Andiamo al cinema?

imgres-1Sarà per ciò che abbiamo visto a Cannes, sarà perché la primavera e il caldo fanno fatica ad arrivare a Ginevra, ma questa settimana l’abbiamo dedicata al cinema. I film che abbiamo visto sono due, molto diversi tra loro ma per certi versi entrambi godevolissimi e decisamente adatti a chi voglia trascorrere due serate di serenità . Il primo film è stato quello di Woody Allen Café Society. Allen è l’unico regista che ho in comune con le mie figlie piace a tutte quante e tutte loro sono sempre disposte a venire con me a vederlo. Il film ambientato negli anni Trenta racconta di un amore travagliato diviso tra New York e Hollywood. New Yorkè ripresa in una bella scena notturna da Central Park, col Dakota Building in lontananza. E Bravo Woody Allen, ha mestiere anche quando il ritmo è un po’ lento.

imgres-2Il Secondo film diretto da Jodie Foster con George Clooney e Julia Roberts dal titolo Money Monster. Un giallo-commedia a tratti paradossale ma divertente. Due bravissimi attori, George Cloony nel film interpreta la figura del guru televisivo che consiglia come investire i propri soldi. Durante un suo show verrà preso in ostaggio da un investitore rimasto fregato. La storia si complica, il ritmo del film è veloce e tra suspence e ilarità alla fine esci divertito.

Intanto a Ginevra è già stato annunciato anche l’arrivo di un film italiano: La Pazza Gioia di Paolo Virzì che andrò senz’altro a vedere il 7 giugno al Cinema Grutli.imgres-3

Sacré Bleu

Eduard Manet,
Eduard Manet,

Vi ricordate Midnight in Paris di Woody Allen? Il film ci ha fatto divertire e soprattutto un po’ sognare immaginandoci come avremmo vissuto nella Parigi di primo secolo a fianco di grandi intellettuali e maestri del tempo. Se questo genere di viaggi vi piace vi consiglio di leggere un libro: Sacrè Bleu scritto dall’americano Christopher Moore edito da Elliot. È un giallo, una storia misteriosa che vi farà rivivere l’atmosfera parigina di fine XIX secolo a contatto con i pittori dell’impressionismo. Diventerete compagni di Henri Toulouse-Lautrec e cercherete il mistero che si avvolge attorno alla morte di Vincent van Gogh. Più di ogni altra cosa respirerete l’uso del colore “ il bianco, il rosa delle ninfee – di Monet ad esempio – il grigio verde dei salici riflessi sulla superficie dell’acqua, il marrone scuro opaco e l’azzurro ardesia del cielo nell’acqua”. Tra i colori nel libro il blu sarà il colore più ricorrente e pericoloso.  Vi immaginerete a camminare per le vie di Montmatre oppure a  visitare con Camille Pissaro il Salon des Refusès dove, con gli occhi di chi lo vede la prima volta, vi troverete davanti al sorprendente quadro di Manet Le Déjeuner sur l’herbe.imgres

Un  libro valido per i compagni di viaggio che vi accompagneranno e per le molte descrizioni dei quadri e dell’atmosfera un po’ meno per la trama arzigogolata del mistero che però si perdona all’autore, per la cornice in cui è stata inserita.

La sala di lettura

Roberto Barni
Roberto Barni

Di graphic novel non ne so molto ma mi sono incuriosita quando ho letto che il giovane disegnatore Zerocalcare è candidato al Premio Strega, per il suo ultimo lavoro intitolato Dimentica il mio nome. Un fumetto? mi è sembrato strano. Così l’ho acquistato e mi sono dedicata alla lettura. Non era come mi aspettavo, per essere chiari non lo capivo, facevo fatica ad associare le immagini che mi proponeva con la storia: dopo poche pagine l’ho abbandonato. Ma non riuscivo a farmene una ragione e ormai mi aveva incuriosito: per questo l’ho ripreso, questa volta, in maniera più cosciente e disposta ad entrare nella mente e nel cuore di questo giovane disegnatore. E così mi sono ritrovata ancora una volta alle prese con questo linguaggio innovativo, confuso, ironico e serrato; con i dialoghi simili a quelli di un film di Woody Allen. Nel libro si trattano temi profondi come l’incontro con la morte, le relazioni familiari, la memoria delle cose vissute e quelle raccontate e comuni aspetti quotidiani della vita, il tutto condito con una cruda determinazione a dire la verità, qualunque essa sia. dimentica Le sue storie sono state definite “favole sotterranee e metropolitane”. Ormai è andata, Zerocalcare mi ha adescato nella sua rete, ora le sue storie, i suoi disegni surreali, mi fanno sorridere e commuovere; sento tutta la fragilità di quel ragazzo con le grandi sopracciglie nere, le sue paure, ma anche la sincerità spiazzante che per la gente della mia generazione sembra diventata un ricordo del passato. images

