Chiacchiere del lunedì

L’Ikea, le donne e il politically correct svedese…

L’argomento per le chiacchiere di oggi ce lo ha suggerito una cara amica. Simona infatti ci ha mandato il link ad un gustoso articolo apparso sulla versione digitale di Vanity Fair Italia che ci ha incuriosito e noi abbiamo cominciato a scavare per saperne di più.

Il colosso del mobile svedese Ikea, grazie alla tecnica del Photoshop, ha cancellato dal catalogo in distribuzione in Arabia Saudita tutte le immagini che contenevano le donne. Il risultato é che mentre sui cataloghi del resto del mondo negli specchi dei bagni accessoriati si riflette una figura femminile e nelle cucine attrezzate una mamma spadella per i suoi figli, in quello saudita si aggirano i fantasmi di queste donne eliminate per « rispetto ». Infatti i responsabili della ditta svedese nel rapporto annuale affermano: «Siamo stati molto fortunati a condividere esperienze e imparare da persone di molti paesi, culture e ambienti. Continuiamo a crescere e svilupparci con collaboratori, clienti, fornitori e partner in 41 paesi e tutti possono vedere le nostre radici svedesi… Ma tutti possono sentire l’accento di ciascuno di questi paesi ».

– Dunque siamo diventate un’accento?

– Ikea arriva in Arabia Saudita e cancella le donne occidentali riprodotte sul giornale di vendita. E’ chiaro che per la ditta svedese è una censura a fin di vendita, come una  rassicurazione  per il compratore.   Ma la questione è: un prodotto può davvero essere un cavallo di Troia? Può avere la forza di distruggere una tradizione culturale ed importarne una nuova?

– Brava! è esattamente quello che si sono chiesti un po’ in tutto il mondo! Perché cancellare le donne? Forse lasciando il catalogo così com’era in Arabia si sarebbe respirata una ventata di novità, e chissà magari l’inizio di qualcosa di diverso per le donne e la loro condizione.

– Penso che un oggetto in mano all’inganno della pubblicità non è più un semplice prodotto, ma diventa un veicolo che ti fa credere di poter essere un’altra persona: comprando quell’oggetto hai il diritto di  partecipare ad una vita migliore. Allora mi domando quanto abbiano influito i Tupperware nella emancipazione femminile italiana.

– Ikea si è pubblicamente scusata per questo scivolone, ma il fatto resta. Il management del brand ha preferito sottostare alle leggi del mercato piuttosto che battere una strada che lo avrebbe sicuramente reso meno accettabile dai compratori sauditi, ma forse molto più corretto verso le loro donne.

Comunque a chi, come nella storia di Vanity Fair, non piacerebbe ogni tanto, per qualche momento, essere fotoshoppata via dal catalogo, per prendersi un attimo di pace tutto per se?

Noi gente di mezzo a quale secolo apparteniamo?

E’ scomparso Eric Hobsbawm, lo storico. Se ne è parlato molto perché è uno di quegli intellettuali conosciuti anche dal grande pubblico. Il suo libro più celebre, The age of extremes (in italiano Il secolo breve, ed Bur), è sempre citato, quando si parla del secolo appena trascorso, anche se lui in verità era uno storico dell’800. Ed è proprio di questo libro che vi parlo. Il fatto è che si tratta di un’opera che ha fatto fortuna, anche perché offre una lettura sempre interessante su molti aspetti di quel periodo storico, mettendone in luce le caratteristiche salienti a ogni livello, sociale, politico, culturale. Lui lo ha chiamato il secolo breve, il 900, racchiuso tra prima guerra mondiale e dissoluzione dell’Unione Sovietica, per contrapporlo all’800, il secolo lungo, da lui fatto iniziare con la rivoluzione francese del 1789 e finire con la prima guerra mondiale, nel 1914.

Nel libro si trovano tanti riferimenti anche all’Italia e non solo per il fascismo o la guerra, ma anche per gli anni del boom e per la cultura. E questo è, secondo me, il tratto che rende Hobsbawm interessante per un blog come il nostro. Amava l’Italia e la nostra cultura. Poco tempo fa aveva registrato una lettera video a Gramsci. Al di là delle sue opinioni su Gramsci e sul suo ruolo nella storia, personalissime come ogni opinione, colpiva il fatto che questo  grande storico, vissuto sempre nel mondo anglosassone,  ma anche a Vienna e a Berlino,  parlava bene l’italiano e conosceva la nostra storia meglio di tanti di noi.

