Il mio nome è Bond, James Bond

Sean Connery, George Lazenby (per una sola volta)Roger Moore, Timothy Dalton, Pierce Brosnan, Daniel Craig, questa sfilata di “bononi” tutti muscoli cosa vi fa venire i mente? Esatto! Sono tutti gli attori che hanno prestato negli anni il loro volto e i loro muscoli, al mitico agente di sua Maestà Britannica 007, ovvero James Bond, il personaggio letterario creato dalla penna di  Ian Fleming nel 1953. Nessun altra spia ha mai avuto tanto successo quanto questo personaggio, che a partire dal 1962 è stato protagonista di ben 23 pellicole e che continua ad attirare non solo i vecchi fans, ma soprattutto le nuove generazioni di cinefili e che è diventata nel tempo una vera e propria icona di stile.

Sono cinquanta anni che i Bond si susseguono sul grande schermo, e la ricetta del successo è quella di cambiare il volto del protagonista e adattare le storie seguendo il gusto e i desideri del pubblico.

Snobbati dalla critica cinematografica, questi action movies sono diventati un vero e proprio “genere”,  tanto che per celebrarli e per celebrare i cinquanta anni del personaggio Bond è stata allestita a Londra (neanche a dirlo!) una mostra sulla spia più amata in assoluto.

Infatti al Barbican Centre di Londra dal 6 luglio al 5 settembre è stata allestita un’ exhibition showcasing intitolata Designing 007, fifty years of Bond Style. Pensata come un vero e proprio viaggio lungo i film di James Bond, la mostra esplora e rivela lo studio messo per rendere il personaggio tridimensionale fino a farlo diventare nel tempo una vera e propria icona. Sono presentati  non solo i vari attori protagonisti (naturalmente grazie a statue in cera a grandezza naturale) ma anche il “dietro le quinte” con il design dei set, degli oggetti di scena, delle automobili (la riproduzione della mitica Aston Martin DB5 usata da Sean Connery negli anni sessanta) dei costumi, degli effetti speciali, la ricostruzione di ambienti e avventure, insomma attraversando le sale della mostra si è completamente immersi in questa atmosfera “bondiana”. Naturalmente non mancano i costumi di scena creati dai più grandi stilisti del mondo della moda che hanno fatto di James Bond l’uomo più elegante del mondo e delle Bond Girl le donne meglio vestite sullo schermo, stiamo parlando di nomi quali Giorgio Armani, Brioni, Roberto Cavalli, Tom Ford, Hubert de Givenchy, Gucci, Douglas Hayward, Rifat Ozbek, Jenny Packham, Miuccia Prada, Oscar de la Renta, Anthony Sinclair, Philip Treacy, Emanuel Ungaro e Donatella Versace. E non mancano neppure ricostruzioni di set, delle futuribili armi utilizzate da Bond, dei gadget creati appositamente per lui nelle officine dei servizi segreti reali, quali scene sono state girate da stunt men e quali invece dagli attori protagonisti. Insomma il repertorio completo!

Se questo non dovesse bastare per attirare la vostra attenzione, vi potrete comunque consolare ordinando al Martini Bar, all’uscita della mostra, un  Martini cocktail, naturalmente “agitato non shekerato”!

Kassel, un appuntamento estivo per gli appassionati di arte contemporanea

Oggi il blog ospita, lo storico dell’arte Lorenzo Ciprian,i appena rientrato da Kassel.  Lorenzo ha infatti visitato  la grande rassegna che si tiene ogni 4 anni in Germania dedicata all’arte contemporanea . Un appuntamento molto significativo e importante per capire e respirare ciò che gli artisti di tutto i mondo fanno in questo momento.

A lui la parola:

Fridericianum, Kassel, foto di Nils Klinger
Foto di Nils Klinger

Per chi si trova in Germania questa estate e per tutti gli appassionati d’arte è stata inaugurata l’8 giugno la tredicesima edizione di Documenta a Kassel, una delle più grandi rassegne d’arte contemporanea del mondo. Un’edizione all’insegna dell’incertezza e della precarietà, dove si trovano esposti artisti di fama internazionale, ma anche sconosciuti o semplici appassionati, perché “La cosa migliore che l’arte può fare è non dare certezza ma incertezza e porre domande – deve porre dei dubbi vertiginosi su cosa in effetti l’arte può essere.”, stando alle parole della curatrice Carolyn Christov-Bakargiev.