La vita in un libro, un libro nella vita

È vero che alcuni libri hanno il potere universale di modellare la nostra vita? È vero che certa letteratura ha un impatto rilevante sulle nostre esistenze ?

Le ragioni che ci fanno amare uno scritto, una novella, un romanzo – il quali diventano, per noi, così importanti al punto di cambiare il corso degli eventi – risiedono in preferenze soggettive e personalissime. Ci si innamora di certi lavori, di certi autori spesso senza un chiaro motivo. Le affinità segrete che ci legano spesso rimangono segrete anche a noi stessi. Eppure il potere che ne consegue è dirompente.

6789105Di questo in sintesi si occupa un genere letterario, che ultimamente sta vivendo un grande successo soprattutto nella letteratura anglosassone, il cosiddetto « bibliomemoir », che combina la critica letteraria e la biografia con i toni intimi e privati di un’autobiografia.

Gli scrittori di questo genere di letteratura ci presentano i libri che amano o che hanno amato non come una sorta di alternativa irreale alla loro vita, ma come una tappa stessa della loro esistenza, poiché offrono su di essa una lettura nuova e diversa, divenendone veri e propri capitoli chiave. Questi autori riescono a mettere nero su bianco quello che, in qualche modo, è riuscito a fare al cinema Woody Allen in Midnight in Paris, in cui scrittori e artisti del passato amati dal protagonista diventano persone reali e presenti nella sua vita…

Certi libri offrono a chi li legge un’esperienza così intensa, misteriosa ed “esistenziale”, che non è differente da quella che offre un’opera d’arte. Tale esperienza è così coinvolgente che lo scrittore di bibliomemoir cerca di tradurlo per tutti attraverso le proprie parole.

Ne nascono opere affascinanti, spiritose, argute.18630531

Il bello di questo genere di libri è quello di riuscire a leggere le opere di un certo autore attraverso le parole di uno scrittore che lo amato incondizionatamente e questo può indubbiamente aprire nuovi orizzonti di comprensione, soprattutto per quegli autori considerati « difficili ». I limiti di questo genere letterario sono sempre gli stessi : povertà di idee, linguaggio inadeguato e luoghi comuni…

Genere ancora poco conosciuto e apprezzato in Italia, vi offriamo due titoli ad esempio : di Joanna Rakoff, My Slinger Year, e Outside of a Dog: A Bibliomemoir di Rick Gekoski.

 

Fantasie malate o spunti per il futuro?

babeldomThe Guardian quotidiano britannico di lunghissima storia con una tiratura giornaliera di oltre 400.000 copie, ponendosi una domanda sull’utopia delle città ideali ha deciso di creare un sito, che si offre come forum globale per il dibattito e la condivisione di idee sul futuro delle città. Il problema della loro crescita sconsiderata, le preoccupazioni legate al traffico e alla mobilità, all’inquinamento e alla sostenibilità delle risorse energetiche si impone come la nuova sfida del futuro.

Proprio su questo sito che offre una panoramica globale, e cerca risposte alle problematiche della nuova urbanistica, ho trovato una deliziosa lista di 10 ipotetiche città del futuro, come vengono presentate in film di fantascienza famosi.

Al primo posto non poteva mancare Metropolis di Fritz Lang, in cui la città è il vero e proprio modello per ogni visione urbana futurista. Grattacieli collegati da autostrade e ferrovie sospese, perfetta per le élites che possono concedersi di vivere in questi sfavillanti edifici, un inferno per i lavoratori costretti a estenuanti turni di lavoro a ground zero.

Segue 1999, Fuga da New York di John Carpenter, in cui la città del futuro è un incubo decadente e fatiscente, abbandonata dalle autorità, lasciata al proprio destino, in cui si muove una varia umanità fatta di banditi e delinquenti. Insomma tutto ciò che non vorremmo mai vedere accadere alle nostre città nel futuro.