Già: un tempo le persone colte avevano un gran rispetto per l’Italia. Imparavano la nostra lingua, studiavano le nostre vicende. E offrivano un’immagine migliore del nostro paese, a chi veniva in contatto con loro. Ma che fine ha fatto questo rispetto? Che fine ha fatto il ruolo che l’Italia aveva nella cultura mondiale?

La filosofia della “procrastinazione strutturata”

Se su Wikipedia cerchiamo John Perry, scopriremo che dietro questo pseudonimo si cela Henry Waldgrave Stuart filosofo statunitense, professore emerito di filosofia presso l’Università di Stanford, studioso che con la sua ricerca ha dato contributi significativi ad aree della filosofia quali logica, metafisica e filosofia del linguaggio (particolarmente famoso è il suo lavoro sulle situazioni semantiche).

Al suo attivo il professor Waldgarve ha titoli quali A Dialogue on Personal Identity and Immortality oppure Dialogue on Good, Evil and the Existence of God o ancora Knowledge, Possibility and Consciousness. Tuttavia è molto probabile che l’autore non verrà ricordato dai posteri per questa produzione “seria” del suo essere filosofo, quanto piuttosto grazie ad un libretto scritto appunto sotto il suo pseudonimo che si intitola The Art of Procrastination: A Guide to Effective Dawdling, Lollygagging and Postponing (L’Arte di procrastinare: una guida al bighellonare, trastullarsi e posporre efficaci).

La teoria che il professore con grande senso dell’humour propone è quella della “procrastinazione strutturata”, che sembra una cosa molto complessa, ma che si traduce in “non fare oggi quello che puoi fare domani”. Per attuare ciò però esiste un metodo testato dallo stesso professore: infatti l’elenco dei compiti nella nostra mente è strutturato in ordine di importanza, prima le cose rilevanti poi mano mano quelle con minore urgenza. Tuttavia dedicandosi ai compiti che si trovano in basso nella lista si eviterà di fare le cose in alto, pur tuttavia conservando un certo livello di azione… in tal modo il soggetto sarà occupato agli occhi del mondo sebbene stia deliberatamente lasciando allo sbando gran parte delle priorità.

L’esempio di Waldgrave (o meglio Perry) è simpaticamente illuminante. Da professore residente in università aveva, infatti, da sbrigare una gran quantità di lavoro accademico: correggere compiti, dare voti, preparare lezioni e seminari, esaminare scartoffie di ogni genere ecc ecc. Tuttavia aveva anche la possibilità di stare a contatto ravvicinato con gli studenti stando in mezzo a loro, giocando a ping pong o ascoltandoli parlare nelle loro stanze, occupazioni queste ultime molto più piacevoli e rilassanti. Risultato: fama di eccezionale educatore e mentore, l’unico nel campus capace di stare con gli studenti e capirli a fondo…

Dunque la procrastinazione come arte, come modo di vivere e di affrontare le cose.

Una filosofia di vita? No, piuttosto un alibi che ogni tanto dovremmo adottare!

Forse c’è speranza

Ho conosciuto Ilaria Capua su radio tre qualche giorno fa mentre presentava il suo libro I virus non aspettano ed.Marsilio. Nel sottotitolo si legge, Avventure disavventure e riflessioni di una ricercatrice globetrotter.

Ho scoperto che è una virologa veterinaria italiana e nel 2006 dopo aver individuato la sequenza genetica del virus dell’aviaria si è rifiutata di costudire le sue ricerche in un database riservato ma lo ha reso pubblico  e accessibile a quanti volevano studiarlo.  La sue decisione coraggiosa e controcorrente ha contribuito a cambiare la mentalità scientifica e a sottolineare l’importanza di condividere i dati ottenuti.

Attualmente è direttrice del Dipartimento di ricerca all’Istituto zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, Legnano.

Capua crede che la scienza veterinaria deve essere più vicina e interdisciplinare con la scienza umana.

Nel 2011 ha ottenuto il Penn Vet Leadership Award ed è entrata nella classifica dei 50 scienziati più importanti di “Scientific American”.

In sintesi è’ una donna che si è imposta all’attenzione mondiale, è una mamma, lavora in Italia in una struttura pubblica senza sprechi e con grande vantaggio di tutti.

Smart store, Paris…

Qualche tempo fa abbiamo parlato della Gratiferia, il mercatino in cui tutto è gratis… Oggi vi vogliamo raccontare di un singolare negozio che ha aperto i battenti da qualche tempo a Parigi… e sta ottenendo un discreto, quanto inaspettato successo.

