Visto e mangiato

Ynka Shonibare, 2013
Ynka Shonibare, 2013

Gustavo Zagrebelsky  ha anticipato ieri su Repubblica la sua riflessione preparata per la terza Biennale Democrazia che si tiene in questi giorni a Torino. Nell’articolo ha affontato il tema della riflessione legato alla felicità. Non ci sono beni che conducono alla felicità e che vanno bene per tutti. La felicità è legata alla natura degli esseri umani. La persona sensuale ad esempio è colei che trova il bene attraverso i sensi e tra i sensi l’articolo elencava anche il gusto. L’articolo era assai più ampio e l’obiettivo alla fine era quello di rimarcare come le idee producono la felicità. (Gustavo Sagrebelski, Il mondo delle idee, La Repubblica, 10 aprile)

Noi invece torniamo al gusto e di conseguenza al cibo e al vino.  Quante cose oggi girano attorno al cibo, mai è stato così tanto rappresentato e pubblicizzato.  Impossibile evitarlo alla televisione o alla radio, sui giornali o nelle immagini per la strada, i volti degli chef sono più famosi  di quelli degli attori e in ogni città  si moltiplicano i luoghi più inimmaginabili dove si possono fare esperienze culinarie di tutti i tipi (ricordo il ristorante  Zurigo dove si può mangiare al buio).

Claes Oldenburg,
Claes Oldenburg,

Il cibo e il vino sono da sempre stati temi privilegiati nell’arte del passato e ancora nell’arte contemporanea (si è da poco conclusa una mostra interessante a Ginevra dal titolo Food a cura di Adelina von Furstenberg presso il Museo Ariana dove si poteva vedere l’opera di molti artisti internazionali legati all’idea dell’alimentazione).

Liliana Moro, Dumme Gans, 2002, struttura in legno biscotto e caramelle esposta alla mostra Food, Ginevra
Liliana Moro, Dumme Gans, 2002, struttura in legno, biscotto e caramelle esposta alla mostra Food, Ginevra,2013

Il cibo infatti non rimane sempre lo stesso, cambia con i costumi della società e mentre da Sinagapore stiamo imparando a coltivare gli orti in verticale gli  Skygreen, grattaceli verdi dove vedremo crescere  l’insalata, c’è chi, come l’ambientalista indiana Vandana Shiva, parte dal cibo per portare avanti la sua lotta contro i mali della globalizzazione, svelando “il business del cibo cattivo” che crea sempre più una popolazione malata malnutrita e obesa.

Skygreen, Singapore
Skygreen, Singapore

Tornando a Zagrebelsky e alla felicità io mi riconosco tra coloro che provano nel cibo un bel divertimento, però sono anche  assolutamente d’accordo con Peppe Severgnini quando scrive che si sente braccato e annoiato da un branco di “enogastromaniaci” (persone soprattutto della nostra età) che trasformano  ciò che è piacevole e divertente  in un ossessione! (da Beppe Severgnini, Italiani di domani, Rizzoli).

C’è ancora posto per monumenti da erigere?

E’ pensabile oggi che un’artista possa realizzare un monumento? Un’opera, cioè, di scultura nata per celebrare qualcuno o qualcosa? Chi ha uso dell’arte contemporanea sa quanta strada  gli artisti abbiano fatto per contestare le celebrazioni altisonanti e per arrivare a forme espressive più vicine alla vita.

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Elmgreen and Dragset, Powerless Structures Fig.101, 2012

Ma gli artisti, si sa, amano anche le sfide. Infatti, da ormai più di sette anni, a Londra il sindaco della città (coadiuvato da una commissione  di esperti) invita i più affermati  artisti contemporanei a pensare un monumento, da collocare su un grande pilastro ottocentesco, in Trafalgr Square. Il pilastro, posizionato a nord ovest, di fronte alla National Gallery, fu disegnato nel 1841 da Sir Charles Barry e fu pensato per una statua equestre che non fu mai portata a termine.   Collocare l’opera su un piedistallo prevede un grande impegno per l’artista contemporaneo, abituato ormai da più di un secolo a rifiutare ogni costrizione e limite dettati dallo spazio. Ed è così che l’accostamento del piedistallo con l’ opera contemporanea diviene talmente stridente da balzare subito agli occhi. Quest’anno la sfida è stata raccolta da una coppia di artisti, Elmgreen and Dragset, che hanno sviluppato proprio l’idea originaria, quella del monumento equestre: hanno realizzato la statua di un bambino,  in bronzo dorato, su un cavallo a dondolo. E’ il bambino che verrà, è colui che ci fa pensare al futuro e a ciò che sarà. I due artisti hanno lavorato per anni assieme: Elmgreen è danese, mentre Dragset è norvegese. Sono stati presenti all’ultima Biennale di Venezia, nel padiglione che rappresenta la Danimarca assieme alla Svezia e alla Norvegia. Nel 2008 hanno inaugurato un lavoro nel Tiengarten Park di Berlino, con un opera dedicata alle vittime gay del nazismo.

Prima di loro, tra gli altri artisti che hanno lavorato in Trafalgar square sul piedistallo vuoto, ci sono stati Marc Quinn, con una grande figura mutilata dal titolo Alison Lapper Pregnant (2005), oppure  Thomas Schutte, con il suo lavoro Model for a Hotel (2007) ,o ancora Ynka Shonibare con la sua grande nave di Nelson in bottiglia (2010).

Thomas Shutte
Thomas Shutte, Model for  Hotel, 2007
Marc Quinn's Alison Lapper Pregnant,2005-2007
Marc Quinn’s Alison Lapper Pregnant,2005-2007

Il pilastro, insomma, continua a incuriosire artisti, critici e spettatori e la città di Londra ogni anno organizza anche un premio destinato alle scuole: gli studenti possono presentare un progetto per il pilastro e i più belli vengono premiati.

Ynka Shonibare, Nelson Ship in a bottle,2010-2012
Ynka Shonibare, Nelson Ship in a bottle,2010-2012

Così l’arte si lega al passato, offre una visione del contemporaneo, è visibile da tutti e vive del giudizio e dei commenti  di ogni passante.