Passions

Bill Viola
Bill Viola, Ablutions,2005

Chi pensa che l’arte contemporanea non possa più scuotere o andare al cuore di questioni fondanti la nostra esistenza, vi invito ad andare a Berna a visitare la mostra Passion di Bill Viola.

Bill Viola, il maestro del video nell’arte, a partire dagli anni Settanta ha adottato questo mezzo espressivo, inizialmente partendo dallo studio dei sistemi di percezione e dei segnali elettronici, poi seguendo tutti i cambiamenti che hanno rivoluzionato il mondo della comunicazione visiva. Chi conosce il suo lavoro sa che di fronte alle sue opere non si è mai spettatori passivi: i suoi video portano in un’altra realtà per far compiere un viaggio introspettivo a contatto con le proprie emozioni.

Bill Viola
Bill Viola, Observance,2002

A Berna troviamo una serie di video più vecchi nel Kunstmuseum, mentre altri cinque video legati a temi spirituali si trovano dentro la cattedrale: si tratta del ciclo “The Passions” del 2002. Bill Viola vi  affronta un tema di natura religiosa, cosa non nuova per l’artista.  Difficilmente posso descrivere l’emozione provata davanti a uno dei video del ciclo, Observance (2002), collocato dietro l’altare. E’ un susseguirsi di persone in fila, persone comuni che vengono verso lo spettatore e guardano verso il basso, esprimendo un immenso dolore, qualcosa che li turba terribilmente ma che noi spettatori non vediamo. I personaggi si muovono lentamente, sono di fronte ad una disgrazia terribile. Viene spontanea l’associazione al corpo di Cristo morto .

Con le opere di Bill Viola è sempre così, lui ti chiede di guardare, aspettare e lasciarti andare per poter meditare su alcuni aspetti della condizione umana. I suoi video non si conciliano con il mondo contemporaneo, con il consumo facile, col tutto e subito. Tutte le sue tematiche sono carattere spirituale: l’immagine dell’uomo, il suo corpo, la percezione del passaggio tra la vita e la morte, i quattro elementi fuoco acqua aria e terra. Sicuramente sono dovuto anche alla sua frequentazione della filosofia Zen.

Bill Viola
Bill Viola, Study for Emergence,2002

In questo momento chi volesse approfondire le opere di Bill Viola non solo può vistare la mostra di Berna ( che rimarrà aperta fino al 7 luglio) ma anche una mostra a Parigi, presso il Grand Palais, fino al 21 luglio . A Parigi troverete molte opere e vedrete rappresentate tutte le fasi del suo lavoro. In mostra ci sono anche le opere ispirate dai grandi artisti del passato come Goya, Bosch, Pontorno o Giotto.

Le opere di Bill Viola guardano anche al passato dell’arte occidentale e prendono dall’antico quella sapienza necessaria per condurre lo spettatore a proiettarsi dentro l’immagine. State certi le sue opere sono come una freccia che procura una fitta al petto.

 

Senti chi parla

POntormo,
Pontormo, Visitazione, Carmignano, 1528-30

Abbiamo sempre avuto il desiderio di dare vita alle  cose inanimate, un retaggio forse di quando eravamo bambini e riuscivamo a parlare e a dare voce agli oggetti.

Bill Viola, Greetings, 1995
Bill Viola, The Greeting, 1995

Massimo poi sarebbe  poter far parlare le opere d’arte, dare voce a  quel dipinto o a quella scultura che l’artista ha realizzato e ha bloccato nella materia.

In questo campo il cinema ha giocato un ruolo decisivo. Memorabile la cavalcata di Mary Poppins e Bert, quando entrano nel paesaggio disegnato  con il gesso per terra. Egualmente sorprendenti sono le voci  dei personaggi dipinti della quadreria della scuola di Hogwarts nella saga di Harry Potter. E che dire  della visita animata che ci propone il museo di storia naturale di New York, nel film Una notte al museo! Oppure (ma la lista sarebbe lunghissima) della statua equestre di Garibaldi che nel film di Soldini Il comandante e la cicogna parla e discute con un altra statua?

