’architetto Massimo Pica Ciamarra: è nata dalle ceneri di un vecchio insediamento industriale ed è un posto per riempirsi la mente. Dentro si vivono esperienza di tutti i tipi: vi si può andare per leggere o per consultare un libro, ma anche per vedere un film, una mostra o semplicemente per studiare assieme. C’è anche una grande e luminosa biblioteca per i più piccoli.

attività dentro la biblioteca di San Giorgio Pistoia
attività dentro la biblioteca di San Giorgio Pistoia

Al pomeriggio, quando bambini e ragazzi escono da scuola, molti genitori trovano lì rifugio, accanto ai figli. Gli adolescenti, poi, lo hanno trasformato nel loro luogo. Dentro ci sono un bar e una libreria. Anche il luogo scelto è perfetto: vicino al centro e alla stazione dei treni, così che tutti possano arrivarci facilmente.

La mia città ha scelto un orientamento democratico alle cultura: e ha funzionato. E così ieri, mentre mi godevo lo spettacolo di una comunità che fruisce di un luogo così bello, ho visto persone anziane che il martedì si offrono di spiegare il gioco degli scacchi, babbi single con bambini a leggere storie, tante giovani madri coi loro bambini, ragazzetti dai capelli colorati che studiavano al bar con gli amici. Ma ho anche visto uno staff di persone che ci lavorano e che sentono quel luogo come casa propria, dedicandogli amore e rispetto.

Questa è la rotta, in materia di cultura e spazi per poterne fruire.

Buon lunedì

Lingua madre (o matrigna?)

Lo abbiamo già scritto in un post di qualche tempo fa… ci piace che al Politecnico di Milano la lingua inglese non sarà più solo materia di studio, ma diventerà lingua di insegnamento e apprendimento, questo per fare fronte alla competizione globale, per attirare nuovi studenti dall’estero (soprattutto dal «far east»), per rimanere al passo con i tempi, per essere pronti e capaci di lavorare in un contesto internazionale.

La BBC, in un recentissimo articolo del sito on line, afferma che l’inglese, essendo già la lingua universalmente utilizzata nel mondo degli affari, diventerà una sorta di nuova Koiné anche per l’educazione, la ricerca e lo studio, sottolineando però quanto ciò rappresenti un pericolo per le varie lingue, culture e tradizioni regionali. Tutti noi sappiamo bene quanto questa realtà sia molto più vicina di quanto si possa immaginare (se facciamo attenzione, infatti,  in qualche film di fantascienza di ultima generazione spesso anche gli alieni capiscono e parlano perfettamente l’inglese!) e quanto il pericolo dell’essere fagocitati da una lingua, ma soprattutto da una cultura che non ci appartiene e che sotto alcuni aspetti é lontana da noi mille miglia, sia effettivamente reale.

Nel nostro piccolo, allora, siamo corse ai ripari…

Un’amica, valida, preparata ed entusiasta insegnante di italiano (!) in una scuola internazionale, ci ha chiesto di dare una mano ai suoi studenti suggerendo loro articoli, libri, siti web, che li possano aiutare nella loro ricerca su un aspetto particolare della società o della cultura italiana. Ci ha invitate a parlare con i ragazzi e noi ci siamo sentite onorate non solo di dare una mano concreta, ma soprattutto di avere l’opportunità di far conoscere meglio la nostra cultura e le nostre tradizioni,  facendone apprezzare tutti gli aspetti positivi, di cui siamo fiere. I ragazzi che abbiamo incontrato ci sono sembrati non semplicemente interessati, ma avidi di informazioni e ricchi di domande, segno che l’Italia riesce ancora a stimolare l’interesse di molti!

Sarà necessario sfatare miti (la pizza infatti non può essere considerata «vegetale»), presentare il meglio di noi (visto che il peggio lo potranno tranquillamente leggere sulle news) e il meglio di una storia di secoli, anzi no, di millenni, sulla quale è stata costruita gran parte della tradizione occidentale, senza dimenticare che fino al Rinascimento e oltre siamo stati i più grandi esportatori di cultura e che, fra il XV e il XVII secolo, si parlava italiano in tutte le corti europee.

Ora basta, sono stata sufficientemente nostalgica, ma ritengo necessario che le nuove generazioni, soprattutto quelle «straniere» tecnologiche, inetrnaute, incredibilmente pronte e capaci abbiano la possibilità di fermarsi a capire e ad apprezzare un intero sistema formato da valori, cultura, tradizioni e lingua che é parte di ognuno di noi.

La nostra stessa esperienza di italiani all’estero ci insegna che è possibile conciliare  le due dimensioni: quella della lingua materna (materna non solo perché é quella di cui le nostre madri ci hanno nutriti, insieme al latte, fin da piccolissimi, ma soprattutto perché attraverso di essa abbiamo assimilato un’identità precisa e incancellabile) e quella della lingua acquisita, sempre più spesso l’inglese, che ci nutre in un altro modo, consentendoci di sentirci cittadini del mondo in grado di comunicare, interagire e cercare di comprendere quegli “altri”, che solo attraverso la possibilità di dialogo, non fanno più paura.