Babele a Ginevra

Esiste a Ginevra un luogo magico, di cui abbiamo già parlato. La Fondazione Bodmer, uno scrigno incantato che raccoglie libri. Una delle biblioteche private fra le più ricche del mondo, costruita da Martin Bodmer attorno all’idea della Weltliterature, termine coniato da Goethe, su un concetto già espresso in nuce da Giambattista Vico e Voltaire, secondo il quale tutta la produzione letteraria mondiale è connessa in quanto espressione della più alta creatività umana.

Alla base della Weltliterature si pone naturalmente come fondamento imprescindibile l’opera della traduzione, e proprio alla traduzione è dedicata la mostra che si aprirà l’11 novembre presso il museo della Fondazione: Babel à Geneve. Les routes de la traduction.

Nessun luogo meglio di Ginevra poteva ospitare una simile esposizione. Luogo in cui si intrecciano lingue diverse, tradizioni e modi di vita differenti, Ginevra è una vera e propria Babele. Per lungo tempo la ricchezza che rappresentano le lingue diverse è stata percepita come una maledizione lanciata da Dio per punire l’uomo (la storia della Torre di Babele). Per lungo tempo si è pensato che questa ricchezza non avrebbe fatto altro che confondere ed alimentare incomprensioni ed odio, poi grazie al potere della traduzione ciò che era incomprensibile è divenuto palese e il viaggio in altre culture e modi di pensare è iniziato. Il lavoro di traduzione dunque come un itinerario di conoscenza con tutto ciò che esso comporta, la fedeltà al testo innanzitutto, questione a tutt’oggi assolutamente irrisolta.

Un giro nella splendida villa che guarda il Lago Lemano e che accoglie la Fondazione è assolutamente consigliato, posto magico che con le nebbie autunnali acquista una bellezza struggente.

Una notte al teatro

Il teatro è solo un luogo in cui si rappresentano spettacoli o è anche un luogo in cui si possono condividere esperienze e mescolare realtà e finzione? È giusto promuovere progetti che cercano di infrangere l’impalpabile parete fra la scena e la sala, fra attore e spettatore?

Un teatro di Ginevra, l’Am Stram Gram, e il suo direttore, Fabrice Melquiot, propongono il 6 maggio, una “notte a teatro”. Non si tratta della proposta di uno spettacolo lungo un’intera nottata e neppure una sorta di notte bianca, durante la quale si avvicendano sul palco attori e performances, ma una vera è propria «parentesi inedita di incontri formali e informali, lucidi e sonnambolici» come afferma il direttore. Un momento di sonno condiviso in un ambiente in cui lo spettatore si riappropria del luogo della rappresentazione e lo fa suo.

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Il teatro non come istituzione ma come Tiers-Lieux cioè un «luogo creativo che sollecita l’alchimia della prossimità e dello scambio. Un luogo ibrido e fluido dove convergono dinamiche di sviluppo sociale, culturale ed economico».

L’iniziativa ha avuto molto successo e i posti disponibili (100 in tutto, 50 per gli adulti e 50 per i bambini) sono esauriti da tempo. Sarà interessante seguire i risultati di questa proposta che vuole donare ai partecipanti di che sognare per un’intera notte.

Frankenstein? Non è il mostro…

Duecento anni fa, nel 1816 le “aberrazioni” climatiche causate dall’eruzione del Tambora, un vulcano indonesiano che aveva scagliato nel 1815 abbondanti polveri e gas nell’atmosfera, condannarono l’Europa ad un anno senza estate. In particolare, in Svizzera il 1815 e il 1816 furono caratterizzati da eccezionali carestie e calamità, tanto che il governo federale dichiarò lo stato di emergenza.

Basta attenersi a questo scenario per capire come avvenne la genesi del romanzo Frankenstein di Mary Shelley, capostipite dei romanzi gotici per eccellenza.

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Infatti, durante quell’estate piovosa e fredda Mary, il suo futuro marito Percy Shelley, Lord Byron e John Polidori, medico e scrittore inglese, si trovarono a dover passare interminabili giornate confinati in casa, a villa Diodati, una residenza di sogno posta sulle rive del Lago Lemano, presso Ginevra. Qui per ammazzare il tempo la compagnia iniziò a leggere racconti tedeschi dell’orrore tradotti in francese e a discutere argomenti filosofici sull’origine della vita. Fino a quando, su suggerimento di Byron, tutti furono spronati a scrivere, ognuno per proprio conto, una novella sui fantasmi.

