Erri De Luca, preghiera laica

barcone-immigratiArriva il bel tempo e noi pensiamo inevitabilmente alle vacanze, alla spiaggia, al mare… non ci sfiora il sospetto che per migliaia di persone è invece tempo di andare, di lasciare tutto, di cercare una via di scampo in un altro luogo, aldilà di quel mare nostrum che un tempo univa le civiltà e che ora è diventato una fossa comune. Nonostante le tragedie il fiume umano, costituito da centinaia di disperati, non si arresterà.

Noi possiamo fare poco per dare una mano, ma quello che possiamo fare è cercare di creare una coscienza comune che induca l’intera Europa ad attivarsi per trovare una soluzione per risparmiare preziosissime vite umane.

Per chi non ha avuto occasione di ascoltarla recitata dall’autore, ecco il testo di una poesia di Erri De Luca, un preghiera laica al mare, affinché accolga le anime di coloro che non ce l’hanno fatta.

Mare nostro che non sei nei cieli
e abbracci i confini dell’isola e del mondo
sia benedetto il tuo sale
e sia benedetto il tuo fondale
accogli le gremite imbarcazioni
senza una strada sopra le tue onde
i pescatori usciti nella notte
le loro reti tra le tue creature
che tornano al mattino
con la pesca dei naufraghi salvati

Mare nostro che non sei nei cieli
all’alba sei colore del frumento
al tramonto dell’uva di vendemmia,
Che abbiamo seminato di annegati
più di qualunque età delle tempeste
tu sei più giusto della terra ferma
pure quando sollevi onde a muraglia
poi le riabbassi a tappeto
custodisci le vite, le visite cadute
come foglie sul viale
fai da autunno per loro
da carezza, da abbraccio, da bacio in fronte
di padre e di madre prima di partire

Il Grand Tour… come l’Interrail!

mappa d'europaFin dal tardo Cinquecento si è affermato in Europa un tipo di viaggio che si potrebbe definire di “formazione”. Cioè il viaggiatore non si incamminava per necessità (commerciale, spirituale o economica) ma per piacere, per curiosità intellettuale, spinto di volta in volta sulle orme degli antichi o alla ricerca di differenti popoli, usi e costumi. Questa idea si radica così profondamente nella mentalità e nella cultura europea che, in epoca illuminista, Louis de Jaucourt, colui che scrisse l’articolo Voyage per l’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert affermava: “Dunque il fine principale che ci si deve porre nei viaggi è senza dubbio quello di esaminare i costumi, gli usi, il genio degli altri popoli, il gusto dominante, le loro arti, le loro scienze le loro manifatture e i loro commerci”.

È così che nasce l’idea del Grand Tour che per secoli è stato intrapreso da generazioni di giovani e meno giovani rampolli delle élites europee. Un viaggio che doveva allargare gli orizzonti, rendere consapevoli delle differenze, divenire un’esperienza educativa e un momento di approfondimento, che con il passare del tempo cambia quanto a modalità (se nel secolo dei lumi si prediligeva una ricerca di carattere più scientifico, il romanticismo spinge i viaggiatori alla ricerca dell’insolito, del sublime e del pittoresco) ma non quanto a finalità.

Un lento pellegrinaggio fra le capitali della Vecchia Europa partendo dal Nord (Londra, Parigi, l’Olanda, la Germania) e giungendo a sud dove inevitabilmente si terminava con una lunga e approfondita visita delle bellezze Italiane ed eventualmente una puntata (per i più avventurosi) fino ad Istanbul, confine mentale più che geografico del Vecchio Continente. Come fedele  racconto di questo viaggio nacque un vero e proprio e fortunato genere letterario, fatto di memorie autobiografiche (Goethe, Viaggio in Italia), ma si sviluppò anche un genere di pittura che può essere definita di “reportage”, che inizia partire dagli ultimi decenni del ‘700 e che voleva essere una fedele riproduzione dei luoghi più cari ai viaggiatori (P. J. Volaire, J. Wright of Derby). Addirittura spesso furono gli stessi artisti ad intraprendere il Gran Tour come J. P. Hackert e C. Gore.dizionario ragionato

Oggi sarebbe impensabile mettersi in viaggio per mesi, come facevano questi fortunati giovani. In un’epoca come la nostra fatta di tecnologia, collegamenti veloci e  di connessione totale, perdersi fra le rovine di Roma o fra i vicoli di Parigi può sembrare anacronistico e privo di significato. Eppure dell’antico Grand Tour rimane qualcosa, una curiosità, un’inquietudine che spinge tanti giovani ad acquistare un biglietto del treno e prendersi finalmente del tempo per conoscere, capire, girare senza meta in questa nostra Vecchia Europa.