I temi principali della mostra sono quelli delle difficoltà che la nostra società sta attraversando in un momento di crisi, non solo economica, ma anche culturale e di valori. Un momento di svolta che l’arte di oggi vede attraverso una lente spesso deformata, difficile da comprendere, ma talvolta estremamente lucida e potremo dire per certi versi profetica. La speranza nelle tecnologie è uno degli elementi chiave di questa svolta, soprattutto per quegli artisti che lavorano con le neuroscienze o con le scienze sociali, legate alla globalizzazione. Un altro punto che pare evidente è il tema della distruzione e della ricostruzione dopo le guerre che si sono accese in questi ultimi anni. La rassegna si compone di altri tre luoghi di esposizione – Kabul, il Cairo e il Banff National Park in Canada – con i quali intesse una rete di relazioni con opere ed artisti provenienti da questi luoghi o che trattano tematiche legate ad essi.

L’arte italiana è in prima fila con una nutrita partecipazione di artisti – la curatrice italo-americana tra le altre cose ha diretto in passata il museo di Arte Contemporanea di Torino –, a cominciare da quello che viene chiamato il “cervello” della mostra, ovvero la Rotunda del Fridericianum, dove si possono ammirare alcuni dipinti di Morandi accompagnati dagli oggetti originali che furono i modelli per i dipinti realizzati dall’artista dopo la seconda guerra mondiale. Giuseppe Penone è presente con un grande lavoro “ambientale” nel Karlsaue Park di Kassel, ma anche nella succursale di Kabul. Un grande omaggio è dedicato ad Alighiero Boetti ed una sala intera è allestita con i lavori concettuali di Fabio Mauri. Inoltre sono presenti opere di Francesco Matarrese, Rossella Biscotti, Massimo Bartolini e Chiara Fumai.

Un lavoro da non perdere? Sicuramente quello del canadese Geoffrey Farmer nella Neue Gallery: un’enorme collage tridimensionale realizzato con ritagli tratti dalla rivista Life che ci conduce in un viaggio retrospettivo nella nostra storia e nella nostra cultura popolare, uno spaccato del ventre della nostra società.

Non ci piace

disegno di Chiara Guidi

Non si può sopportare la notizia che i ribelli armati del Mali del Nord commettono ogni giorno stupri di donne e ragazzine, distruggono villaggi e rapiscono i bambini per renderli soldato.

Queste notizie sono state date dal direttore esecutivo dell’Unicef Anthony Lake che ha reso pubblico l’appello straziante dell’organizzazione non governativa internazionale Human Rights Watch.

Come italianintransito ricordiamo il movimento da noi sostenuto contro JOSEPH KONI, il comandante  ugandese della LRA che rapisce i bambini per farne soldato.

