Questo sì che è viaggiare

Robert Morris, Labinto, 1982
Robert Morris, Labinto, 1982

Vi sono luoghi che fanno parte del nostro immaginario, perché sin da piccoli li abbiamo sentiti rammentare in leggende e storie di ogni tipo. Non li abbiamo mai visitati perché non esistono, ma sono così parte della nostra geografia mentale da poterli agevolmente descrivere, o comunque da farci sobbalzare sulla sedia se, leggendo qualcosa, troviamo una parola su di essi.

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Quali sono? Presto detto. I luoghi mitici, come Atlantide, Iperborea o l’ultima Thule; quelli legati alle religioni (il paradiso terrestre o i luoghi della bibbia che, pur essendo reali, assumono contorni diversi e trasfigurati dalla fede); i luoghi da favola (come il paese di cuccagna). E ve ne sono molti altri. Ne parla un bel libro di Umberto Eco: Storia delle terre e dei luoghi leggendari. In comune hanno l’appartenenza a quel pianeta invisibile che si trova nelle varie credenze dell’umanità, non disgiunta da una fervidissima fantasia, spesso totalmente slegata dalla realtà. Basti pensare al ciclo del Graal e a tutti i luoghi in esso coinvolti (ci si trova di tutto: una volta ho letto che anche uno dei castelli di Sion, in Vallese, non lontano da casa mia, è legato a questo mito). Oppure si possono ricordare le balzanerie di coloro che nelle piramidi leggevano conoscenze matematiche a carattere più esoterico che scientifico.

Insomma, cose  a metà fra un romanzo di fantascienza e un’allucinata follia. Ma divertentissime. Già, questo di Eco è un libro piacevolissimo, da scorrere e da leggere a tratti, perché ogni capitolo ci parla di come sia nata una di queste leggende (e quindi anche dei luoghi ad essa associati) e poi fornisce una breve antologia di scritti che l’hanno menzionata nel corso dei secoli.

Mi sono divertita tantissimo a leggere queste storie e a ritrovarvi molti riferimenti a film e romanzi che, pur dichiarandosi nuovi, le hanno saccheggiate senza pietà (basti pensare al “Codice da Vinci”, basato su una rilettura semplificata della leggenda del Graal, o a certi film di fantascienza che copiano i romanzi di Karel Capek, uno scrittore vissuto a cavallo fra Ottocento e Novecento); anche se spesso l’hanno fatto senza la capacità di raccontare una storia altrettanto bella.

Grazie a Umberto Eco che ci fa divertire con leggerezza e con intelligenza.

Storia delle terre e dei luoghi leggendari, Bompiani

Vivere in transito

Adrian Paci,
Adrian Paci, Home to go, 2001

Distanze e movimento: queste sono le due parole che mi vengono in mente quando penso al mio futuro e a quello dei miei figli e dei miei cari.
E’ così che quando mi hanno raccontato di una mostra che si è tenuta a Parigi al Jeu de Paume, dal titolo Lives in Transit, mi sono precipitata ad informarmi. Perché l’arte sa esprimere e ci fa vedere quello che percepiamo in modo confuso.
E così è stato, la mostra è dell’artista Adrian Paci. Un’opera mi ha colpito particolarmente: The Column, una colonna classica di marmo fatta in Cina. L’idea di Paci, artista albanese, rifugiato dagli anni Novanta in Italia a causa della guerra, è stata quella di seguire tutte le fasi con cui, da un blocco di marmo grezzo estratto a nord di Pechino, si e’ creata, durante il trasporto su una nave cargo, una colonna con capitello corinzio.

Adrian Paci, The Column, 2012
Adrian Paci, The Column, 2012

Viaggiare seguendo il corso di un oggetto e seguire le tappe della sua trasformazione. E’ un tema caro agli artisti in questi tempi di globalizzazione in cui tutte le carte si stanno rimescolando ad un prezzo a volte alto.
Anche lo scrittore Jonathan Franzen aveva fatto la stessa cosa nel racconto La pulcinella cinese inserito nel suo ultimo romanzo Più lontano ancora (Einuadi, 2012). In quel caso la pulcinella è un pupazzo di peluche made in Cina che il fratello gli ha regalato per Natale. L’oggetto lo attira e decide di andare in Cina a visitare il luogo dove è stato prodotto l’oggetto.
Franzen e Paci decidono di seguire il viaggio di un oggetto; entrambi gli oggetti sono partiti dalla Cina per arrivare in occidente. Lavorando sull’idea del viaggio, possano così affrontare e cercare di spiegare  temi sociali quali lo sfruttamento del lavoro e quello dell’orrore industriale e dell’inquinamento ambientale per Franzen.  Ma quel viaggio, si capisce, nasce per spiegare qualcosa a loro stessi  e per dare sostanza visiva e verbale ai mutamenti e stravolgimenti che stiamo vivendo in questo periodo di distanze e movimento.

