
Gustavo Zagrebelsky ha anticipato ieri su Repubblica la sua riflessione preparata per la terza Biennale Democrazia che si tiene in questi giorni a Torino. Nell’articolo ha affontato il tema della riflessione legato alla felicità. Non ci sono beni che conducono alla felicità e che vanno bene per tutti. La felicità è legata alla natura degli esseri umani. La persona sensuale ad esempio è colei che trova il bene attraverso i sensi e tra i sensi l’articolo elencava anche il gusto. L’articolo era assai più ampio e l’obiettivo alla fine era quello di rimarcare come le idee producono la felicità. (Gustavo Sagrebelski, Il mondo delle idee, La Repubblica, 10 aprile)
Noi invece torniamo al gusto e di conseguenza al cibo e al vino. Quante cose oggi girano attorno al cibo, mai è stato così tanto rappresentato e pubblicizzato. Impossibile evitarlo alla televisione o alla radio, sui giornali o nelle immagini per la strada, i volti degli chef sono più famosi di quelli degli attori e in ogni città si moltiplicano i luoghi più inimmaginabili dove si possono fare esperienze culinarie di tutti i tipi (ricordo il ristorante Zurigo dove si può mangiare al buio).

Il cibo e il vino sono da sempre stati temi privilegiati nell’arte del passato e ancora nell’arte contemporanea (si è da poco conclusa una mostra interessante a Ginevra dal titolo Food a cura di Adelina von Furstenberg presso il Museo Ariana dove si poteva vedere l’opera di molti artisti internazionali legati all’idea dell’alimentazione).

Il cibo infatti non rimane sempre lo stesso, cambia con i costumi della società e mentre da Sinagapore stiamo imparando a coltivare gli orti in verticale gli Skygreen, grattaceli verdi dove vedremo crescere l’insalata, c’è chi, come l’ambientalista indiana Vandana Shiva, parte dal cibo per portare avanti la sua lotta contro i mali della globalizzazione, svelando “il business del cibo cattivo” che crea sempre più una popolazione malata malnutrita e obesa.

Tornando a Zagrebelsky e alla felicità io mi riconosco tra coloro che provano nel cibo un bel divertimento, però sono anche assolutamente d’accordo con Peppe Severgnini quando scrive che si sente braccato e annoiato da un branco di “enogastromaniaci” (persone soprattutto della nostra età) che trasformano ciò che è piacevole e divertente in un ossessione! (da Beppe Severgnini, Italiani di domani, Rizzoli).