50 sfumature di… noia

Se ne è parlato e discusso a lungo. Da una certa critica è stato acclamato come il capolavoro erotico del 21 esimo secolo. Pare, ma non ne sono certa, che negli Stati Uniti stiano già realizzandone il film. Sto parlando del controverso feuilleton in tre (voluminosi) tomi 50 sfumature di grigio, al quale seguono 50 sfumature di rosso e 50 sfumature di nero… Il che, tutte insieme, realizzano 150 sfumature di noia mortale. Scritto come una sceneggiatura da una casalinga inglese 48enne, E. L. James, pseudonimo di  Erika Leonard, laureata in storia medievale e con figli adolescenti (e qui scatta anche una certa dose di invidia pensando al parallelismo fra me e lei… non ci potevo pensare prima io a scrivere un best seller, accidenti!) che in poche settimane con il suo libro ha scalato le classifiche di vendita, piazzandosi ai primi posti in Europa e Stati Uniti. È la storia di un amore (?) sadomaso, fra una 21enne, chiaramente disadattata e problematica, Anastasia, (personaggio che ricorda la protagonista di un’altra famosa saga contemporanea: Twilight, alla quale l’autrice ha candidamente ammesso di essersi ispirata), la sottomessa, e uno straricco/bello/sexy/giovane/neppure bavoso/misterioso capitano di industria 27enne (ma non eravamo nell’epoca dei bamboccioni? Quelli che rimangono da mammà fino ai quaranta? Ah no scusate si parla della ricca America), bello come un dio greco, e con chiare turbe della personalità, il dominatore. La trama in sostanza è questa: colpo di fulmine, corteggiamento, accoppiamento.
A più riprese si è parlato di questo libro come capolavoro, zozzeria, manuale erotico e chi più ne ha più ne metta. È stato indicato come segno dei tempi in cui la donna, raggiunta la presunta parità dei sessi, sente il bisogno, oggi più che mai di lasciarsi andare alla sottomissione come antico e rassicurante stereotipo (???). Qui inoltre la sottomessa oltre ad aver fatto colpo sullo scapolo piú bello e corteggiato del Nord America ne riceve come beneficio cene con ostriche, passaggi in elicottero, suites principesche, guardaroba invidiabili… In effetti in qualche raro momento di lucidità la poverina si chiede se questo può significare essere una “mantenuta”, ma tutto viene sacrificato sull’altare del presunto dio amore.
Sono sinceramente perplessa, devo dire che il primo libro non ha suscitato in me nessun pensiero controverso, sono certa che alcuni romanzi Harmony si spingano più in là e a volte sono addirittura scritti meglio. Devo dire che la noia mortale mi ha preso fin dalla descrizione del terzo o quarto amplesso (non ricordo esattamente visto che sti due ci danno dentro in continuazione) e ho faticato ad arrivare alla fine (rimpiangendo i romanzi Delly della mia infanzia). Dubito che leggerò il seguito, ma trattandosi di libri da ombrellone, se ne avrò la forza, saltando pagine e pagine (che spreco di parole!) di dettagliate descrizioni dei più fantasiosi atti sessuali, non mi spiacerebbe sapere che fine faranno quei due, preferendo la storia romantica alle manette e ai frustini.
Posso sbilanciarmi? Poiché il libro é scritto come una sceneggiatura devo dire che mi ha fatto rimpiangere le atmosfere (quelle sì torbide e sensuali) di un classico del cinema Ultimo Tango a Parigi… Sarà stato per l’attempato e inarrivabile Marlon Brando, carico di una attrattiva veramente animalesca (altro che il giovincello del romanzo)? Ma forse è solo una questione di età…

Un angelo alla mia tavola

Sempre pensando se l’arte è un percorso privilegiato dell’esistenza mi domando se, chi possiede una particolare sensibilità artistica, oltre a sentirsi escluso dal sentire comune può, in qualche modo avvicinarsi a delle esperienze che non sono lontane dal trovare la felicità. Sono molti gli esempi nell’arte che vengono in mente e sappiamo bene come, per alcuni artisti questa sensibilità sia stata un fardello troppo grande che li ha schiacciati, pensiamo a Van Gogh. Ci sono però anche artisti  che hanno fatto del loro sentire e del loro “squilibrio”  un punto di forza come  l’artista giapponese Yayoi Kusama che per tutta la vita ha prodotto dei lavori che sono come un’espansioni delle sue ossessioni. Elementi puntiformi, sferici linee curve che si ripetono all’infinito si moltiplicano e si espandono fino a comprendere lei e noi  nello spazio.

Proprio poco tempo fa  mi sono imbattuta in un bellissimo libro dal titolo Un angelo alla mia tavola della scrittrice neozelandese Janet Frame. La scrittrice scomparsa nel 2004 ha fatto dello scrivere la ragione della sua sopravvivenza. Questo libro  autobiografico (in verità sono tre volumi ma pubblicati in uno solo con quel titolo per l’Italia da Neri Pozza) racconta tutta la sua vita segnata dalla schizofrenia (in realtà presunta dai dottori e poi sconfessata). Un fatto devastante, che l’ha condotta a trascorrere parte della sua vita  dentro e fuori gli ospedali psichiatrici. Anche in questo caso l’arte l’ha salvata e scrivendo ha trovato la strada di fuga dal dolore.

Il libro non racconta solo di questo  ma scorre tanti episodi dall’infanzia, alla povertà,  i dolori della crescita prima con la morte della sorella e poi l’orrore dell’ospedale psichiatrico, il tentativo di suicidio e il ritorno alla casa paterna.

