
Quando Enrico Crispolti professore di storia dell’arte contemporanea all’Università di Siena esperto di Futurismo parlava di Umberto Boccioni, ci faceva notare che la sua morte prematura nel 1916, al fronte come volontario nella prima guerra mondiale, ci rendeva impossibile capire come si sarebbe trasformata la sua arte dopo aver vissuto la drammaticità della guerra. In guerra Boccioni ci andò come futurista convinto ,ma sul campo, ebbe una forte crisi che lo aveva cambiato.
A cento anni dalla morte di Umberto Boccioni Milano ha organizzato una grande mostra a Palazzo Reale che rimarrà aperta fino al 10 luglio.
Nella sua biografia si ricordano le sue origini romagnole l’inizio dei suoi studi tecnici, la sua permanenza a Roma nel 1989 con Severini, nell’atelier Balla dove si dedicò allo studio della pittura seguendo le ricerche divisioniste. Quando si trasferisce a Milano subisce l’ impatto con l’arte di carattere sociale e denuncia. Mario De Micheli l’ha definisce “verismo sociale” .

E poi finalmente il futurismo che lui abbraccia fin dal primo momento quando nel 1909, viene scritto da Marinetti il primo manifesto che nasce “come antitesi violenta sia verso l’arte ufficiale che verso il verismo umanitaristico: nasce con l’aspirazione verso la modernità”. E Umberto Boccioni ne fa parte da subito e indirizza la sua arte verso il nuovo che avanza: i tempi dell’era industriale e della velocità.
“Compagni-scrivono nel Manifesto di pittori futuristi (1910)-noi dichiariamo che il trionfante progresso delle scienze ha determinato nell’umanità mutamenti tanto profondi da scavare un abisso fra i docili schiavi del passato e noi liberi, noi sicuri della radiosa magnificenza del futuro“.
Questo lo si vede bene nel dipinto di Boccioni, Città che sale del 1911. Il soggetto ha sempre un carattere sociale: operai, muratori ma ormai l’ispirazione è cambiata, la costruzione della nuova città indica la costruzione dell’avvenire.

Sempre nel 1911 Boccioni si reca a Parigi dove può entrare in contatto con l’avanguardia francese in particolare con il cubismo. Il suo interesse si allarga anche alla scultura e tramite essa l’espansione delle forme nello spazio esprimendo il concetto di line-forza e di manifestazione dinamica della forma.
I suoi studi per gli oggetti nello spazio e le influenze dei volumi nell’ambiente sono un’anticipazione di tanta arte futura, in fondo le sue sculture sono l’origine delle installazioni di tanti artisti che verranno dopo i lui.
Boccioni è una delle glorie dell’arte italiana; a Milano sono 280 opere: è un’occasione per comprendere come “L’importanza di Boccioni e del primo futurismo-Scrive Mario De Micheli- sta nel rinnovamento , della sensibilità di fronte alla realtà contemporanea”.

Possiamo aggiungere che portò l’Italia al passo, se non ad esserne capofila, con l’arte internazionale.