Con queste modalità e in questo clima nasce l’opera immortale di Mary Shelley alla quale, la Fondazione Bodmer dedica un’intera mostra che raccoglie i manoscritti originali, le lettere, le prime edizioni e tutto quanto può essere messo in relazione con Frankenstein.

Come proposto nel post precedente, abbiamo fatto un salto alla Fondazione Bodmer durante la notte dei musei di Ginevra, e siamo state ricompensate da questa affascinante storia che si fonde con la materia stessa del libro della Shelley. Pensavamo di sapere tutto su Frankenstein, ma abbiamo capito di non aver compreso appieno le implicazioni filosofiche, letterarie, scientifiche del romanzo, che può essere definito un vero e proprio archetipo del suo genere, inoltre profondamente radicato nella cultura occidentale, conosciuto da tutti anche se pochi, davvero pochi, lo hanno letto.

Frankenstein non è il mostro della tradizione popolare, la creatura uscita dalla penna di Mary Shelley non ha nome è un infelice, un emarginato, un tentativo fallito e abbandonato a se stesso al momento della creazione, il simbolo della pretesa dell’uomo di poter fare o disfare a piacimento. Chiuso in una solitudine infinita non può che sognare la normalità per lui impossibile.

Un romanzo epistolare che ha plasmato un intero genere letterario e che ancora oggi non perde il suo alone di immortalità, un’opera sulla quale sono state costruite infinite rielaborazioni, trasposizioni teatrali e cinematografiche e che, sebbene spesso frainteso o non compreso appieno non manca di suscitare ancora oggi ammirazione e forti sensazioni.

 

 

E’ una magia la notte dei musei

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Sicuramente Ginevra, ma anche Parigi, Roma, Firenze e molte altre città di Europa questo sabato lo dedicano ai Musei. Si, il 21 maggio è la Nuit de Musées qui a Ginevra e chi, come me, di queste istituzioni è un fanatico, ogni anno colleziona il biglietto collettivo, che poi è un oggetto qui  a Ginevra: una volta è un braccialetto  colorato, un’altra un portachiavi; questo anno è un piccolo foulard di colore blu per gli adulti giallo per i bambini. Un simbolo per sostenere i musei e per partecipare alla voglia di trascorrere un notte diversa. Non so come la cosa si svolga nelle altre città, ma Ginevra è davvero ben organizzata ed è divertente parteciparvi, anche perché la città mette a disposizione una navetta, che porta a tutti i musei. I quali sono aperti, con al loro interno una serie di iniziative per bambini e adulti. Poi vi sono guide che vi spiegano le opere e che vi incoraggiano a prendere familiarità con le collezioni del museo. Questa volta, il tema scelto per questa nottata speciale è: la magia.imgres-1

La serata vorrei farla cominciare al Mamco, il Museo d’arte contemporanea, perché alle 19 è possibile ascoltarvi l’artista italiano Gianni Motti che presenta la sua opera Big Crunch Clock. Si tratta di un orologio digitale, di venti cifre, in grado di contare alla rovescia gli anni, i mesi, i giorni , le ore i minuti che mancano che restano al sole prima della sua esplosione, calcolata dagli scienziati in 5 miliardi di anni.

L’orologio è stato messo in funzione dal 1999 è alimentato dalla luce solare la stessa, che lo distruggerà.

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Gianni Motti, Big Crunch Clock,1999

Dopodiché, vorrei andare a visitare l’eccezionale Fondazione Martin  Bodmer, dedicata al libro e alla letteratura, una delle istituzioni, di questo genere, più importanti al mondo. Per l’occasione è stata organizzata una mostra  dedicata a “Frankenstein creato dalle tenebre”, pensata per celebrare il romanzo di Mary Shelley ( scritto a Ginevra nel 1818) e con esso l’inizio della letteratura fantastica. Se aspetteremo le dieci di sera, verremo dotati anche di una pila per andare a cercare al buio i fantasmi che vivono nel museo.    imgres-2