Senz’altro Frame è una delle più grandi scrittrici della seconda metà del Novecento Janet Frame per due volte nominata per il Premio Nobel ci fa entrare nela sua vita in modo secco e diretto che ti tiene legato a lui fin dalle prime pagine.

Dal libro è stato anche tratto un film della regista Jane Campion.

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Vacanze speciali

E’ tempo di vacanze e chi ha figli sta preparando loro qualche piccola o grande avventura da trascorrere con i compagni; esperienze che spaziano dallo sport, all’apprendimento di una lingua straniera e cosi’ via.  L’offerta in questo periodo è vastissima: danza, musica, teatro posti campi vicini  o lontani.

Io l’anno scorso ho scoperto un campo speciale che si chiama Dynamo camp,  un piccolo spazio di paradiso nella mia regione, la Toscana, che si trova nel cuore dell’Appennino tosco-emiliano, a Limestre, in Provincia di Pistoia. Dynamo camp  offre una bella occasione di vacanza a bambini e ragazzi affetti da patologie gravi o croniche, quindi sempre in terapia o comunque nel periodo post-ospedaliero.  Qui i ragazzi vengono per divertirsi e fanno cose che non avrebbero mai potuto fare.  Si chiama Terapia Ricreativa. Io li ho visti: è semplicemente un luogo dove con facilità fanno quello che tutti i bambini possono fare: gite a cavallo, tuffi in piscina, laboratori d’arte e perfino arrampicate. Durante la mia visita,  ho potuto anche godere della qualità dei laboratori artistici: la Dynamo invita artisti molto validi a lavorare con i ragazzi. Insieme costruiscono dei lavori che vengono ad arricchire una galleria   la Dynamo Art  Factory.

Già il luogo è magnifico perché è all’interno di una riserva naturale. Da poco, oltre alle casette che ospitano i ragazzi, è stato creato anche uno spazio oasi dove i ragazzi possono passare una notte a guardare e stelle e a dormire in tenda. Meraviglioso! Tutto facile e costruito per lo svago e il divertimento: niente è lasciato al caso perché tutto è costruito e programmato con la massima efficienza.

Il loro motto è : Dynamo dove la vera cura è ridere e la medicina è l’allegria.

La dynamo ha sempre bisogno di sostegno e anche di persone che hanno voglia di fare volontariato. I volontari, dopo un breve corso di preparazione, risiedono per periodi più o meno lunghi al campo e danno una mano ai bambini e ai ragazzi a vivere con gioia lo spirito di questa vacanza.

Chi volesse saperne di più può trovare tutte le informazioni su sito: http://www.dynamocamp.org

un incontro tra blog

I blog sono tanti e crescono ogni giorno di più, sono un passatempo sono una finestra per  scambiarsi idee e farle girare. Ora, poi, i blogger come noi hanno un nuovo appuntamento e possono incontrarsi di persona in due giornate, il 7-8 luglio, che si terranno a  Thiene, in provincia di Vicenza, dove si aprirà il primo festival dei Blog letterari.

In tutta la città di Thiene, nel centro, nella  biblioteca in Piazza e in Villa Fabris, si potrà partecipare ai dibattiti o semplicemente ascoltare altri blogger su temi che spazieranno dalla scuola, all’infanzia, all’editoria, ai viaggi. Vi sarà anche uno spazio dedicato  alle differenze e alle affintà tra uomo e donna. I temi verranno indagati  e discussi dal punto di vista  dei blog. Così, ad esempio, si cercherà di capire quanto può pesare un blog sulla vendita dei libri, oppure in che rapporto sta con la cultura accademica.

Dal programma sembra che non mancheranno momenti dedicati alla musica e alla danza. La scrittrice e attrice Antonella Ferrari farà da madrina all’evento.

Noi come italianintransito non sappiamo ancora se potremo andare di persona ma siamo contenti di questo appuntamento e seguiremo senz’altro il dibattito in rete.