È una boutique interamente dedicata alla “scoperta” (come recita il sito). Ma che significa? Molto semplice, per dieci euro all’anno (tanto costa l’associazione) ci si reca per “testare” gratuitamente prodotti innovativi di brand semi o del tutto sconosciuti e originali, di cui ogni settimana si potranno anche portare a casa cinque campioni omaggio. Alcuni prodotti sono da testare sul posto e su questi non ci sono limiti (se non di decenza…) all’assaggio!

Unico obbligo da rispettare è quello di commentare almeno uno dei prodotti omaggio della settimana e rispondere alle domande che vi verranno poste on line.

Qui oltre ad assaggiare bevande, prodotti di bellezza e snack potrete acquistare a prezzi decisamente bassi abbigliamento di nuovi stilisti, opere d’arte, musica. Pezzi rari a volte unici e insoliti!

L’idea ci è sembrata geniale, un altro modo per ripensare gli spazi espositivi, per dare visibilità a prodotti che non avrebbero altro mercato e chissà un modo per nuovi artisti di farsi conoscere e apprezzare battendo vie insolite…

Chiacchiere del lunedì

In questi giorni le notizie incalzano. Entrano nella mia casa come uragani; prima ci incuriosiscono poi ci lasciano amareggiati e disorientati:  un stupido film dissacratorio su Maometto, causa rabbia e costernazione in tutto il mondo; in Italia il malcostume e gli scandali non si riescono più a contare e, come se non bastasse, la consigliera regionale della Lombardia, Nicole Minetti, ci sfida e ci provoca  sfilando in passerella come una vincitrice raggiante.

La provocazione, e lo sanno bene gli artisti, che la usano, può essere un mezzo per trasmettere il messaggio del proprio lavoro,  ma io comincio ad essere stanca del suo uso smodato e irresponsabile.

Si hanno esempi delle due forme di provocazione anche nella vita quotidiana. A scuola l’insegnante provoca per incuriosire chi l’ascolta  e favorire l’apprendimento. Peccato che poi siamo circondati da provocazioni usate solo a fini  commerciale o, peggio, per affermarsi sugli altri in maniera prepotente. Ecco, queste ultime mi irritano, perché lasciano nella testa solo spazzatura: tutta questa comunicazione sciocca serve solo ad azzera le energie . BASTA, INDIGNAMOCI e rifiutiamo tutto ciò che ci offende ed è prepotente.

Non cerco la  censura, che è una forma di inciviltà,  ma credo che la libertà di espressione si debba confrontare col rispetto degli altri. Confesso che questo flusso di notizie, questo poter andare tutti in onda a dire qualsiasi cosa e sconvolgere il mondo mi mette in subbuglio.

Percepire il passato nel racconto di una storia

C’è un genere di libri che ogni tanto  leggo volentieri che hanno la qualità di portarti lontano nel passato e ti rivelano  un’era attraverso gli occhi di uno scrittore contemporaneo. In questi libri si legge sempre la verità storica unita all’invenzione letteraria,  sono libri di svago, divertono e a volte sono più illuminanti di un manuale.
Da questo genere di romanzi sono nati anche dei film, il più famoso ricorderete La ragazza con l’orecchino di perla tratto dal libro di Tracy Chevalier e incentrato sull’opera del pittore Johnnes  Vermeer.
Quest’estate  dunque ne ho letti tre di questi libri, due pubblicati dalla casa editrice Neri Pozza, l’ultimo edito da Angelo Colla ma scritto dall’editore Neri Pozza.
-Una ragazza da Tiffany di Susan Vreeland
-L’isola dei due mondi di Geraldine Brooks
-Tiziano di Neri Pozza
Tre libri ambientati in luoghi e tempi diversi, il primo ambientato a New York alla fine del XIX secolo ci svela il lavoro nell’atelier  della Tiffany Glass & Decorating Company  e ti immerge nella meravigliosa arte liberty. Mi sono piaciute tutte le descrizioni della lavorazione del vetro , durante il romanzo sembra di assistere alla nascita delle vetrate  opere composte da mille frammenti di vetro colorato.
L’isola dei due mondi invece della scrittrice australiana  Geraldine Brooks ci porta nell’America Settentrionale del 1660. La storia prende spunto   dalla storia vera del primo nativo americano laureatosi ad Harvard. Caleb il protagonista viene  dall’isola che oggi si chiama Martha’s Vineyard. Il romanzo mette a confronto tra l’arrivo della cultura cristiana  con  quella dei nativi dell’isola della tribù wopanaak. Oltre a questo è curioso e avvincente la storia dell’ateneo che nacque veramente nel 1636 con il nome di Università di Newtowne ben presto chiamata Harvard College.
Infine il romanzo forse più dotto e che segue in modo filologico la vita del pittore è l’ultimo libro  dedicato a Tiziano e scritto proprio da Neri Pozza. L’opera, da poco ristampata, venne pubblicata la prima volta nel 1976. Attraverso la vita di Tiziano si viene introdotti nella Venezia del tempo e con le opere di Tiziano e la sua vita ci si avvicina ai grandi mecenati del tempo come Carlo V, Filippo II, papa Paolo III Farnese.
Tre libri molto diversi tra loro,  con una sola cosa uguale: la fatica e le condizioni di vita difficili delle donne : Wilhelmina ad esempio dovrà sacrificare tutta la sua vita privata per poter lavorare nella fabbrica di Tiffany, Bethia  aspirerà tutta la vita a studiare ma le verrà precluso in quanto donna, e infine Cecilia, la moglie di Tiziano alla quale non è risparmiato tutta la vita sudore e fatica.

