Piante e sentimento

 

 

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Certe esperienze, belle e brutte, possono cambiarci la vita. Ma  questo succede anche alle piante?  E, andando ancora più lontano nel ragionamento, posso condividere un’emozione con una pianta? Domande che stanno alla base d’un esperimento  divertente e piacevolmente folle nato  grazie al connubio tra un’artista e uno scienziato. 

Questo ho scoperto ieri visitando a Firenze a palazzo Strozzi, la mostra  Ongoing dell’artista tedesco Carsten Höller e dello scienziato Stefano Mancuso, che dirige all’Università di Firenze il laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale. 

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Appena arrivata alla mostra, sono stata invitata a lasciarmi andare lungo uno scivolo d’acciaio, ripido e curvilineo, dentro l’atrio di Palazzo Strozzi (che la ospita). Mi hanno chiesto di farlo tenendo in mano una piantina verde. Alla prima curva dello scivolo pensavo mi venisse un infarto. Dopodiché sono entrata dentro le stanze laboratorio organizzate dal prof. Mancuso. A quel punto la piantina che aveva scivolato con me  è stata posta dentro una specie di  incubatore serra: da questo momento viene  studiata, analizzata e comparata ad altre per capire se l’esperienza che abbiamo vissuto assieme possa in qualche modo aver influito sulla sua crescita.  

Continuo la mostra e mi trovo due  cubi in cui si può entrare e assistere a delle proiezioni di vecchi film. In un cubo proiettano film Horrror  nell’altro spezzoni di film comici.

Höller ha collocato dei tubi di acciaio in ognuno di queste piccole sale di proiezione, collegati a due piante di glicine poste sulla facciata di Palazzo Strozzi. Cosa succederà in questi mesi alle piante? Come reagiranno? saranno influenzate dal clima delle proiezioni? Il glicine che respirerà la commedia crescerà meglio o peggio del glicine che assorbe l’atmosfera degli horror ? 695811600_780x439.jpg

Che follia questa mostra : ero in uno dei più bei palazzi di Firenze, gli scivoli che si attorcigliavano dentro il piazzale erano lucidi, brillavano (qualcuno mi ha suggerito che ricordavano i serpenti che si attorcigliano alle braccia di Laocoonte nel celebre gruppo scultoreo) era una giornata di sole: sicuramente mi sono divertita e incuriosita.

Cos’altro avrebbe dovuto offrirmi la mia città?images

Biennale di Venezia

Sono praticamente cresciuta alle Biennali di Venezia. Sin da quando sono piccola, ogni due anni si programma quando e per quanti giorni si riesce a stare a Venezia. 

Il prossimo sabato si inaugura la 57esima edizione dal titolo “Viva arte viva”. VivaArteViva

Mi vengono in mente i bei momenti, quelli un po’ più  faticosi, i passaparola, le discussioni. I ricordi si sovrappongono; mi sovvengo in particolare delle celebri pecore di Menashe Kadishman del 1978, dell’edizione del 1980 con le continue visite, assieme a mio padre, per vedere e rivedere l’opera di Magdalena Abakanowicz, nel padiglione polacco. Nel 1990 ho visto per la prima volta l’opera di Anish Kapoor e mi sono scandalizzata davanti alla scultura policroma di Jeff Koons abbracciato a Cicciolina. 

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Anish Kapoor, Void Field,1990

Non posso dimenticarmi l’immersione nel padiglione giapponese dentro l’opera di Yayoi Kusama del 1993, oppure l’orrore e l’odore acre delle ossa, lasciate dalla performance Balkan Baroque, di Marina Abramowic, del 1997.

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Marina bramovic, Balkan Baroque,1997

Mi sono tanto divertita con le sedie tamburo di Chen Zhen, nel 1999  e  mi sono lasciata condurre nello spazio dagli specchi e dai colori dell’installazione  di Olafur Eliasson, nel padiglione danese, nel 2003. Sono stata incantata e commossa, come vedessi trascorrere la mia vita, dalle opere di William Kentridge, nel 2005.