Chi volesse saperne di più può trovare il programma completo su www.klit.it

… ci piace

Ci piace, ma si poteva fare di più, l’accordo sottoscritto ieri a Ginevra per tentare di normalizzare la situazione della Siria. Sebbene Kofi Hannan, negoziatore fra le parti in causa avesse suggerito una più severa risoluzione dell’ONU che favorisse la transizione a un governo nazionale, impedendo ad Assad di parteciparvi, il veto di Mosca ha fatto fare marcia indietro, dimostrando i troppi interessi della Russia in Siria.
Finalmente, sebbene viziata da questo compromesso, pare che la comunità internazionale si sia accorta delle stragi e delle centinaia di morti che questo strascico della “primavera araba” ha creato in quella regione.

L’oro dei saraceni

Immaginatevi già seduti di fronte al mare, con un aperitivo fresco fra le mani a guardare l’orizzonte, finalmente in vacanza!

Il sole cala e la canicola della giornata viene spazzata via da un venticello leggero e rinfrescante che porta il profumo della macchia mediterranea… Ho reso l’idea? A questo punto ci vorrebbe qualcosa di sfizioso per finire la giornata in gloria, certo se fossimo in Sicilia, seduti comodamente sulla terrazza di un ristorante potremmo facilmente ordinarli e gustarli appena fritti, pregustando già con gli occhi la rottura della crosta dorata e croccante e la fuoriuscita del formaggio filante e del ragù, ma purtroppo ci troviamo sul balcone di casa nostra in città e allora… non ci rimane che farceli da soli!

Gli arancini siciliani (o meglio le arancine, come dicono a Palermo) sono uno dei piaceri più genuini della vita! Come molte pietanze isolane sono retaggio della conquista saracena della Sicilia, quando i nuovi arrivati importarono i gusti e i profumi del vicino oriente. Infatti proprio gli arabi usavano porre al centro della tavola un piatto di riso allo zafferano che ogni commensale poteva poi condire a piacimento con carni diverse e verdure, servendosi direttamente dal piatto con un pugno di riso e riempiendolo di leccornie (da qui la forma rotonda). Pare che solo all’epoca dei normanni, con l’imperatore Federico II si iniziò a impanare l’arancino e a friggerlo. La necessità di portare il cibo con sé durante i viaggi o le battute di caccia imponeva un metodo per conservarne al meglio gli aromi all’interno (mica stupidi gli avi, con la loro idea di take away!).

Se all’inizio il ripieno poteva essere diverso, oggi si considera classico l’arancino con il cuore di ragù di carne, piselli e mozzarella, sebbene, se vi fate un giro nelle friggitorie sicule, le nuove tendenze si riallacciano al passato e troverete arancini ripieni di sole verdure o di pesce.

La ricetta è chiaramente una bomba calorica, ma fa parte di quei tesori italiani che, come diceva la mia nonna (napoletana) “é necessario saper cucinare prima di potersi sposare” (sebbene la mia nonna si riferisse al peperone ripieno!).

Questi gli ingredienti per 12 (se avete le manine sapienti anche di più, se avete le manone decisamente meno) arancini. Accanto ad alcuni ingredienti, fra parentesi troverete il suggerimento di una “maga dell’arancino” nonna Cettina, siciliana DOC, che da 60 anni prepara inarrivabili arancini per la sua famiglia.

500 di riso (il carnaroli andrà benissimo)

1 cipolla piccolina,

un bicchiere di vino bianco secco

gr. 200 di polpa di manzo tritata (sarebbe decisamente meglio acquistare il pezzo intero, scamone ad esempio, e sminuzzarlo al coltello)

gr. 100 di polpa di maiale tritata (nonna Cettina non approverebbe la carne di maiale)

gr. 250 di piselli novelli (perfetti quelli surgelati, meglio ancora se già cotti in un soffritto leggero leggero di cipolla)

gr. 150 di salsa pomodoro (il concentrato è decisamente meglio),

1 tazza  di brodo vegetale (anche di dado)

alcune foglie di basilico,

gr. 100 di burro,

1 bustina di zafferano (i puristi non lo usano, dipende dal gusto personale)

gr. 100 di formaggio grana grattugiato,

4 uova,

gr. 200 di mozzarella (molto meglio il porvolone dolce, che fila e non rilascia acqua)

gr. 400 di pangrattato,

gr. 200 di farina

olio extravergine di oliva,

sale, pepe,

abbondante olio per friggere.

