Loro sono noi

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Mona Hatoum, Suspended, 2011

Falah, Khalat, Mohammed, Sagida , Aya, Mustafa, Mouthader, ce l’avete fatta : siete salvi, siete in Svizzera. Avete lasciato la guerra in Siria e Irak. Siete un gruppetto di bambini e siete stati accolti, assieme alle vostre famiglie, in case per rifugiati: stretti in piccole stanze con le cucine e i bagni in comune , avete cominciato a riprendere a vivere, a curarvi, siete tornati a scuola .  Non è passato neanche un anno da quando siete arrivati. Non conoscevate una parola di francese : ora lo parlate meglio di me.

Avete donato a tutti  bellissimi disegni e abbracci pieni di affetto.  Portate ancora traccia delle cose orribili che avete vissuto. Brutture che ogni giorno si allontanano di più, ma che lasciano il segno: qualcuno di voi è arrivato perfino a perdere i capelli dallo stress o è ancora preda dell’ansia di perdere qualcosa di importante.

E cosa succede a chi non ha avuto il coraggio, la forza, di partire? A tutti gli altri bambini? Chi sono i responsabili di questa carneficina che non accenna a fermarsi? I mesi trascorsi sono stati usati più per mettere a punto sistemi per fermare gli arrivi, che non per realizzare corridoi sicuri di uscita da questa guerra senza tregua.e2d9b9f1ccd1ed5e14b827c4d41b8d53

Ikea, non solo librerie Billy!

Si chiama Better Shelter ed è un prodotto Ikea, come appunto la libreria Billy o la cassettiera Nornäs. Non ho ancora conosciuto una persona che non abbia in casa almeno un pezzo d’arredamento Ikea, genialmente semplice e facilmente assemblabile, anche dagli inetti (ve lo assicuro in prima persona). Credo, però, che con questo progetto realizzato dalla Ikea Foundation il gigante svedese abbia superato se stesso. Infatti in sole due confezioni di cartone contenenti tutto l’occorrente (dalle istruzioni di montaggio agli attrezzi) arrivano presso i centri di prima accoglienza delle Nazioni Unite delle casette alimentate da pannelli solari, di 17,5 metri quadrati, isolate dal freddo, dal caldo e dalla pioggia. Un superamento eccellente della tenda.

“La filosofia progettuale di Better Shelter richiama, opportunamente trasposta e adattata nella scala e nell’utilizzo, la stessa filosofia che ha portato alla progettazione dei mobili commercializzati da Ikea, frutto di un alto livello di ingegnerizzazione di prodotto e processi che, permettendo un facile trasporto e montaggio “fai da te”, hanno reso Ikea famosa nel mondo insieme ai costi contenuti e al design nordico e minimale.

Al pari dei mobili, i moduli arrivano dove serve completi di istruzioni e stipati ordinatamente all’interno di due scatole di cartone (“flat-pack” è l’appellativo che la lingua inglese ha coniato e accosta al marchio Ikea), pesano meno di 100 kg e possono essere assemblati “fai da te” sul posto senza richiedere attrezzature e utensili particolari. Hanno inoltre la caratteristica del riuso: molti dei loro pezzi costitutivi possono infatti essere nuovamente impiegati”. (architetto.info/…/il-rifugio-ikea-better-shelter-entra-in-produzione-per-lunhcr).

Dopo due anni d sperimentazione l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha ordinato 30.000 unità di Better Shelter, che è stato premiato ultimamente con il premio internazionale Beazley Design of the Year Award, dedicato ai migliori progetti di design dell’anno e assegnato dal Museo di Design di Londra.

Un piccolo passo verso la normalizzazione di tante vite strappate alle loro case e alla loro terra.

Nessun uomo è un’isola

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Il calvario dei migranti e la bellezza della solidarietà passano accanto alla vita di un ragazzino di Lampedusa, che gioca e cerca una propria dimensione, mentre affronta le paure e le sfide della crescita. Accade in un bel film-documentario di Fancesco Rosi, Fuocammare, ove alla vita grama dei pescatori e degli isolani si accosta alla sofferenza, incommensurabile, dei migranti in arrivo dal mare. Due dimensioni di vita si accostano, sembrano lontane anni luce. Ma è la compassione, quella meravigliosa capacità di sentire la sofferenza altrui ed esserne smossi nel profondo, che crea un ponte attraverso il quale storie lontane si incontrano. Così si vedono gli addetti della marina Militare e della guardia costiera italiane, con i tanti volontari che si adoperano senza sosta. E si vedono i cadaveri di tanta povera gente stipati nella stiva di una carretta del mare, si vedono le mamme sfinite coi bambini moribondi al collo, si ode il canto di un gruppo di nigeriani che rivive, esorcizzandole, le peripezie atroci d’un viaggio degno d’una discesa nell’inferno. Si vede una donna piangere un pianto che non si immaginerebbe possibile per un essere umano. E a un certo punto eccolo: Pietro Bartolo, il medico condotto dell’isola. Uomo di mezza età, con gli occhiali, una faccia da persona comune. E’ proprio lui che pronuncia le parole più belle sul perché si devono aiutare queste persone; lo fa in maniera semplice e bellissima, come fanno tutti coloro che dinanzi al male e al dolore scelgono la via dell’umana compassione. Nessun uomo è un isola, disse un famoso poeta, e così questo dottore, isolano di Lampedusa, con le sue parole e il lavoro quotidiano in frontiera, col prendersi su di se’ il peso dell’umanità più derelitta, dalla quale sente di non essere disgiunto, ci sembra grande quanto una pietà michelangiolesca. In quel momento il documentario e’ un film, ossia un opera d’arte.images

Stolto e infelice e’ chi questi sentimenti non li capisce e usa questa tragedia per farsi una carriera politica.