Interrail

“Sali a bordo di un treno e fai un tour a tappe dell’Europa. Incontra altri viaggiatori, scopri tutto quello che l’Europa ha da offrire e colleziona ricordi indimenticabili lungo il tragitto” e chi potrebbe resistere ad un richiamo del genere?

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore…

le statue incomplete di CatalanoLe elezioni europee stanno arrivando e noi cogliamo l’occasione per raccontare una specie di favola, che speriamo molti italianintransito troveranno interessante.

C’era una volta un omino, al quale fin da bambino avevano insegnato che votare non è un dovere, ma è un diritto. Finché era rimasto nel suo paese, da bravo cittadino, ad ogni elezione, si era recato alle urne per esprimere la propria preferenza. Un giorno l’omino, che nel suo paese non riusciva più a trovare lavoro, si vide costretto a lasciarsi alle spalle la casa, la famiglia, gli amici e quant’altro per cercare fortuna in un paese lontano lontano, al di là delle montagne e dei mari, in un luogo dove, se a casa sua era giorno, lì era notte e viceversa… Con questo l’omino non aveva certo rinunciato ai diritti che aveva nel suo paese di origine, ma non pensava che poterli esercitare richiedesse una grande fatica e un grande esborso di denaro. Infatti il poverino viveva così lontano, che doveva attraversare talmente tanti posti pericolosi e infestati da bestie feroci per poter ritornare a casa ad esercitare il proprio diritto di voto che, sconfortato, decise di lasciar perdere e di non esprimere la sua preferenza. Come lui milioni di altri omini in mille altri punti del mondo avevano, loro malgrado, preso la stessa decisione…

E questa è la verità, se infatti alle elezioni politiche coloro che risiedono all’estero, in un paese fuori dalla Comunità Europea, hanno la possibilità di votare inviando per lettera la propria scheda ai consolati, che provvedono poi a notificarla in patria, sappiate che, per le elezioni europee, questa possibilità non è contemplata: o si vota a casa, nel comune in cui si compare iscritti nelle liste elettorali, o niente da fare. Ciò significa che milioni di voti verranno “sprecati”, senza appello. Come si può pensare infatti che tutti i residenti in paesi extracomunitari abbiano la possibilità, economica o di tempo, di tornare in patria a votare? Non c’è stata la volontà di trovare una soluzione, che pure è stata prevista negli altri Stati della Comunità. Insomma, lontano dagli occhi lontano dal cuore!

Forse sono fuori dal coro, ma io ci credo nell’idea di Europa unita, trovo sia l’unico modo per uscire dal pantano in cui ci troviamo, è antistorico pensare il contrario. Io ci credo in quello che, per primi, avevano immaginato De Gasperi, Schuman e Adenauer, e veramente trovo che il non poter far sentire la mia voce, per quanto sottile, il non poter esprimere la mia preferenza su coloro che andranno a rappresentarmi, leda grandemente i miei diritti di cittadino italiano. Bisognerebbe correggere questa evidente mancanza, in modo che i cittadini residenti all’estero, fuori dall’Europa, non debbano sentirsi cittadini di serie B, come se la nostra voce non contasse… Ma tant’è!

Evviva l’Italia!

Chiacchiere del lunedì

Prova mafalde

Corrado Levi, La panchina rosa triangolare, Torino
Corrado Levi, La panchina rosa triangolare, Torino

Mi piace pensare che nel calendario il 27 gennaio sia in Europa la giornata alla memoria delle vittime del nazismo. Questo perché mi ha dato lo spunto per parlarne in famiglia, in modo particolare con la figlia più giovane che da pochi giorni ha visitato con la scuola il Museo di Anna Frank ad Amsterdam, dove, come lo stesso  direttore ha affermato, ogni giorno è la giornata della memoria.

Il 27 di gennaio è la data in cui furono abbattuti i cancelli di Auschwitz e la Repubblica Italiana con la legge 211 del 20 luglio 2000, ha istituito il “Giorno della Memoria, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonchè coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”. 

Una falsa scienza è stata il perno su cui si è basato lo sterminio di tante persone: esistono uomini che da un punto di vista genetico sono sbagliati, diversi da noi e dunque occorre sopprimerli. Una falsa biologia che è penetrata così a fondo nella mente delle persone, che hanno finito per crederci veramente. Oggi fa paura pensare che si possa aderire in tanti piegandosi ad una tale falsità. Come si può essere distorti ? Dove affonda questo orrore? Le sue radici oggi sopravvivono in chi non si vergogna di diffondere e alimentare il negazionismo, ma anche in chi in modo più sottile ritiene ineluttabile che al mondo i forti debbano sempre vincere sui più deboli.

