Note e colori

Jaquet-Droz Pendule automate aux oiseaux chanteurs dans une cage accaompagnés de six mélodies (ca. 1785)
Jaquet-Droz Pendule automate aux oiseaux chanteurs dans une cage accaompagnés de six mélodies (ca. 1785)

Tra arte visibile e arte udibile intercorre una connessione sinestetica? Cioè possono le percezioni provenienti da due sensi (l’udito e la vista) mescolarsi? Può uno stimolo uditivo, il suono, provocare una reazione chiara e delineata di un altro senso, la vista?

Mozart ad esempio vedeva nella musica, in ogni singola nota, colori differenti.

Kandinsky da parte sua voleva “rendere visibile l’invisibile” rinnovando l’arte in modo che divenisse pura fusione sensoriale esplorando la relazione esistente fra suono e colore. Egli giunse a usare termini musicali per descrivere le proprie opere e le definì “composizioni” e “improvvisazioni ” in cui il suono veniva fissato sulla tela attraverso il colore.

La mostra promossa dalla Fondazione Prada, Art or Sound che si aprirà il 7 di giugno a Venezia a Palazzo Correr, può aiutare, se non a rispondere a quegli interrogativi, a trovare una via per comprendere il rapporto che intercorre fra  arte visibile e udibile.

“Concepita come un’indagine attraverso il passato e il nostro presente, Art or Sound ha l’obiettivo di analizzare lo sviluppo di un dialogo produttivo e articolato. Affronta le problematiche del rapporto tra arte e suono e degli aspetti iconici dello strumento musicale, nonché del ruolo dell’artista musicista e degli ambiti in cui arti visive e musica si sono incontrate e confuse… Il progetto analizza lo sconfinamento tra produzioni artistiche e sonore, tra musica e arti visive, con l’idea di  evidenziarne il costante scambio, senza ricercare inutili classificazioni” (Repubblica online, 10 marzo 2014).

Il percorso espositivo partirà dal Seicento per giungere ai giorni nostri attraverso gli strumenti musicali creati con materiali impropri o preziosi, per passare alle scatole musicali, ai dispositivi con suoni e luci dell’Ottocento, agli Intonarumori di Luigi Russolo

L’ultima parte della mostra sarà dedicata alle ricerche recenti per le quali sono presenti artisti come Christian Marclay, Janet Cardiff, Martin Creed e Doug Aitken, Anri Sala, Athanasios Argianas, Haroon Mirza, Ruth Ewan e Maywa Denki.

Quando Kylie Minogue non ti lascia in pace!

Qui si parla troppo poco di musica! Allora ho pensato di iniziare con qualcosa di semplice!

Cosa ne pensate del motivetto che si installa nella testa perseguitandovi e che più tentate di scacciare più diventa noioso ed infestante? Vi sforzate di non sentirlo, fate finta di niente e proprio quando credete di averlo dimenticato, eccolo che ricompare con più vigore di prima. Inevitabilmente si tratta della strofa più cretina della più insipida canzonetta ascoltata alla radio (mai il Requiem di Mozart o la Nona di Beethoven, e tutto sommato è meglio così, pensate al turbinio di strumenti nel cervello!) il problema è che resta ficcata in testa per ore se non per giorni (un medico indiano ha curato senza successo un giovane uomo che per 5 anni ha “subito” una canzone indiana che faceva parte di una colonna sonora di un film di Bollywood, che suonava nel suo cervello in spezzoni che andavano dai 2/3 minuti ai 45!!!).

Ebbene in lingua inglese questa chicca si chiama earworm e senza arrivare ai casi limite, come quello citato, che sono lo specchio di disordini psichici di una certa rilevanza, ognuno di noi almeno una volta nella vita ha provato questa sensazione (quante volte abbiamo esclamato spazientiti: “è da stamattina che mi è rimasta in testa sta canzone!”)

Naturalmente il fenomeno è stato ampiamente studiato e discusso. Una ricerca del Dartmouth College, in New Hampshire del 2006 dava addirittura una classifica dei Top 10 earworms (1. Kylie Minogue, Can’t Get You Out of My Head; 2. James Blunt, You’re Beautiful; 3. Baha Men, Who Let the Dogs Out; 4. Mission Impossible theme; 5. Village People, YMCA; 6. Happy Days theme; 7. Corinne Bailey Rae, Put Your Records On; 8. Suzanne Vega, Tom’s Diner; 9. Tight Fit, The Lion Sleeps Tonight; 10. Tiffany, I Think We’re Alone Now, se volete farvi del male potete ascoltarle tutte in rapida successione!). Più recente è la ricerca della Goldsmiths University di Londra, che, dopo aver raccolto un database di ben 5000 (!) eraworms ha smentito la possibilità di farne una classifica, ma ha stabilito la connessione fra un certo tipo di canzone (semplice e ripetitiva) e il fastidioso fenomeno.

Nel libro Musicofilia (ed. Adelphi) Oliver Sacks afferma che questi motivetti infestanti sono frutto della forte sensibilità del nostro cervello alla musica. La musica infatti, tutta quella ascoltata, scava nel profondo di esso solchi indelebili e basta un aggancio, anche vago, rappresentato da un verso o da un particolare giro di note a far scattare una sorta di giradischi mentale che segue i solchi già tracciati da altri motivi nel tempo. Un po’ come accade con la sensazione del dejà vu che alcuni studiosi giustificano con l’utilizzo da parte del cervello di chiavi già usate in altre circostanze che fanno scattare la serratura di ricordi antichi sedimentati nella mente facendoli in qualche modo rivivere involontariamente (il già vissuto)…

Dopo aver parlato di cosa sono gli earworms, passiamo ad esaminare come scacciarli. Esistono diverse teorie: cantare e ricantare il motivetto fastidioso fino allo sfinimento o provare con il rimedio del “chiodo scaccia chiodo”, concentrandosi, ad esempio, su James Blunt per scacciare Kylie Minogue (se poi si installa lei sono tutti affari vostri!). O ancora meglio, poiché l’earworms “infetta” quella parte del cervello che si chiama orecchio interiore deputata a ricordare numeri di telefono, di conto corrente, combinazioni  e passwords, provate a dedicarvi al ripasso integrale e totale dei numeri e dei codici che irrompono giornalmente nella vostra vita, probabilmente perderete il senno, ma il cervello così distratto forse dimenticherà il fastidioso baco!