CHEAP FESTIVAL

Schermata 2015-04-29 alle 07.45.37È abbastanza difficile definire esattamente cosa sia CHEAP, poiché è un soggetto ricco di sfaccettature diverse

Si tratta di una associazione di Bologna il cui scopo principale è promuovere la Street Art come “strumento di rigenerazione urbana e indagine del territorio”. Per fare ciò ogni anno dal 2013 a Bologna viene organizzato un festival di street art “che prevede un’open call internazionale e una selezione di ospiti chiamati a lavorare su progetti site specific, modulati sul paesaggio urbano e periferico di Bologna”. CHEAP è soprattutto un progetto collettivo, in cui il contributo di quanti vi partecipano costruisce il Festival in ogni singolo spazio.

Quest’anno il festival si terrà dal primo al 10 maggio e come sempre scopo della rassegna sarà quello di intervenire “creativamente sulle periferie cittadine, coinvolgendo le Amministrazioni locali nella ricerca di spazi di proprietà collettiva che diventano così la base d’intervento per la realizzazione di progetti site specific ad opera di street artist italiani e internazionali invitati direttamente dall’Organizzazione del festival”.

Oltre agli street artist veri e propri il festival coinvolge una serie di altri autori quali fotografi, illustratori e grafici, che avranno l’opportunità di cimentarsi “con una forma d’arte che coinvolge in effetti diversi linguaggi espressivi, trovando poi nel contesto urbano la sua naturale collocazione”

“Gli organizzatori hanno scelto di utilizzare gli spazi affissivi in disuso del comune. Portando avanti quindi uno dei cardini tematici del festival, ovvero la reinterpretazione e la riqualificazione della iconiche bacheche sparse per tutta la città (Bologna). Questo particolare approccio, come ribadito più volte, si pone come ideale stimolo per sfruttare da una parte tutta la potenzialità comunicativa di questi spazi pubblicitari, sviluppando un dialogo forte e sfaccettato con i passanti, dall’altra stimola la rinascita visiva di superfici altrimenti abbandonate al loro destino che tornano quindi, attraverso il lavoro di artisti di spessore, a nuova vita”

Tacheles di Berlino

Vi raccontiamo oggi la storia del Tacheles (da una parola yiddish che significa “parlare chiaro”) di Berlino, centro sociale, galleria d’arte autogestita e rifugio di decine di artisti fin dalla caduta del muro di Berlino, luogo in cui fino ad oggi trovavano posto circa trenta di atelier, un cinema, un teatro e un ristorante dove un’ottantina di artisti di diverse nazionalità hanno liberamente creato ed esposto le proprie opere d’arte, esso è stato anche set per il film Goodbye Lenin. Il Tacheles richiama ogni anno circa cinquecentomila visitatori.

L’edificio di cinque piani in stile neo classico con elementi neo gotici, che occupa una superficie di 1250 mq, fin dai tempi della sua costruzione, ha vissuto una storia difficile.

Nato come elegante centro commerciale nel 1909, dopo essere andato in bancarotta è stato utilizzato nei più svariati modi. Con il regime nazionalsocialista diventò un centro amministrativo e durante la seconda guerra mondiale, si racconta, che all’ultimo piano venissero eseguiti gli interrogatori dei prigionieri di guerra.

Alla fine del confitto il centro si trovò a far parte di Berlino Est e le autorità ne smantellarono alcuni pezzi, ma non lo ristrutturarono per mancanza di fondi.

Dopo la caduta del muro, l’edificio passò nelle mani del comune di Berlino e molti artisti ne fecero la loro casa, rendendolo, sebbene fatiscente, una vera e propria opera d’arte, e divenendo in breve tempo un baluardo dell’arte alternativa.

Il Tacheles è stato a più riprese dalle autorità di Berlino considerato un modo alternativo sì, ma comunque sano di riqualificazione urbana, e finora questo era bastato a salvarlo da suo destino. Una volta venduto però, dopo anni di lotta fra la proprietà e gli occupanti, oggi si è arrivati alla fine della vicenda con lo sgombero definitivo dell’edificio per fare posto ad un nuovo quartiere residenziale.

Gli artisti del Tacheles, sono stati costretti ad abbandonarlo non senza pronunciare però parole dure contro l’amministrazione pubblica e contro la proprietà.

Di questi artisti purtroppo ci resteranno solo le parole: “L’arte deve cambiare il mondo e il Tacheles lo ha fatto!”.