Chi arrivò per primo in quei campi dell’orrore non ha potuto più dimenticare. Gli alleati furono incoraggiati dai loro stessi comandi a documentare con fotografie e riprese filmate ciò a cui assistevano… per non dimenticare. Gli scampati hanno conservato la memoria di ciò che accadde. Una follia collettiva che contagiò mezza Europa. Come poter pensare che tutto ciò non sia avvenuto? Eppure una certa storiografia nega che tali orrori siano mai successi. A volte rimuovere fa meno male che affacciarsi a baratro dell’orrore.

Così ben vengano i memoriali, i monumenti e le occasioni per ricordare. Vorrei segnalare l’installazione inaugurata l’anno scorso a Berlino dall’artista israeliano Dani Karavan in memoria dei Sinti e dei Rom d’Europa sterminati sotto il regime Nazional Socialista e a Torino la panchina inaugurata ieri dell’artista italiano Corrado Levi dedicata alle vittime omosessuali.

Quando una storia viene raccontata, anche attraverso l’arte, non la si può più dimenticare

Dani Karavan, Memoriale ai Sinti e ai Rom, Berlino
Dani Karavan, Memoriale ai Sinti e ai Rom, Berlino

È bene che l’arte venga in aiuto alla memoria è bene che occupi lo spazio delle nostre città e in modo libero racconti la storia alle generazioni future.

La gratiferia sbarca in Europa

Un mercatino delle pulci con verdure… dove ognuno può portare ciò di cui non ha più bisogno, in buono stato s’intende, con banchetti di fortuna o con la merce disposta su teli colorati. Ognuno si arrangia come può.

Ma cosa c’è di differente fra questo mercatino e altri simili in giro per il mondo? Qui la merce esposta è tutta gratuita, ognuno può passare e servirsi di ciò che ha bisogno (anche in questo evidentemente bisogna avere il buon gusto di non presentarsi con i camioncino e il rimorchio!). Assolutamente vietati, non solo la moneta, ma anche gli scambi e i baratti.

Nata in Agentina, quella della gratiferia non é una semplice moda dettata dai tempi difficili, ma una vera e propria filosofia. È la parte più visibile di un movimento socio politico culturale ed economico in cui, attraverso la liberazione dall’eccesso materiale, si raggiunge la felicità di tutti: « un mercato in cui nessuno si riempie le tasche, ma allo stesso tempo nessuno va via a tasche vuote » come recitano i sostenitori della gratiferia.

Ariel Rodriguez Bosio autoproclamatosi padre spirituale di questa nuova forma di fiera afferma in un video postato su YT che tale idea intende portare alla « liberazione materiale » al fine di sganciarsi « dalla oppressione del sistema economico ». Far « girare » ciò di cui non abbiamo più bisogno, ma che potrebbe servire ad altri, combattendo la tendenza ad accumulare senza sosta qualsiasi bene materiale, sul lungo periodo minimizzerebbe l’impatto ambientale che la domanda di beni e la conseguente produzione determina, e produrrebbe un beneficio anche a livello ambientale con un minore volume di rifiuti.

Il movimento si sta espandendo a macchia d’olio dal sud America è giunto negli Stati Uniti, in Canada e ultimamente è sbarcato anche nel Vecchio Continente.

Una cosa è certa, ovunque si parli di gratiferia l’accento cade sullo scambio di beni « attraverso l’amore », questi mercatini sono un luogo in cui si dona per il piacere di farlo non in attesa di una contropartita, un concetto un po’ decaduto nella nostra società.

Utopia o le cose stanno davvero cambiando?

Paleo Festival Nyon

L’estate è un periodo speciale per la musica, tutta la musica.

Nell’intera Europa è un susseguirsi di appuntamenti capaci di soddisfare qualsiasi gusto musicale.

Non vi voglio parlare dell’appuntamento principe del Lago Lemano, quel Festival di Montreaux, che ha appena chiuso i battenti con il solito inossidabile successo, ma di un altro Festival decisamente Pop, dedicato soprattutto ai giovani, ma con un occhio particolare  anche ai più datati, che ogni anno, dal 1976, si tiene Nyon.

Quest’anno aprirà i battenti il 17 luglio e terminerà il 22.

Il Paleo Festival, così si chiama, è ormai divenuto un evento musicale conosciuto in tutta Europa.

All’inizio era il First Folk Festival e raccoglieva alcune migliaia di persone nella sala Comunale della bella cittadna sul Lago di Ginevra. Esso ha conosciuto in 36 anni una crescita continua e regolare, che ha permesso di offrire ad un pubblico di più di 250.000 spettatori per ogni edizione, per nulla intimoriti da fango e pioggia che spesso accompagnano la kermesse, oltre 200 concerti e spettacoli su un’area di 83 ettari.

