Vi ricordate il Mali?

MALI

Pochi giorni dopo l’attacco a Parigi, il terrorismo ha colpito anche in Mali, a Bamako. Anche in questo caso si è trattato di estremisti islamici. Pochi giorni appena, e una base della missione militare internazionale nel nord del paese è stata colpita da alcune granate. Sono solimgreso gli ultimi di una serie di attacchi che  da un anno colpiscono il Mali. Ma non c’era stato l’intervento francese, che aveva ricacciato nell’estremo nord le bande di terroristi e tagliagole che si erano impadroniti della ribellione Touareg per arrivare a minacciare persino la capitale? Si era nel 2013 e il lavoro dei soldati francesi era sembrato una cosa da manuale. imgresOggi, pero’, il Mali con la sua missione militare internazionale è di nuovo un luogo pericoloso e nel nord del paese si combatte a tutto campo: vi si confrontano estremisti islamici dediti al traffico di droga e di esseri umani, gruppi laici che vogliono lo stato Touareg, milizie filogovernativa che definire oscure è dire poco.E il brutto è che non si sa chi sta con chi e chi fa cosa.  C’è gente, sembra, che combatte addirittura per gruppi diversi, a fasi alterne, passando da un gruppo che lotta per lo stato islamico a un altro che combatte senza alcun obiettivo a carattere religioso. La verità è che il dialogo coi Touareg è fallito ancora prima di cominciare e soprattutto che le autorità di questo stato, nonostante nuove elezioni con tutta la fanfara del caso, si sono di nuovo dedicate all’arricchimento personale e allo sport della corruzione. Anni di non gestione dello stato, decadi di uso clientelare di ogni incarico pubblico, hanno reato un totale scollegamento di tanti giovani dal senso di appartenenza al paese.   

Il terrorismo va combattuto. Pero’ bisogna anche comprenderne le cause sociali, per eradicarlo nel lungo termine.

Parigi 13 novembre 2015

La rete piange per la FranciaChi non ha vissuto la tragedia in questi giorni? Chi non si è fatto prendere dallo sconforto profondo leggendo i giornali e guardando i notiziari? Chi non ha provato orrore per i fatti accaduti a Parigi? Chi non si è chiesto come reagire a questa marea di dolore che ci è piombata addosso e che non fa altro che mostrarci la nostra assoluta impotenza?

Bacone nel sedicesimo secolo diceva Tantum possumus quantum scimus,  che tradotto correttamente significa sapere è potere. Forse per uscire dall’impasse nella quale tanti di noi si trovano l’unica possibilità è cercare di capire quali sono le cause vicine e remote di questa assurda mattanza, per non cadere in sciocche quanto inutili generalizzazioni che non possono andare bene neppure davanti a un caffè al bar sport. Per comprendere, per saperne un po’ di più dal punto di vista storico e politico, ci viene incontro un articolo di Mario Giro, apparso ieri in Limes on line Parigi: il branco di lupi, lo Stato Islamico e quello che possiamo fare. Invito tutti a leggerlo e a meditarlo perché, come scrive Giro occorre mettere in campo tutta l’intelligenza, la lucidità e la calma possibili, al fine di capire ciò che sta accadendo per trovare le misure adeguate. È da irresponsabili mettersi a gridare o agitarsi senza criterio: occorre prima pensare e comprendere bene”.

Pensare e comprendere bene, il pericolo infatti è che “se ci limitiamo a perdere la testa, invocando vendetta senza capire il contesto, infilandoci senza riflessione sempre di più nel pantano mediorientale e utilizzando lo stesso linguaggio bellicoso dei terroristi, non facciamo niente di buono” anzi finiremmo per fare esattamente il gioco di coloro che hanno pianificato ed attuato gli attentati di Parigi.

Orrore in Kenya

Testa d'ostaggio,1945
Jean Fautrier, Testa d’ostaggio,1945

Dopo un week end di sangue che ha portato alla morte di tanti tanti civili indifesi in due differenti parti del mondo, oggi non ce la sentiamo di affrontare altri argomenti e lasciamo la parola a chi veramente conosce la situazione, almeno in Africa, per un aggiornamento di prima mano.

Un attentato terroristico, odioso e vigliacco come tutti gli atti di terrorismo, ha colpito il Kenya. Lo abbiamo visto tutti in televisione e su internet. L’attacco a un centro commerciale frequentato dalla comunità internazionale di Nairobi è un modo per colpire il Kenya, che è il centro logistico per il business e il turismo in Africa Orientale e che è intervenuto  militarmente in Somalia per riportare la pace. I terroristi sono infatti riconducibili all’organizzazione somala di al shabab, una delle più scellerate cellule della galassia di Al Quaeda. E adesso l’Africa è al centro delle strategie di Al Quaeda: è un continente con povertà e soldi al tempo stesso: gente disperata e risorse. Molti paesi presentano caratteristiche fisiche favorevoli a nascondersi: baraccopoli, deserti, montagne. Nel Sahel Al Quaeda si riorganizza: dopo l’intervento francese in Mali i suoi guerriglieri si stanno riorganizzando a cavallo di Mali, Libia, Algeria e Niger. In Africa Orientale c’e’ la Somalia, enorme hub che cerca adesso di espandersi nella regione. E il panorama è più vasto. Sarà mica che Al Quaeda ha scelto la via dell’Africa come hub per il proprio sviluppo. Avremo tanti Afghanistan in Africa? Per il momento il Kenya reagisce bene. Combatte, lotta. Ma una cosa è certa per le classi di governo africane: la lotta al terrorismo passa anche dallo sviluppo e dalla lotta alla povertà. Levare braccia al terrorismo, vuol dire eradicare la disperazione, la povertà estrema. Se non si comincia a portare lavoro in Africa e a gestire bene gli stati, ci troveremo davanti a una realtà inconcepibile.