Fare un ragù, facendo appassire la cipolla sminuzzata nell’olio di oliva, aggiungendo le carni e sfumando con il vino bianco. Dopo qualche minuto versare il il concentrato di pomodoro e brodo quanto basta e lasciar cuocere finché la carne é pronta. A fine cottura aggiungere i pisellini novelli. Mettete il ragù a raffreddare.

Preparate il riso facendolo cuocere in abbondante acqua salata (o in 2,5 litri di brodo anche di dado) e lasciate che il riso assorba la maggior parte del liquido di cottura. Appena tolto dal fuoco aggiungete lo zafferano (sciolto in una mezza tazzina di acqua, se vi piace), il burro, due uova e il parmigiano grattugiato. Mescolate per benino e aspettate che si raffreddi.

Una volta che tutti gli ingredienti si sono raffreddati preparate gli arancini prendendo un adeguata quantità di riso nel palmo della vostra mano e aggiungendo ragù e provolone a pezzetti in abbondanza. Richiudete con altro riso. Procedete delicatamente all’impanatura prima nella farina, poi nell’uovo (una dritta per impanare: se montate le chiare a neve e passate gli arancini nella “neve” saranno infinitamente meno scivolosi e più maneggevoli inoltre la doratura del fritto sarà perfetta) e infine nel pangrattato.

A questo punto potete friggerli subito in abbondante olio oppure surgelarli e cuocerli in seguito, l’importante é che quando li mangiate siano caldi caldi

GNAM!


Dell’immortalità

La maggior parte di noi conduce un’esistenza per la quale ha lavorato, studiato, sudato e combattutto. E la maggior parte di noi é convinta di avere il completo controllo su ciò che fa e che lo circonda (casa, famiglia, lavoro ecc. ecc.).

Quando raggiungiamo dei traguardi importanti, quando otteniamo ciò che abbiamo desiderato ci sentiamo invincibili, quasi immortali e perseveriamo in questo atteggiamento fino a che non accade qualcosa che, in qualche modo, stravolge il nostro punto di vista, ci ributta violentemente a terra e ci apre (o chiude) orizzonti che credevamo erroneamente accessibili.

Come sarebbe giusto reagire se in un pomeriggio di inizio estate ti venisse comunicato che, diversamente da ciò che credi, è proprio così: non sei immortale, non sei invincibile, sei solo pateticamente e debolmente umano ? Se qualcuno ti dicesse che tutti i tuoi deisderi, i tuoi sogni, le cose per le quali hai combattuto e vinto devono per ora subire, se ti va bene, uno stop, se va male chissà… Quali sono i sentimenti «corretti» che si dovrebbero muovere nel tuo animo di fronte a chi ti snocciola asettiche statistiche, probabilità di guarigione, necessità di interventi rapidi seguiti da trattamenti medici lunghi, ma necessari ?

Beh! Nel mio caso, niente disperazione, nessun dolore, nessuno sgomento, nessuna paura (tutto ciò viene dopo, con calma), la mia prima reazione é stata, sostanzialmente, di incredulità seguita da una profonda sensazione di tradimento da parte del mio corpo e dall’urgenza di affrontare le cose con rapidità ed effcienza (cosa, che stando in Svizzera, si è realizzata senza perdite di tempo prezioso). Se di dolore, disperazione e sgomento si può parlare, quelli che ho provato sulle prime non sono stati per me, per la mia condizione, ma per la reazione che la malattia avrebbe suscitato nelle persone che amo.

Ora che il primo grosso passo è stato superato e che le alte probabilità di guarigione si sono avverate, oltre a ringraziare i cielo e tutti coloro che mi sono stati vicini e mi hanno sostenuta in questa  «avventura», tiro un sospiro di sollievo (mi sono accorta di aver attraversato una fase di apnea profonda!).

Mi brucia comunque l’«offesa» per il brutto tiro che mi ha giocato il mio corpo, per lui ho parole di biasimo. La mia rivincita è e sarà quella di rifiutare lo status di «malata», la vecchia carcassa si dovrà piegare a quello che decido io per lei e non lei per me, continuando a vivere la mia vita pensando a questo periodo come a un incidente di percorso!

Concludo invitando tutte le signore che hanno letto questo post a fare con regolarità i controlli  preventivi che ci vengono suggeriti, senza perdere tempo, senza indolenza, ma soprattutto senza paura, non dimenticando mai che non siamo né invincibili né immortali!