La scuola di Ho
La scuola di Hogwards, tratto dal film Harry Potter

Far parlare le opere d’arte ci aiuta ad immergerci in esse, nell’ambiente sociale e nel mondo culturale dal quale provengono. Insomma,  serve ad avvicinarle maggiormente. Di questi tentativi ne sono stati fatti tanti. In questi giorni avevo tra le mani un libretto edito da Polistampa nel 2011, a cura di Maria Valbonesi, intitolato Donne di quadri. Il libro si compone di sedici dialoghi inventati tra figure di dipinti famosi. Così, per esempio, si può leggere il dialogo tra  Salomè e Giovanni Battista, la cui testa finì sul piatto durante il banchetto per il compleanno di Erode (la scena è stata mirabilmente affrescata dietro l’altare maggiore del Duomo di Prato, nel XV secolo, da Flippo Lippi). Oppure leggere un dialogo dei due coniugi Lydig  ritratti da Giovanni Boldini (1842-1931) nel quadro la Passeggiata al Bois de Boulogne. Le parole cercano di riportare l’atmosfera del tempo. Ad esempio : “ dove stiamo andando così in fretta?” chiede la signora “Nowhere, mia cara , nowhere- L’unico luogo verso il quale valga la pensa correre”risponde il marito .

Filippo Lippi, Danza di Salomè,
Filippo Lippi, Danza di Salomè, dal ciclo di affreschi con storie di Santo Stefano e San Giovanni Battista, Duomo di Prato, 1452-1465

A  volte capita invece che la fortuna voglia che a raccontarci l’arte del passato sia un’artista contemporaneo. In tal caso è ancor più bello: l’arte si somma all’arte e viene fuori qualcosa che difficilmente si può dimenticare. Mi viene subito in mente la famosa video installazione The Greeting, dell’artista Bill Viola. Tramite quest’opera Bill Viola ci ha permesso di avvicinare e incontrare nuovamente e in maniera diversa il quadro della Visitazione del Pontormo, di Carmignano. Il video ha la forza di far  riaffiorare l’intensità e l’energia che sprigiona l’incontro tra Maria e Sant’Elisabetta  e in questo caso le parole sono superflue.

 

Arte in prigione

Raphaelle Ricol, Malgré la différence,2009
Raphaelle Ricol, Malgré la différence,2009

Nella Conciergerie, l’antica prigione di Parigi dove fu rinchiusa durante la rivoluzione francese la regina Maria Antonietta, contigua al palazzo che fu anche residenza dei re di Francia, si può visitare fino al 6 gennaio una mostra A’ Triple Tour che seleziona una piccola parte della collezione del magnate francese Francois Pinault.

Non vi stupite se questo famoso collezionista espone per la prima volta in Francia le sue opere: egli infatti ha eletto Venezia come città in cui far risedere la propria collezione, collocandola sia nel bellissimo edificio da lui restaurato a Punta della Dogana sia nel Palazzo Grassi, già della famiglia Agnelli.

Opere in mostra dentro una ex prigione: il tema della mostra è in sintonia con il luogo ed  è l’infermità. E la mostra anche se piccola è suggestiva forse molto più della visita alla stessa Conciergerie. Verrete subito accolti con un grande specchio di Michelangelo  Pistoletto,  intitolato La Gabbia, e poi come ha spiegato la curatrice della mostra, Caroline Bourgeois, il concetto di infermità viene sviscerato da più punti di vista: crisi politica ed ecologica, violenze urbane (con una bella scultura di Mona Hatoum), ma anche infermità personale data dal “male di vivere”. Ci sono opere curiose come l’installazione di Sung Yen e Peng Yu che indagano il tema della vecchiaia, affrontandolo in modo ironico, proponendoci tredici degli uomini  a grandezza naturale posti su delle sedie a rotelle, che si  muovono in tutte le direzioni e che sembrano giocare a dirigere il mondo.

Sung Yen e Peng Yu
Sung Yen e Peng Yu,2007

Altre opere sono denunce contro la censura e la negazione della libertà: penso, ad esempio, all’installazione di Bill Viola, dove si percorre un corridoio animato da persone diverse che cercano di parlare con la bocca tappata; oppure al quadro di Raphaelle Ricol con una donna velata in  nero vicino, si presume un uomo incappucciato di bainco come uno del Ku Klux Klan.

Bill Viola, Hall of Whisperes, 1995
Bill Viola, Hall of Whisperes, 1995

La mostra offre molti spunti su cui riflettere e dentro le sale sei perfettamente immerso nell’atmosfera del luogo, che si presenta come un carcere moderno in perfetto dialogo con il passato.
 

Fuori dalla cornice

In tempi in cui cerchiamo di rivedere il nostro stile di vita, per piacere o necessità, vorrei  parlare del piacere provato, da noi che viviamo all’estero, al momento di trascorrere un po’ di vacanze con le persone care, che ci vengono a trovare dall’Italia.