Finisco segnalandovi un giovane fotografo: David Favrod di padre svizzero e di madre giapponese. In lui la ricerca di identità non parte da un oggetto ma da se stesso e dal suo autoritratto.

David Favrod
David Favrod

Dopo una lunga serie di indagini e ricerche sul suo Giappone lontano ha deciso di ricreare il proprio Giappone, nel Vallese, in Svizzera.

Ve lo segnalo perché mi  sembra che anche lui tratti del tema più attuale e probabile per le prossime generazioni d’artisti.

Perché l’arte in questo mescolamento è in uno dei suoi momenti migliori e sono certa che ne ne vedremo delle belle.

Chi ha paura del mostro del lago?

Andando a zonzo attorno al lago Lemano, avrete la possibilità di vedere paesaggi davvero mozzafiato. Non per niente ad esempio la zona del Lavaux, ricca di vigneti e di piccoli e pittoreschi villaggi, è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco e tutte le coste del lago sono conosciute nel mondo per il clima mite, la bellezza dei paesaggi e l’eccellente qualità di vita. Se poi avrete la fortuna passarci in questo periodo, magari verso il tardo pomeriggio di una giornata serena, i colori caldi dell’autunno in collina vi accompagneranno in modo calmo e struggente verso la sera.

C’è, tuttavia, un punto, non meno suggestivo, ma tutt’altro che rilassante, del Lemano che incute soggezione per la maestosità e la severità degli scorci. Quando, infatti, il Rodano finisce temporaneamente la sua corsa nel lago, il suo delta è sovrastato da montagne che incombono sull’acqua lambendo le rive del bacino. È un paesaggio che sorge dall’acqua e sul quale, per gran parte della giornata, il sole non riesce a fare breccia.

Sono le pareti scoscese del Grammont che si erge severo come un torrione naturale a chiudere il Vallese. Proprio questa montagna è stata protagonista di un evento, di cui si parla moltissimo in questi giorni, eccezionale che si produsse in queste terre nel lontanissimo 563. Si tratta dello tsunami che distrusse Ginevra proprio in quell’anno, di cui sono stati testimoni di eccezione Gregorio di Tours e Mario di Avanches, che descrissero il fenomeno nelle loro cronache medievali. I testimoni non offrono spiegazioni sull’onda anomala che si produsse nel maggiore specchio di acqua dell’Europa occidentale, colpendo e distruggendo gran parte dei villaggi della costa ed arrivando a Ginevra dopo aver sorpassato le mura portando distruzione in tutta la città. A fare chiarezza è stato uno studio condotto dalla dott.ssa Katrina Kremer e dai suoi collaboratori dell’Università di Ginevra, i quali studiando i sedimenti presenti nel lago sono arrivati a dimostrare che con ogni probabilità una parte del Grammont precipitò sugli strati sedimentari creati dal fiume sul fondo del lago facendoli collassare e provocando lo tsunami. Simulazioni al computer hanno dimostrato come un’onda di 13 metri raggiunse, 15 minuti dopo il distacco della roccia, Losanna (provocando pochi danni poiche la città è costruita a terrazze) e la stessa onda, di dimensioni un po’ ridotte (solo 8 metri!), raggiunse, dopo 55, minuti anche Ginevra (all’altro capo del lago). Ma non è finita qui. Lo studio mette in guardia sulla possibilità che questo evento si riproduca in tempi attuali, in effetti il livello dei sedimenti sottomarini che il Rodano continua ad accumulare al suo delta potrebbero collassare anche oggi a causa di un terremoto, o di una frana o di una violenta tempesta.

Lo studio della Kremer inoltre solleva anche la domanda se altri laghi possono essere a “rischio tsunami” e consiglia lo studio accurato dei sedimenti sottomarini.  Da Loch Ness in Scozia al lago Tele nella Repubblica del Congo (in cui il mostro di turno è un serpentone di nome Mokélé-mbembé) innumerevoli sono le leggende che parlano di mostri sottomarini che agitano le acque… e se questi mostri in realtà non fossero altro che piccoli tsunami?