 

 

 

 

 

Benedetta la scuola pubblica

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Mi è capitato, stamani, di accompagnare a scuola una bambina curda, figlia di rifugiati, arrivati qui in Svizzera tre mesi fa, senza niente a parte il desiderio di rifarsi una vita. La bambina è stata inserita nella scuola pubblica e proprio oggi partecipava alla prima gita scolastica. Niente di che: un giro da queste parti. Ma i suoi genitori avevano risparmiato 10 franchi dal loro povero sussidio, per darli alla bambina: “divertiti, vedrai delle cose belle”, le avevano detto.

imagesLa piccina era radiosa e mi ha mostrato i dieci franchi con tanta di quella felicità da commuovermi profondamente. Dieci franchi e una gita scolastica d’un giorno: una combinazione che forse non scorderà per tutta la vita. Ogni volta che un bambino è felice, il cielo sorride. Ma questa volta era come se fosse l’universo a esultare. Benedetta la scuola pubblica che dà a tutti la possibilità di ricevere un’educazione e di vivere questi momenti. E ben venga ogni forma di aiuto per l’inserimento di questi rifugiati. Una considerazione: Gesù fu un rifugiato, proprio come questa bambina, quando la sua famiglia scappò in Egitto a dorso di asinello. Come facciano dei paesi cristiani a rifiutare i rifugiati, io questo proprio non lo capisco.images-1

Nuove vite e tendopoli…

Getty Images
Il neonato di Idomeni (Getty Images)

Questa foto di copertina è diventata virale. Il neonato che viene lavato con l’acqua di una bottiglietta di plastica si chiama Bayane. Con la sua famiglia sta nella tendopoli di Idomeni in Grecia presso il confine con la Macedonia. Quella di Bayane e della sua mamma è solo una delle storie dei sedicimila bloccati in questo inferno di fango e freddo. E tutti coloro impantanati qui, come nelle decine di altri campi profughi, testimoniano del radicale cambiamento di tendenza di coloro che arrivano dalla Siria, per la maggior parte, ma anche dall’Afghanistan, e dall’Iraq. Non si tratta solo più quasi esclusivamente di uomini (lo scorso anno il 73% dei rifugiati), ma lungo la rotta balcanica ora si ammassano donne e bambini che rappresentano ad oggi il 53% di coloro che sbarcano in Grecia. A Idomeni partoriscono in genere 4 donne alla settimana, in condizioni assolutamente impossibili. Alcuni bambini non ce la fanno, altre volte sono le loro mamme a cedere, e tutti vanno ad ingrossare i numeri delle statistiche, come se non si parlasse di esseri umani veri ma di variazioni e misurazioni, insomma di semplici percentuali.

È troppo facile, guardando questa foto, rallegrarsi dicendo che in fondo la vita continua a scorrere prendendosi la sua parte anche nei momenti di totale disastro, che questo bambino forse è uno di quelli che ce la farà e con ciò tacitare la coscienza. L’inasprimento un po’ in tutta Europa delle pratiche di ricongiungimento delle famiglie spinge ormai soprattutto donne e bambini a sfidare le onde dell’Egeo e la rotta balcanica, un percorso a ostacoli rappresentato non solo dai baluardi naturali ma soprattutto da quelli burocratici e politici.

Noi auguriamo a Bayane e alla sua famiglia di farcela e domandiamo ai potenti di raddrizzare il corso degli eventi, mentre da normali cittadini, per quello che può valere, forse più per noi stessi e per la nostra tranquillità, raccogliamo indumenti caldi e tutine per neonati da inviare in questi luoghi

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Loro siamo noi

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Mi è capitato tra le mani un libriccino tanto bello quanto piccolo. In italiano si intitola: Loro, siamo noi. Parla dei rifugiati con disegni e parole, perché è un libro per ragazzi. I testi sono di Daniel Pennac e i disegni sono di Serge Bloch.

Tratta dei rifugiati, dei migranti, dei richiedenti asilo, in termini semplici e immediati: sono persone come noi, che fuggono condizioni di vita intollerabili.images

E’ scritto in francese e spiega con le otto lettere della parola réfugiés tutti temi che li riguardano:

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Sviluppando questo lessico chiaro e diretto, spiega le maggiori questioni legate a questa condizione di vita, associata a milioni di persone nel nostro tempo: ci sono quasi sessanta milioni di persone che hanno dovuto lasciare la propria terra a causa di guerre o persecuzioni, nel mondo. Più’ o meno c’è un’Italia di rifugiati. Sono 20 milioni di rifugiati propriamente detti, 2 di richiedenti asilo e 38 di quelli che in inglese si definiscono internally displaced people: rifugiati nel proprio paese.

Ma queste verità sappiamo spiegarle solo ai ragazzi? mi piacerebbe si riuscisse a tradurre il libro anche in italiano.

I diritti del libro sono devoluti interamente all’associazione francese La Cimade che si occupa delle persone in fuga dalla guerre.

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