Cari figli

savinio
Alberto Savinio, Figliol Prodigo, 1932

L’argomento di cui in Italia ho sentito parlare maggiormente: i giovani; sembrano davvero essere al centro dell’attenzione nel nostro paese.  Oltre a questo, durante le vacanze natalizie, mi sono imbattuta più di una volta sul tema dei figli. La lingua batte dove il dente duole, direte voi, hai tre ragazze adolescenti e dunque è naturale che tu sia attratta da queste tematiche.

Oltre a tutto, appena messo piede in Italia, mi è stato consigliato di leggere un libro di Michele Serra, dal titolo “Gli sdraiati”. Nel comprarlo, ho scoperto che il libro è andato a ruba, che è un libro spassoso per chi ha figli adolescenti e, ahimè, confesso di aver trovato non poche affinità con il padre scrittore.

Mueck
Ron Mueck,1999

Ma, credetemi, sembra che tutti parlino dei figli o comunque dei giovani! L’Espresso di questa settimana addirittura apre il 2014 con 14 lettere d’autore scritte ai propri figli. Troverete tra gli altri, la lettera di Umberto Eco, che raccomanda al proprio nipote di mantenere sempre allenata la memoria imparando le poesie o la formazione dei calciatori. Salvatore Accardo, invece, incita le figlie gemelle a sentire la musica che vogliono, ma a condizione di conoscerla. Infine vi è la lettera dell’astronauta Luca Parmitano che ha ricordato quanto sia bello il mondo e sia prezioso il futuro.

Non so dire se oggi i figli siano più lontani dai genitori di quanto lo fossimo noi, o se come immagina Michele Serra “stiamo assistendo ad una separazione definitiva tra il passato e il futuro degli umani”, ma ricordo perfettamente che per un bel po’ di tempo i fatti dei miei genitori erano l’ultimo dei miei interessi; il dialogo con loro si esprimeva sempre a senso unico e si riduceva a ciò che dovevo fare e come farlo. Mi piaceva sentirmi diversa da loro e quasi ne facevo un vanto.

Oggi questo rapporto genitori e figli è davvero così cambiato? Sono dei marziani i nostri ragazzi, oppure la novità è tutta nella nostra generazione, con genitori eternamente giovani, fragili e poco disposti a mettersi da parte e ascoltare.

Carissime figlie,

di cose da insegnarvi, vostro padre ed io, ne abbiamo avute tante. Se penso che non moltissimo tempo fa facevate i primi passi e che oggi prendete l’aereo da sole, mi faccio un’idea di quanta strada abbiate fatto coi vostri genitori. Ora però è arrivato per noi il tempo del silenzio e, come premio per il nostro impegno, ci godiamo adesso il privilegio di essere spettatori attenti, in prima fila, delle scoperte che la vita vi riserverà. Buon viaggio.

Voglio aggiungere anche io un pensierino di inizio anno dedicato ai figli.

Carissimi ragazzi,

voglio iniziare quest’anno dicendovi due parole importanti: “scusa” e “grazie” che a volte mancano dal nostro vocabolario, per distrazione, arroganza, per l’assurda presunzione di avere sempre ragione, o semplicemente perché ce ne dimentichiamo. Scusate dunque la nostra inadeguatezza (spesso “ci proviamo” ma non ci arriviamo!), le troppe parole, le ansie che non siamo capaci di reprimere. Grazie per tante piccole cose che messe insieme fanno un mondo (la gioia di vivere, la sicurezza del vostro amore, il desiderio di imparare). Grazie che vi affidate a noi, che ci ascoltate ancora, anche se non sembra, e che avete assorbito qualcosa da questi vecchi genitori. Continuate, come io e papà vi abbiamo insegnato, riempitevi gli occhi e il cuore, non abbiate paura, avrete una vita bellissima…

Chiacchiere del lunedì

Prova mafalde

Tahar_Ben_JellounLa crisi è colpa degli stranieri?

Noi che siamo stranieri in un paese che ci ospita siamo sensibili a parole quali identità,  appartenenza, integrazione, diversità e rifiuto. E così mi ha colpito in modo particolare un articolo di Tahar Ben Jelloun, uscito su l’Espresso del 10 gennaio scorso, in cui si metteva in luce come una delle più pericolose conseguenze della crisi economica in Europa sia un rinnovato vigore razzista, che affonda le sue idee nel  disprezzo per gli immigrati irregolari, ma anche  per tutti quei cittadini che sono figli di genitori stranieri.

Temo che il pregiudizio sia figlio dell’ignoranza! La paura dell’altro va di pari passo con la paura del cambiamento, il pericolo che alcuni perdono di poter perdere qualcosa faticosamente conquistato. Finché non ci sarà spazio per la tolleranza non sarà possibile raddrizzare le cose e la tolleranza si acquisisce con la volontà di comprendere. Comprendere altre culture, altre idee, altre religioni con occhio sereno.

A dire la verità, è così. Questo disprezzo non è neanche così subdolo e nascosto: anzi sempre più si manifesta alla luce del sole.  A chi non è capitato negli ultimi tempi di subire o dover ribattere a una battuta di troppo contro le minoranze straniere? Eppure è sempre più consistente il numero di persone che vivono a cavallo di culture diverse. In modo particolare, mi tocca da vicino la vita dei  figli dei genitori stranieri e quanto sia delicata per essi la questione dell’identità.  Queste persone si trovano una doppia sfida:  assimilare e comprendere la cultura dei propri  genitori, ma anche vivere a pieno quella del paese in cui vivono. Un sfida resa ancor più difficile se devono affrontare la disonestà intellettuale  e la stolta arroganza di persone razziste.

Sono fiduciosa nelle capacità delle nuove generazioni. Ad esempio i nostri figli così esposti, così apparentemente fragili, in realtà si stanno preparando ad un mondo nuovo, in cui l’altro, il diverso, non fa più paura. 

C’è un modo per proteggere questo  nuovo cittadino che rappresenta  la fusione tra il suo passato e il suo presente?

No, non credo che esista! Però lasciamo loro le ali per volare alti!