Cartoline

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La cartolina di oggi la vogliamo spedire a tutti coloro che pensano che una donna che subisce violenza (di qualsiasi natura essa sia) in fondo se l’è un po’ cercata, in fondo ha dato al suo aggressore segnali contrastanti che l’hanno messa nella condizione di “meritare” in qualche modo questa punizione.

Aldilà dei tecnicismi, aldilà delle sentenze e dei fiumi di parole che si scrivono in questi casi, noi vorremmo solo affermare con forza che la violenza sulle donne, di qualsiasi natura sia, non può avere attenuanti.

Un “no” è un “no” a prescindere da chi lo pronunci e in quale situazione.

Ci piacerebbe che il messaggio arrivasse forte e chiaro e per farlo usiamo le parole del Parlamento Europeo:

Con l’espressione “violenza nei confronti delle donne” si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata;

l’espressione “violenza domestica” designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima;

con il termine “genere” ci si riferisce a ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini;

 l’espressione “violenza contro le donne basata sul genere” designa qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato;

 per “vittima” si intende qualsiasi persona fisica che subisce gli atti o i comportamenti di cui ai precedenti commi;

 con il termine “donne” sono da intendersi anche le ragazze di meno di 18 anni.

Chiacchiere del lunedì

Louise Bourgeoise,
Louise Bourgeois, Petite maman, 2008

Per tutto il giorno oggi ho in mente una frase che ha detto Papa Francesco: Se inseguite tutta la vita il nulla sarete nulla.  Questa frase mi ha molto colpita perché vale per tutti, credenti o no. Abbiamo voglia di eroi? Piuttosto cerchiamo esempi di persone autentiche che non  hanno paura di mettersi in gioco per gli altri.

E questo lunedì proprio di questo esempio vorremmo parlare: si tratta di suor Angelique Namaika. Oggi, proprio qui a Ginevra, le verrà consegnato un riconoscimento  dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati . Riceverà il premio Nansen per aver dato rifugio e sostegno alle tante donne scappate dalle violenze dell’Esercito di Resistenza del Signore (LRA: Lord Resistance Army), un’armata di assassini che ha disseminato morte e distruzione fra Uganda e Repubblica democratica del Congo.

Suor Angelique ha accolto e aiutato tante donne, ragazze, giovani abusate. Si legge dal comunicato dell’UNHCR che “ molte delle donne aiutate da suor Angelique raccontano storie di rapimenti, lavori forzati, percosse, assassini stupri e altre violazioni dei diritti umani. Il suo approccio individuale aiuta queste donne a riprendersi dai traumi e dai danni subiti. ”

La stessa suora ha sofferto nel 2009 le stesse violenze che ora cura. I mezzi del centro di aiuto da lei gestito sono al minimo e le sue risorse quasi inesistenti.

Quando ha saputo del premio ha così detto: “È difficile immaginare quanto abbiano sofferto le donne e le ragazze vittime di abusi del LRA. Porteranno per tutta la vita le cicatrici di queste violenze. Questo premio significa che altre persone sfollate a Dungu (dove lei vive e opera ndr) potranno ricevere l’aiuto di cui hanno bisogno per ricominciare le loro vite. Non smetterò mai di fare il possibile per dar loro la speranza e l’opportunità di vivere ancora”.

Donne oltraggiate, percosse, umiliate, donne che hanno subito ogni violazione dei più fondamentali diritti umani, ora hanno tanto dolore da curare. Mi direte: “per noi è un dolore lontano”. Non è così: il dolore di chi subisce violenza è universale. E poi, se ne trova eco ben forte anche nella nostra Italia, dove le donne continuano a essere vittime di ogni forma di violenza, anche delle più gravi.

Chi sa qualcosa sulla Convenzione di Istanbul?

Ferite a morteIeri si è svolto alla Camera, il dibattito relativo alla ratifica della Convenzione di Istanbul. Nonostante i tragici episodi degli ultimi giorni, che avrebbero dovuto invogliare i nostri rappresentanti al governo almeno a partecipare alla riunione, l’aula di Montecitorio è risultata tristemente vuota, a dimostrare che nonostante tanto parlare della violenza sulle donne, l’argomento, in fondo, interessa poco a tutti!

La Convenzione di Istanbul, firmata dagli stati membri dell’Unione Europea fin dal maggio del 2011 “è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che crea un quadro giuridico completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza” e il suo cammino affinché si arrivi alla sua ratifica e alle leggi necessarie per la sua pratica applicazione in Italia pare ancora lento e lungo.

