Risposta all’indovinello

Questa volta il particolare è ripreso da una Azione dell’artista austriaco Hermann Nitsch. La fotografia è degli anni Ottanta e la performance è stata fatto presso l’ Orgies-Mysteries Theatre di  Vienna.

Hermann Nitsch è un esponente dell’Aktionismus viennese. Con le sue performance-azione ha mostrato se stesso nelle condizioni più estreme come in questo caso in cui si è fatto crocifiggere e ricoprire di sangue e interiora di agnelli.  Queste opere si ispiravano ai riti orgiastici antichi e alle rappresentazioni religiose teatrali.

Bravi Pepperstein e Gian Luca, la sfida continua.

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Hermann Nitsch ,Azione presso Orgies-Mysteries Theatre, Vienna, anni Ottanta

 

 

La melodia di Vienna

Ernst Lothar non è un nome molto conosciuto, soprattutto in Italia. Della sua vasta opera, in effetti, non abbiamo inteso che qualche debole eco.

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Se avete amato le atmosfere di Downton Abbey, però, non potete non leggere il suo romanzo più famoso, pubblicato nel 1944 negli Stati Uniti come The angel with the trumpet, ma oggi universalmente conosciuto come La melodia di Vienna (E/O, Gli intramontabili, 2014). Può essere considerato la versione austriaca dei ben più famosi Buddenbrook di Thomas Mann o della Saga dei Forsyte di Galsworthy, la storia dunque di una famiglia dell’alta borghesia viennese tra la fine del XIX secolo e l’annessione al Terzo Reich del 1938. La storia della famiglia Alt, costruttori di pianoforti, è la storia di come il mondo della sicurezza, dell’ottimismo liberale, rappresentato dall’Austria Felix, lentamente si sgretola su se stesso. Le vicende si dipanano attraverso la storia con i protagonisti della cultura di un’epoca, da Mahler a Strauss, da Freud e Jung a Rilke e von Hofmannsthal, da Zweig e Schnitzler a Klimt e Schiele, che appaiono sullo sfondo di una società animata da una commovente fiducia nel governo ma anche nel futuro, fiducia che verrà frantumata dalla brutalità della Grande Guerra e da ciò che ne seguì.

Il libro è una struggente elegia dedicata alla città di Vienna, un’ode animata da quel sentimento austriaco che la rese una delle capitali della cultura mondiale, una città che l’autore dovette abbandonare a causa delle sue origini ebree al dilagare del nazismo e che è la vera protagonista dell’intera vicenda. Il fallimento del sogno austroungarico di convivenza tra culture diverse coglie impreparati i protagonisti del libro, rendendoli gli ultimi privilegiati dell’ottimismo borghese che aveva animato un’intera epoca. Con loro infatti termina non solo un periodo storico ma anche una sorta di “età dell’innocenza” austriaca.

Sicuramente da annoverare fra la Letteratura del ‘900 con la L maiuscola.

Prove di Natale, n° 1

regalo di NataleNatale si avvicina. Vi farete trovare come al solito impreparati o fate parte di quella stretta cerchia di persone che dopo aver stilato un accurato e impeccabile elenco riesce a comprare tutti i regali, per tutti gli amici e i parenti mesi prima (conosco persone che battono mercatini e negozietti fin dall’inizio dell’estate…)? Cioé fate parte di quella schiera di sciattoni come me, che improvvisano fino alla mattina di Natale, rimediando spesso terribili figuracce, o affrontate il « problema regalo » con perizia scientifica (senza cioé ripetersi o sbagliare taglia, numero, persona ecc ecc)?

Per i secondi è stata redatta una lista delle dodici migliori città nelle quali si può fare shopping natalizio. I parametri di scelta sono stati rigorosi: come muoversi (qualità del trasporto pubblico, accessibilità e disponibilità di taxi, tempi di trasporto e percorrenza); valore (cioè le stagioni di vendita e i prezzi medi); varietà (cioè numero di marche disponibili, gamma delle categorie commerciali, quantità di negozi di lusso, grandi magazzini, boutique, rivenditori vintage e bancarelle); esperienza (parametro basato su bellezza della città, qualità delle vetrine e dei negozi, cordialità e competenza degli impiegati e dello staff, possibilità di alloggio e vitto). Al primo posto naturalmente c’è New York, seguita da Tokyo, Londra, Kuala Lumpur, Parigi, Hong Kong, Buenos Aires, Vienna, Dubai, Madrid, Milano e Seul. In queste città si trova di tutto e di più, i prezzi possono essere scandalosamente alti o pazzescamente bassi, le idee, per essere almeno una volta originali la mattina di Natale, vi assalgono mentre state guardando le vetrine.

Io mi chiedo, c’era davvero bisogno di fare uno studio accurato per arrivare a capire che fare shopping in una megalopoli è più facile che farlo a Busto Garolfo?

Senza cadere nella trappola moralistica sul genuino significato del Natale, reputate che sia davvero necessario il «regalo» di  Natale ? Se credete che la tradizione debba essere rispettata pensate che debba essere «utile» o completamente «inutile e frivolo» ? Basta il pensiero o bisogna andarci giù duri ?

Raccontatemi cosa ne pensate e cercate di riappacificarmi con la tradizione ridondante che faccio fatica  a seguire ed apprezzare…

Noi gente di mezzo a quale secolo apparteniamo?

E’ scomparso Eric Hobsbawm, lo storico. Se ne è parlato molto perché è uno di quegli intellettuali conosciuti anche dal grande pubblico. Il suo libro più celebre, The age of extremes (in italiano Il secolo breve, ed Bur), è sempre citato, quando si parla del secolo appena trascorso, anche se lui in verità era uno storico dell’800. Ed è proprio di questo libro che vi parlo. Il fatto è che si tratta di un’opera che ha fatto fortuna, anche perché offre una lettura sempre interessante su molti aspetti di quel periodo storico, mettendone in luce le caratteristiche salienti a ogni livello, sociale, politico, culturale. Lui lo ha chiamato il secolo breve, il 900, racchiuso tra prima guerra mondiale e dissoluzione dell’Unione Sovietica, per contrapporlo all’800, il secolo lungo, da lui fatto iniziare con la rivoluzione francese del 1789 e finire con la prima guerra mondiale, nel 1914.

Nel libro si trovano tanti riferimenti anche all’Italia e non solo per il fascismo o la guerra, ma anche per gli anni del boom e per la cultura. E questo è, secondo me, il tratto che rende Hobsbawm interessante per un blog come il nostro. Amava l’Italia e la nostra cultura. Poco tempo fa aveva registrato una lettera video a Gramsci. Al di là delle sue opinioni su Gramsci e sul suo ruolo nella storia, personalissime come ogni opinione, colpiva il fatto che questo  grande storico, vissuto sempre nel mondo anglosassone,  ma anche a Vienna e a Berlino,  parlava bene l’italiano e conosceva la nostra storia meglio di tanti di noi.

Già: un tempo le persone colte avevano un gran rispetto per l’Italia. Imparavano la nostra lingua, studiavano le nostre vicende. E offrivano un’immagine migliore del nostro paese, a chi veniva in contatto con loro. Ma che fine ha fatto questo rispetto? Che fine ha fatto il ruolo che l’Italia aveva nella cultura mondiale?