La fuga di Logan, di Michael Anderson, tratto da un capolavoro della fantascienza di William F. Nolan e George Clayton Johnson, è un vero e proprio cult movie anni ’70 giocato fra sociologia, allegoria e fantascienza, in cui la vita si svolge in una città racchiusa in una cupola bioecologicamente equilibrata che appare sulle prime un paradiso, ma che nasconde u terribile segreto: non vi si possono superare i 30 anni di vita. L’utopia post atomica infatti si paga a caro prezzo, tutto, compreso i corpi degli abitanti, viene riciclato senza scampo.

Al quarto posto non poteva mancare la città di Blade runner, una Los Angeles che nel 1982 Ridley Scott ambientava nell’allora lontano 2019 e che dipingeva fosca e piovosa, popolata da replicanti umani alla ricerca di un’anima.

Troviamo poi Alphaville, di Jean Luc Godard una triste città posta su un pianeta lontano, in cui vive un’umanità repressa da una sorta di Grande Fratello orwelliano. Girato a Parigi ne è una fosca copia gemella.

Adattamento di un libro di fantascienza del britannico H.G. Wells, La vita futura del 1936, è stata la più costosa produzione fantascientifica britannica degli anni ’30. La città che viene rappresentata Everytown è stata devastata dalla guerra ed è una trappola mortale per tutti i suoi abitanti.

Si trova al settimo posto la Tokio di un improbabile 2019, città robot che costruisce se stessa, organismo quasi senziente nel film del 1988 Akira del giapponese Katsuhiro Otomo.

La città in cui viene risvegliato Il dormiglione di Woody Allen del 1973, non è un luogo disdicevole, ricorda ancora molto il Greenwich Village di oggi con in più buoni trasporti pubblici. Tutti hanno subito un lavaggio mentale per rimanere tranquilli al proprio posto.

La città di Minority Report di Steven Spielberg del 2002 è la Washington del 2054. Noir, disorientante, simile in molti aspetti ad una città attuale, ma nella quale i “controllori” assicurano tranquillità a scapito della serenità dei cittadini, i quali insieme alla città vivono un malessere spirituale.

Ultimo della lista è Babeldom del 2013, di Paul Bush, “un’affascinante meditazione sulle città del futuro” come il Guardian stesso ha affermato. Qui la città è una complessa visione architettonica in egual parte bellissima e terrificante: una elegia alla vita urbana, il ritratto di una città del futuro, costituito da immagini in movimento raccolte dalla scienza, dalla tecnologia, dall’industria e dall’architettura.

Considerazioni

Tadashi Kawamata
Tadashi Kawamata

Se c’è una cosa che non possiamo più fare nel nostro mondo ricco è quello di vivere in ambienti  squallidi e poco affascinanti. Ho un’amica che pochi giorni fa mi esprimeva il suo bisogno di luoghi belli per non deprimersi. Così dicendo mi raccontava di non recarsi mai in cinema di periferia o in luoghi non sorridenti e accoglienti.

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Nel nuovo film di Woody Allen, quando la bravissima Cate Blanchett, nel ruolo di Jasmine la sorella ricca caduta in disgrazia,  va a vivere dalla sorella povera, trova sconforto  e disperazione.

E non solo per la propria nuova povertà ma anche perché trova improponibile il suo accostamento con un’ ambiente popolare e privo di bellezza estetica. Jasmine accusa la sorella di non volere di più dalla vita. Ma volere cosa? Più affetto, più relazioni forti, più amici veri? No : la accusa di non volere  più cose belle, abiti, macchine, case. Solo questo genere di cose la rassicura.

Dunque, ricapitolando, si esclude il brutto, il fatto male, il poco, e si preferiscono luoghi che ci proteggono, in atmosfere rilassanti dove tutto è più gradevole e apparentemente armonioso.

Due considerazioni una per gli architetti e una per gli artisti: queste oasi di pace, alla luce della situazione che viviamo oggi, dove il dolore dilaga e ogni giorno le persone muoiono per cercare da noi una vita migliore – ancora ieri la tragedia di centinaia di profughi, tra cui donne e bambini, morti per raggiungere le nostre sponde – come dovranno essere costruite? Dovranno avere delle mura alte  e solide, simili a delle nuove forme di castelli fortificati ?  Seconda considerazione : e l’arte, che strada vorrà percorrere?