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Olafur Eliasson,2003

Alla Biennale poi ricordo le prese di posizione politiche da parte degli artisti, come quando nel 2003 Santiago Serra non mi fece entrare nel padiglione spagnolo perché non avevo il passaporto spagnolo. Oppure mi ricordo l’artista Khaled Corani, palestinese, che senza un padiglione per il suo stato aveva collocato nei giardini grandi passaporti palestinesi.

Bisogna andarci, a Venezia, e vedere cosa ci verrà proposto perché è vero l’arte è sempre viva e un po’ come ci aveva suggerito Carsten Höller nel 2015,  presentandoci la sua opera ai Giardini, la biennale è come un giro di giostra e non si può mancare.

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Carsten Höller, RB Ride, 2015

Scivolate ardite

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Anish Kapoor, The orbit

Non era la prima volta che un opera d’arte da collocare in una città creava scompiglio e polemica, ma nel 2012, quando Anish Kapoor realizzo’ la torre  Arcel Mittal Orbit, i detrattori dell’arte contemporanea si scatenarono: una torre altissima (115 metri), tutta in metallo (Arcelor Mittal è il più grande gruppo industriale dell’acciaio a livello mondiale), veniva eretta a Londra per celebrare i giochi olimpici. Kapoor aveva in effetti sfidato l’idea stessa di monumento prendendo spunto (quasi rendendogli omaggio) dal progetto di Torre -monumento alla terza internazionale, mai realizzato, opera di Vladimir Tatlin (1919-1920). L’opera era concepita per rimanere come simbolo e memoria dell’evento sportivo.

Adesso la torre cambia vita. L’artista belga Carsten Holler la userà per installare uno scivolo curvilineo che raggiungerà l’altezza di 178 metri (certo: il più alto del mondo!). La cosa sembra condotta in accordo con lo stesso Kapoor (lo ho letto sul Corriere della Sera del 27 aprile ultimo scorso). Lo scivolo sarà un grande tubo: prepariamoci a compiere folli discese. L’opera verrà inaugurata il 24 giugno prossimo.

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The Slide, Carsten Holler

Offrendo un’ emozione così forte, la torre riuscirà adesso a diventare una volta per tutte il simbolo di Londra?

Non aver dubbi: alla mostra di Carsten Holler il divertimento è assicurato

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Carsten Holler , Tate Modern,2006-2007

Per ben due volte non sono riuscita nell’intento di salire su una installazione dell’artista tedesco Holler. La prima volta mi è capitato nel 2007 alla Tate Modern quando, sorprendendomi solo come l’arte può fare, mi mise di fronte a una serie di  colossali scivoli che mi invitavano a salire per poi ridiscendere. Ma niente da fare: le persone erano così tante che avrei dovuto aspettare per ore, prima di farmi la mia scivolata. La seconda volta invece l’ho rincontrato nel 2015 alla Biennale di Venezia. In quel caso, aveva collocato nei Giardini una vecchia giostra volante modificata, che girava lentissimamente e ti invitava a salire. Non c’era fila, allora,  ma il custode mi spiegò che per ragioni di sicurezza era stata vietata l’uso della giostra.

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Carste Holler, 2015

Ora si presenta una bella occasione, a Milano: Holler è stato invitato per una mostra personale presso l’Hangar Bicocca. La mostra è stata curata da Vicente Todoli e si intitola Doubt. In mostra si vedono opere storiche e nuove produzioni  e, appena entrati, siamo invitati a scegliere il nostro percorso.imgres-2

Sembra, infatti, che sia lasciato al visitatore la scelta tra due percorsi e che al loro interno troveremo di nuovo tante strutture gioco con cui misurarsi. imagesL’ interazione con l’opera, il coinvolgimento totale e quindi la messa in atto da parte del visitatore di tutti i sensi, non è una novità nel campo dell’arte, anche se qui il riferimento ludico è spinto al massimo e sembra rimanere dentro la cornice dell’arte colorata e neo pop a cui abbiamo assistito in questi ultimi decenni.