“L’Italia è presente e in buona posizione nella triste classifica dei femminicidi con una paurosa cadenza matematica, il massacro conta una vittima ogni due, tre giorni”, scrive Serena Dandini commentando il suo libro Ferite a morte. “Dietro le persiane chiuse delle case italiane si nasconde una sofferenza silenziosa e l’omicidio è solo la punta di un iceberg di un percorso di soprusi e dolore che risponde al nome di violenza domestica”.

Spesso l’atteggiamento delle vittime della violenza domestica è contraddittorio: donne che preferiscono “morire d’amore”, nella vana speranza che il loro “uomo aguzzino” possa cambiare per amor loro (chi non ha letto della candidata Miss Italia picchiata quasi a morte per gelosia e ora felicemente ricongiunta al suo compagno) piuttosto che denunciare; donne che non trovano la forza di chiudere relazioni impossibili convinte che non ci sia via d’uscita (spesso purtroppo giustizia e società non aiutano). Ma non è solo questo atteggiamento delle vittime che stende un velo di silenzio su queste vicende. La mia impressione è che nonostante il grande clamore, nonostante lo sdegno che suscita il “femminicidio” (termine orrendo, ma drammaticamente appropriato, proprio per la sua crudezza) l’atteggiamento generale è che di questa violenza dilagante e senza senso che coinvolge i più deboli della catena sociale, in fondo non se ne voglia realmente parlare. Il pensiero è “se non ne so niente il fatto non esiste” e si continua a vivere come se nulla fosse.

È necessario fare un passo avanti, cambiare radicalmente i costumi e gli atteggiamenti affinché questi tragici fatti non accadano mai più, dare voce a chi non ce l’ha e sostegno a chi è debole, cosa prevista dalla Convenzione di cui sopra, per lasciare alle nostre figlie, e non solo a loro, un mondo diverso in cui non essere considerate proprietà esclusive alla stregua di bambole di cera.

Piccole donne crescono?

Sfogliando i giornali di queste ultime settimane (e non solo), salta all’occhio un dato agghiacciante, nel nostro Bel Paese, culla di antiche civiltà e depositario di cultura millenaria le donne muoiono ancora per mano di un fidanzato geloso, di un padre padrone, di uomini nei quali avevano riposto fiducia e dai quali sono state orribilmente tradite.

Madri, figlie, amanti, fidanzate, adolescenti, adulte, anziane non c’è un sistema nella follia omicida che le coinvolge, tranne forse l’assurda convinzione di uomini che le considerano «roba loro», un trofeo da esporre, un complemento del quale una volta stanchi ci si può sbarazzare. Oppure il contrario donne che diventano ossessioni, senza le quali non si vive ed allora meglio eliminarle piuttosto che correre il rischio che qualcun altro possa averle…

E le donne che fanno una «brutta fine» sono solo la punta dell’iceberg. Quante subiscono violenza fra le mura domestiche e la sopportano per mantenere un fragile equilibrio familiare, quante sono vittima di una violenza ancora più subdola che è quella psicologica con la quale vengono torturate, palgiate, usate e infine spente in nome di amori malati o di interessi senza scrupoli.

Siamo troppo spesso il bersaglio più facile e arrendevole, quello più a portata di mano, quello che tace e sopporta…

Non voglio fare generalizzazioni, che si sa, lasciano sempre il tempo che trovano, ma non vi sembra che il problema invece di risolversi come dovrebbe accadere in una società civile si sia acuito negli ultimi anni?

Non capisco nulla di psicologia, non so cosa agita le menti disturbate che arrivano a compiere tali atti definitivi, ma so che prima di arrivare ad essi in serbo per le donne c’è una lunga lista di violenze che diventano usuali, comuni, alle quali non ci si ribella per amore di tranquillità alimentando così il delirio di onnipotenza di alcuni individui.

La cosa triste è che non ho una ricetta, una formula, un consiglio per porre rimedio a tutto ciò.

Come mamma di figli maschi ho cercato di allevarli nel rispetto, ma come mamma di una bambina le mie paure sono tante.

Le posso augurare di avere fortuna, di rimanere sempre lucida, di avere, se necessario, il coraggio di denunciare, ma come potrò difenderla dall’ «orco cattivo» mascherato da «principe azzurro»?