Eleonor Antin, Going Home, 2004
Eleonor Antin, Going Home, 2004

Cercherà di rivestire questi castelli, si adeguerà a quel senso pacato di  lusso e pace  o non troverà pace finchè non avrà modo di raccontare cosa succede? Una bella sfida per gli artisti delle prossime generazioni.

Chiacchiere del lunedì

Prova mafalde

Cosa può farci la televisione? Entra nelle nostre case, imponendo degli appuntamenti fissi nel corso della settimana, attraverso le sue trasmissioni, e può capitare che certi personaggi diventino un po’ come degli zii, dei conoscenti. Non mi fate esagerare nel dire che ci si affeziona, ma davvero accade qualcosa del genere. Ma chi poteva immaginare che l’ispettore Derrick, o più precisamente l’attore Horst Tappert, aveva fatto parte, durante la seconda guerra mondiale, delle SS?  Ma come, mia nonna lo seguiva, è sempre stato l’ispettore integerrimo, gentile e comprensivo; sempre ligio alla legge. Per la verità era anche un po’ grigio, ma restava un punto di riferimento del giallo televisivo.

In effetti la vicenda di Horst Tappert suscita in me due ordini di pensieri. Il primo è quanto sia facile venire a patti con la propria coscienza. Vivere e lasciarsi vivere anche con un passato non esattamente cristallino. La seconda è quanto sia facile che l’oblio e il tempo coprano le tracce di ciò che si è stati, basta – come dire – non svegliare il cane che dorme ed anche un ex SS può vivere una vita tranquilla diventando addirittura una star della TV.  In genere ci si consola dicendo che alla fine la vita ti presenta il conto, ma non sempre è così (bisognerebbe riguardarsi a tal proposito Crimini e misfatti di Woody Allen).  

Partendo dalla notizia choc su Derrick pensavo che, certo, ne ha di potere il video. Ci influenza, ci inganna e ci dà delle illusioni: sarà mica per questo che ogni sera i nostri politici trascorrono il loro tempo in televisione a parlarci, a spiegarci cosa faranno e a cercare di convincerci di qualcosa? e mi domando ma noi li conosciamo davvero, sappiamo chi sono? sarà vero quello che ci raccontano?

Illuminanti sono le parole scritte da Roman Gary nel suo libro Biglietto Scaduto quando riferendosi a se stesso dice “mi fa orrore cambiare. Le apparenze finiscono per essere convincenti” Ogni volta che facciamo l’abitudine a qualcosa o a qualcuno poi finisce che ci fidiamo”.

È proprio dell’essere umano cercare certezze, affidarsi e fidarsi degli altri in quanto “essere sociali”, ma nella sua natura é anche essere doppio, infido e apparire piuttosto che essere, forse allora l’unica via d’uscita per conoscere veramente gli altri è quella di continuare a pensare con la propria testa, mantenendo un sano spirito critico capace di salvarci dalle situazioni complicate… 

Chiacchiere del lunedì

Quattro chiacchiere su To Rome with love l’ultimo film di Woody Allen, visto e commentato fra di noi per voi.

To Rome with Love è l’ultimo film di Woody Allen, girato a Roma, con la maggior parte degli interpreti italiani. Dopo i film ripresi in Gran Bretagna, Spagna e soprattutto dopo il delizioso Midnight in Paris, il regista ci riprova stavolta in Italia, suscitando pareri contrastanti come quelli che leggerete nelle nostre chiacchiere qui di seguito. Fateci conoscere la vostra opinione…

-Caro Woody, non basta mettere “Volare” come colonna sonora per ricreare atmosfere italiane.

-E’ vero ma non siamo ipocriti quella musica ci rappresenta all’estero tutti la conoscono.

-Mi sembra che, alla fine, Roma sia la grande assente (Parigi, Barcellona, ma anche Londra facevano più parte del tessuto dei suoi film)

-Non sono d’accordo le riprese sono molto belle, si intuisce l’amore di Allen per l’Italia.

-I personaggi sono senza spessore, i grossi calibri spiccano su tutti e le storie sono inconsistenti.

-D’accordo per lo spessore dei personaggi, eppure la storia centra alcune debolezze tutte nostre: prendi il cantante sotto la doccia ha una bellissima voce ma non crede in se stesso. Mi sembra la storia dell’Italia: ha grande potenzialità ma non ci crede e non si impegna veramente.