In questi anni si sono presentati sui palchi del Festival artisti del calibro dei Depeche Mode, Pink, Lenny Kravitz, Crosby Still and Nash, Manu Chao, Zucchero e centinaia di altri.

Per stessa ammissione degli organizzatori il suo successo è dovuto alla formula che lo vuole une melange fra festa popolare e concerto. Trampolino di lancio per giovani talenti o luogo in cui conservare o rimarcare il proprio successo, protagonista assoluta della settimana del Paleo è comunque sempre la musica. Ogni sera sui diversi palcoscenici del festival si susseguono decine di musicisti, band, performers che mandano in visibilio i 35.000 spettatori stimati, i quali hanno l’opportunità di assistere ai vari concerti, distendersi al sole, prendere il fresco, bere e mangiare a bassa spesa nelle decine di stand predisposti.

I palcoscenici sono 6: sulla Grande Scène, davanti alla quale possono prendere posto in piedi 30.000 spettatori e sullo Chapiteau (8000 spettatori), si susseguono ogni sera i nomi più famosi dell’edizione. Il Dôme (2000 spettatori) accoglie gli artisti di una regione e di una cultura particolare del mondo (quest’anno il Medio Oriente). La Club Tent (2000 spettatori) e il Détour (500 spettatori) sono dedicati ai nuovi talenti e alle nuove tendenze musicali, mentre la Ruche é il luogo dedicato al teatro di strada, alla poesia visuale e all’humor.

Il Paleo oltre ad essere una festa della musica, dedicata davvero a tutti, si impegna in modo molto serio per il rispetto dell’ambiente. Insieme al comune di Nyon infatti, che predispone trasporti pubblici efficientissimi per lo spostamento delle migliaia di partecipanti, da anni gli organizzatori cercano soluzioni destinate a limitare al massimo i problemi ambientali che una così grande massa di spettatori presuppone. Da un programma di smaltimento rifiuti personalizzato all’attenzione alla vendita di prodotti locali, biologici o vegetariani, il Festival si impegna a consumare il 100% di energia verde e a non consumare più di 20 litri di acqua al giorno per ogni persona che assiste al festival o risiede nel camping attiguo, creato per l’occasione.

Unico neo è l’acquisto dei biglietti. Gli organizzatori li mettono in vendita intorno alla metà di aprile dopo aver svelato il programma annuale del Festival e vanno esauriti nel giro di una mezz’oretta, dopo di che si scatena la caccia all’ultimo biglietto.

Per chi è rimasto senza, ogni giorno del Festival, dalle 9 di mattina è possibile connettersi via internet per provare ad acquistarlo, ma… buona fortuna!

… ci piace

ci piace che la Grecia, come ha affermato Antonis Samaras il leader di Nea Demokratia, primo partito in queste nuove elezioni, abbia “scelto l’Europa”. Siamo sollevati che il popolo greco abbia così dimostrato una profonda maturità politica, sebbene minata dai trascorsi mesi di sbandamento.  La Grecia ha scelto sicuramente la strada più difficile, ma alla fine vincente, per sconfiggere questa crisi che sembra non avere fine…

Ancora mesi di difficoltà e sacrifici sono previsti nel futuro di tutti gli europei, ma solo attraverso la sicurezza di un unità forte e stabile, tutti insieme possiamo farcela!

… non ci piace

… non ci piace quello che Beppe Severgnini riportava sul Corriere della Sera di sabato 28 aprile a proposito del grado di preparazione delle nuove generazioni. Uno studio americano, condotto dalla University of Harvard, infatti ha tristemente accertato che, per la prima volta nella storia dell’uomo, le prossime generazioni avranno studiato meno di quelle dei padri. Per gli Stati Uniti ciò dipende da molteplici fattori, fra gli altri  il costo sempre maggiore degli studi che, al contrario di quanto accadeva nei decenni passati, non garantiranno migliori prospettive di lavoro anzi sottraggono tempo prezioso. Severgnini notava che anche in Europa la situazione non é migliore. In Italia poi l’incertezza sul futuro regna sovrana e i giovani continuano ad essere i più penalizzati. Le cose cambiano quando si guarda all’Asia: qui il progresso sociale e non solo, ha creato generazioni di studenti agguerritissimi e motivati che si sono sparsi per il mondo a macchia d’olio, supportati da genitori che finalmente possono concedersi il lusso di far studiare all’estero i propri rampolli.

La situazione dell’Occidente è decadente e dà la misura di quanto necessarie siano le politiche che riguardano i giovani. Nella storia dell’evoluzione i nostri figli sono più vecchi di noi, speriamo che dimostrino, al contrario di noi, un po’ più di saggezza…