L’incontro è ogni volta una festa e questo perché è come rientrare nella cornice che abbiamo lasciato al momento di lasciare il nostro paese.  Parlo di cornice, perché uscire da essa vuol dire uscire dal quadro in cui,  per nascita per relazioni e stato di cose, sei stato abituato a vivere. Quando cambi e lasci il tuo paese devi riscrivere un po’ tutta la tua storia. Faccio un esempio: andandosene si  incontrano nuovi amici e si hanno nuove relazioni, ma le tue parole non sono sufficienti a spiegare loro chi sei stato fino a quel momento e a cosa appartieni. E così che, presto, rinunci a dare delle spiegazioni,  cominci una nuova vita e resti sempre più  fuori dalla vecchia cornice. Ecco perché quando qualcuno della tua famiglia o fra i tuoi amici ti viene a trovare è come un piccolo terremoto affettivo e relazionale, che ti fa sentire come sospeso a metà strada tra due realtà:  collegato a ciò che eri, ma anche cosciente di quello che ormai sei divenuto.

Cerco un modo per visualizzare tutto questo e, facendo un accostamento azzardato, ho pensato a quanti artisti hanno cercato con il loro lavoro di uscire dalla cornice. Allora mi sono venuti in mente i tagli di Fontana, la sua ricerca di nuove spazialità: i suoi  tagli o buchi erano un po’ come il mio emigrare, una fuga,in quel caso  da ciò che l’arte era stata fino a quel momento; era l’esplorazione di nuovi campi.

E poi vi sono il contatto con il passato e il ritorno: su questo ho pensato all’energia che può generare l’incontro tra ciò che sta dietro di noi e  la nostra vita attuale e mi è venuto in mente il lavoro di Gilberto Zorio, esponente dell’arte povera. Con le sue forme ormai fuori dal quadro ma collegati alla parete, crea  un corto circuito che mette in circolo nuova energia .

Anche per noi è così: quando ci venite a trovare, cari amici e cari parenti, è come se riuscissimo a creare nuova energia, rigenerare cose diverse e dunque  ben vengano le partenze e gli allegri ricongiungimenti.

Tutto in famiglia

Dal video di Bill Viola, The Greeting, 1995

Sono reduce da una breve vacanza in famiglia, che mi ha visto condividere con mio padre, fratelli e nipoti un evento speciale che riassume tutta la vita dei miei genitori.  Così, con la mente a  ciò che ho vissuto e forse anche per stemperare le emozioni, sono andata a rifugiarmi in un libro e ho scelto  Lessico famigliare di Natalia Ginzburg. Sono tornata a questo libro perché, anche se parla di una generazione precedente a quella dei miei genitori,  il modo di raccontare i  luoghi, i fatti e le persone mi richiamano situazioni e  vissuto della mia famiglia.

L’autrice, in una avvertenza posta a mo’ di prefazione,  dice che ciò che ha descritto “non è la mia storia, ma piuttosto, pur con vuoti e lacune , la storia della mia famiglia”. E così ci parla della sua casa paterna, del padre, della madre e dei fratelli, della vita matrimoniale e della guerra. L’autrice dice di aver riportato ciò che ha sentito e visto attorno a sé. In verità, in Lessico famigliare, si leggono le sensazioni, le cronache e gli avvenimenti di ogni famiglia, compresi i problemi, i rancori e le incomprensioni. Nel libro è forte il suo legame con la madre e mi ha colpito come abbia ben saputo descrivere la differenza delle relazioni instaurate con essa da lei e dalla sorella maggiore Paola: da un lato (l’autrice) un rapporto improntato all’aspetto materno e protettivo, dall’altro (la sorella) una relazione di parità.  Tutto scorre nel libro, si susseguono  le fasi della vita e anche le relazioni con la famiglia cambiano; come quando l’autrice,  sfollata in Abruzzo con i figli, al momento dell’armistizio riceve una lettera dalla madre, che le dice di non sapere come fare per aiutarla. Lei scrive: “ pensai allora per la prima volta nella mia vita che non c’era per me protezione possibile, che dovevo sbrigliarmela da sola. Capii che c’era stata sempre in me, nel  mio affetto per mia madre, la sensazione che lei m’avrebbe, nelle disgrazie protetto e difeso”.

Il suo libro per me  è come una strada dentro i grovigli della famiglia e ogni volta mi stupisce come la sua scrittura ha saputo dipanarli in modo semplice e leggero; ma in realtà tocca così in profondo i rapporti famigliari che in ultimo  tutti ci sentiamo un po’ parte della realtà che descrive.