Sappiamo che Woody Allen è affascinato dai film di alcuni grandi registi italiani, De Sica, Fellini, Antonioni, ai quale rimanda con citazioni varie in molte delle sue passate pellicole. Mi sembra che qui abbia voluto citare in qualche modo i grandi maestri, ma l’operazione non gli è riuscita affatto. Anzi è rimasto legato piuttosto agli stereotipi dei personaggi della commedia all’italiana invece di elevare personaggi e storie a livelli più alti. Mi ha delusa!

– Penso che  nel caso di Midnight in Paris Allen abbia sentito la cultura francese più vicina a sè (fine 800 primi 900 scrittori, avanguardie…) mentre per la cultura italiana è più lontana dal suo sentire e allora i riferimenti sono stati cercati nel cinema (Fellini) e poi gli stereotipi (il sesso, pensa agli scandali di questi ultimi anni…, l’importanza della “famiglia”, del cibo). Ci salva solo un fatto, la coppia impersonata dal regista e dalla psichiatra, “gli americani”, alla fine risultano più nevrotici di noi, infatti mentre il baritono torna a cantare in doccia sereno, Allen rimane schizzato.

Insomma, il film ve lo consigliamo, si passano un paio di ore divertenti, forse non è un capolavoro, ma o zampino dell’Allen migliore si intuisce e si apprezza!

Nel buio delle scarpe strette

RIENTRARE è il verbo che meglio descrive le azioni del mese di settembre. Si appendono le ciabatte colorate, gli zoccoli per chi ancora li porta e i piedi rientrano nel buio delle scarpe strette.

Eccoci qua, dopo una lunga pausa trascorsa in transito nelle città italiane, un po’ in vacanza un po’ in giro ad inseguire parenti e figli, siamo tornate.

Sintesi di ciò che abbiamo visto e che abbiamo imparato:

– Per cominciare le scarpe: non c’è dubbio che quest’anno ne vedremo molte con le borchie e ancora una volta molte con le zeppe trampolate da vertigini.

– Tra gli artisti d’arte italiani che più sono stati acclamati all’estero quest’estate senz’altro Giuseppe Penone è stato il numero uno (presente in Germania a Documenta di Kassel prossimamente aprirà una mostra personale a Londra alla Whitechapel).

– L’Italia si divide tra chi preferisce mangiare i fichi con il prosciutto e chi sceglie il salame.

– Purtroppo, come previsto, il romanzo 50 sfumature di grigio, che è stato un successo di pubblico e ora anche di adolescenti, ce lo ritroveremo anche al cinema (vedi la nostra recensione del 6 luglio scorso)

– L’ultimo film di Woody Allen To Rome with love,  dedicato all’Italia  è stata la grande delusione degli italiani che in quei personaggi proprio non si ritrovano, ma all’estero cosa ne pensano? come ci vedono?

– In estate sono state concepite  alcune mostre interessanti che hanno messo in parallelelo l’arte contemporanea con l’antico, due di questo genere molto interessanti sono state:  Riotus Baroque, da Cattelan a Zurbaran alla Kunsthaus di Zurigo (chiude domani 2 settembre) e Messerschmidt and Modernity Paul Getty Museum di Los Angeles (visitabile fino al 24 ottobre).

– È umanamente impossibile mangiare più di 40 cm di pizza al metro a testa (test effettuato con la collaborazione di maschi adolescenti)

– Intanto i musei in Italia cercano di non lasciarsi sopraffare dalla crisi, un bel esempio il Man di Nuoro un centro d’arte contemporanea importante per qualità e ricchezza di contenuti.

– Tornate alla base e rivisto i primi vestiti per l’autunno siamo state sopraffatte dal colore arancione.

– Le ciabattine infradito sono comode sulla sabbia, ma inevitabilmente si disassemblano sugli scogli, procurando al malcapitato bagnante ematomi e graffi di varia gravità.

– In alcune zone d’Italia, per fortuna, la raccolta differenziata è stata presa così seriamente che bisogna avere una laurea per dividere la prorpia spazzatura correttamente. La pena è scavare alla ricerca del tappo perduto nel proprio sacchettino di porcherie.

– Gi amici ti salvano la vita…