Chi ha consigliato la consigliera?

Non volevo farlo, lo giuro, ma ci sono stata tirata dentro mio malgrado e dedico queste poche righe ad una carissima amica: Chiara.

Sotto sua segnalazione sono entrata nella pagina Facebook di Parah e ho letto alcuni dei tanti commenti riguardo alla sfilata del brand di domenica scorsa, in cui protagonista assoluta è stata la signorina Minetti, che (dicono) lavora anche in politica. Non voglio entrare nel merito dell’argomento, sebbene condivida pienamente anche le peggiori battutacce, voglio solo sottolineare che, secondo me, questo è stato un vero e proprio autogol del marchio (a meno che, come qualcuno ha azzardato con grande ironia, non si voleva “riposizionare il brand su ben altro… target”). Inoltre sicuramente (come si evince dalla foto) chi ha consigliato alla consigliera cotanto abbigliamento non aveva certo a cuore il suo bene quanto piuttosto il desiderio di suscitare facile scalpore! Ma si è rivelato un boomerang!

Qualora abbiate qualche minuto da spendere e il bisogno di farvi una risata, vi invito a farvi un giro sulla pagina Facebook e leggere i creativi (quanto corretti) commenti che hanno accompagnato l’evento e magari di postare cosa ne pensate!

Esilarante.

Mai un’artista è stato più amato

C’è una mostra che si aprirà tra poco in Svizzera, a Basilea, alla Fondazione Beyeler, dedicata ad uno dei pittori più amati e desiderati tra gli impressionisti: EDGAR DEGAS. La mostra si concentra sui lavori dell’artista nell’ultimo periodo della sua vita (1834-1917).

Chi non conosce Edgar Degas?

Chi non ha visto una sua ballerina o una copia riprodotta in mille modi? A volte mi chiedo se c’è ancora un modo di avvicinarsi alle sue tele con l’incanto che devono aver provato i primi che le hanno viste. Riusciamo a vedere le sue tele senza l’influenza mediatica e la popolarità che lo accompagnano? Questo non è il destino solo di Degas ma di tutto il gruppo dell’impressionismo al quale l’artista fu legato, anche se controvoglia, fin dalla prima mostra nel 1874. In fondo dell’impressionismo non accettò alcuni aspetti come l’idea di un’arte spontanea che registrasse ciò che l’occhio catturava all’aria aperta. I suoi lavori erano costruiti formalmente e per lo più venivano creati nel suo studio con l’aiuto del modello che poteva essere una fotografia o un ricordo (non dimentichiamoci che fu anche fotografo e la sua pittura ne risenti molto). E’ vero che i suoi temi non erano retorici ma andavano raccontando la vita contemporanea parigina, la vita nei caffè oppure il mondo degli atelier e delle ballerine ritratte molto spesso nei momenti di pausa o durante le prove.

Nella mostra saranno presenti le opere di Degas più lontane dalla poetica impressionista, ma si vedranno i soggetti delle danzatrici e dei fantini, quelli dedicati al nudo femminile e alla veduta di paesaggi.

La mostra apre il 29 settembre e sarà visitabile fino al 27 gennaio per saperne di più www.fondationbeyeler.ch