Sto faticosamente leggendo un libro di quelli che possono essere definiti “difficili”, bellissimo e straziante allo stesso tempo, a metà fra il saggio scientifico e l’opera letteraria. Innanzitutto qualche parola sul suo autore, Eugenio Borgna, definito il più grande psichiatra italiano, colui che nelle sue opere ha indagato l’intero ventaglio delle emozioni umane dalla nostalgia ai sentimenti di colpa, dall’inquietudine e dalla disperazione, all’ansia e ai rimpianti, dalle attese e dalle speranze, alla gioia e alla solitudine.
Il tema di questa sua nuova fatica è la follia, indagata non in senso clinico ma come presenza ineluttabile nella vita di ognuno di noi. Di armonia risuona e di follia infatti si riferisce proprio alla nostra vita che quando è colpita inevitabilmente dal dolore e dalla sofferenza diviene follia. Tale follia non è destinata a divenire patologica ma può squarciare il velo della cosiddetta “normalità” e preludere addirittura alla creazione artistica. Il tentativo dell’autore è “di cogliere le radici umane della follia, che rifiuta le razionalizzazioni spietate per cui solo la cruda calcolante ragione cartesiana può confrontarsi con il senso della vita e tiene invece conto della crepuscolare legge pascaliana che allude alla presenza del dolore come una fatale compagna del nostro cammino”. La follia dunque come esperienza ineliminabile della vita, che comunque in tempi quali i nostri si cerca di normalizzare più rapidamente possibile.
Una parte importante del libro è dedicata all’influenza che la follia così interpretata svolge “sulla immaginazione creatrice di persone geniali”, l’autore si concentra infatti sulla “dimensione creativa della sofferenza psichica” e sulla possibile connessione dell’esperienza artistica con questo tipo di stato d’animo. Dall’altra parte Borgna afferma: “Le opere d’arte aiutano la psichiatria a conoscere meglio gli sconfinati orizzonti delle emozioni, e delle loro forme di espressione, che nei volti e nei gesti, nei paesaggi dell’anima, si condensano, e si fondono, in arcobaleni impensabili ai linguaggi e ai modi di guardare della psichiatria clinica. Ogni radicale creazione artistica si fa mediatrice, e generatrice, di risonanze emozionali che la vita di ogni giorno tende a rimuovere, e che dilatano vertiginosamente i confini della nostra anima. Ci immergiamo così in relazioni palpitanti di vita con quelle che sono state le emozioni, e l’immaginazione, degli autori delle opere d’arte; partecipando del loro dolore e della loro tristezza, della loro angoscia e della loro inquietudine, della loro gioia e della loro speranza”.
Dunque la scintilla della follia, come risultante del dolore che è inevitabilmente presente accanto a noi, fa parte del nostro essere e come avverte l’autore: “Solo se si seguono sentieri diversi da quelli abituali è possibile guardare alla follia con occhi rinnovati dalla esperienza mai finita del dolore, dalle letture dei testi non solo psicopatologici ma poetici e filosofici, dalle intuizioni improvvisamente riemergenti della vita dal mettere fra parentesi ideologie, e tradizionali modi di pensare”.
Un avvertimento per non avere paura delle nostre fragilità…
Un altro pezzo di storia che se ne va! Il luogo: ancora Berlino. Ieri in mezzo alle proteste di centinaia di berlinesi infatti sono stati rimossi in nome della riqualificazione edilizia larghi tratti di quello storico muro che è conosciuto con il nome di East Side Gallery. Situato sulle rive del fiume Sprea, la East Side Gallery è il più lungo tratto restante del famoso muro, e misura 1,3 km. È diventato uno dei monumenti più visitati della città da quando artisti di fama internazionale (si contano ben 120 nomi) avevano cominciato a ricoprire tutte le superfici con graffiti divenuti icone di un periodo storico.
Spesso irriverenti tali opere sono diventate simbolo ed espressione di libertà come quella famosissima che blocca in un voluttuoso bacio i leader tedesco Erich Honecker e il sovietico Leonid Brezhnev.