Sarà un sabato diverso e divertente. Certo la scelta tra i vari musei è sempre difficile; l’importante però è partecipare. Chi volesse saperne di più, può consultare il sito www.nuitdesmusees-geneve.ch

Un viaggio nel Centre d’Art Contemporain di Ginevra

Giorgio Griffa,
Giorgio Griffa, verticale policromo

Nel campo dell’arte contemporanea esistono diversi tipi di “musei”  e metto il termine tra virgolette perché non sempre adatto alla sfera del contemporaneo. Nel museo si raccolgono -almeno nell’immaginario collettivo- opere storiche, tanto è vero che se qualcuno ti definisce “un pezzo da museo” ti devi considerare una persona vecchia e antiquata.

I musei d’arte contemporanea comunque hanno collezioni permanenti e svolgono un importante ruolo nel preservare il nostro passato prossimo. La tipologia invece più dinamica e propositiva è data dai centri d’arte contemporanea, le Kunsthalle del mondo tedesco: spazi dove generalmente si lavora con uno spirito di ricerca, indagine e promozione di artisti nuovi e poco conosciuti.

Giorgio Griffa,
Giorgio Griffa, Dall’Alto, 1968

In questo momento, a Ginevra, il Centre d’Art Contemporain presenta due mostre che saranno aperte fino ad agosto entrambe molto interessanti. Una dedicata all’artista italiano Giorgio Griffa e il secondo dello svizzero Reto Pulfer.

La mostra di Giorgio Griffa per me è stata una bella scoperta; non è artista giovane ma il suo lavoro lo conoscevo poco (ricordo di aver visto un opera esposta al Museo del Novecento di Milano).

Il lavoro di Griffa mi ha riportato indietro negli anni Sessanta quando l’arte italiana era un centro propulsore di ricerche e colloquiava con il linguaggi dell’avanguardia. Il suo lavoro composto come si legge bene nel pannello esplicativo della tela è fatto di tre elementi: la tela, il tocco e il colore.

La tela è svuotata da tutti i valori del quadro, non è delimitata dalla cornice si presenta invece come un modulo ripetibile all’infinito su cui lasciare la traccia del colore, sia essa verticale o orizzontale. La traccia lasciata non risente della pressione fatta dalla mano dell’artista ma è leggera impersonale.

Lo spazio invece dedicato a Reto Pulfer è un’unica grande installazione: un percorso dove il colore delle grandi tende vi trasporta in un altro luogo, o meglio in un viaggio dentro le annotazioni dell’artista.

Reto Pulfer
Reto Pulfer, Dehydriere Landschaft

La sua poetica ricorda l’universo dada e la convinzione che l’arte tocca tutti i campi della vita l’avvolge come il Merzabau perduto di Kurt Schwitters. L’opera però mi ha ricondotto anche verso l’energia dell’art brut, ovvero a quel linguaggio dell’arte sempre capace di rigenerarmi e di aiutarmi a ritrovare uno slancio nel vivere quotidiano.

Il Centro termina al terzo piano con un piccolo scrigno, la saletta cinema Dynamo. A me piace andarci senza sapere cosa incontrerò, mettermi a sedere e lasciarmi spiazzare, in questo caso era domenica e ho trovato un video di Emilie Jouvet (regista, fotografa francese). Il video era dedicato all’incontro e ai differenti orientamenti sessuali. Ho assistito ad un lungo carosello di baci dove passione, imbarazzo, ardore e sfrontatezza tracciavano il variegato modo di mostrare i nostri sentimenti davanti ad una telecamera.

Insomma ho fatto un viaggio in tre piani diversi dell’edificio, ognuno di essi aveva un sapore diverso. Come sempre mi sono divertita e lo suggerisco a tutti gli italianintransito.

Côté Suisse

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E’ giugno e si respira aria di vacanze. Nei cantoni di Ginevra e di Vaud si moltiplicano gli appuntamenti dedicati alla musica. A Nyon, ad esempio, si è appena concluso il festival Caribana e presto si terrà quello ancor più grande di Paleo. A Ginevra, come consuetudine, il 19-20-21 giugno si avranno tre intere giornate dedicate alla festa della musica, dove si potranno ascoltare più di 600 concerti di professionisti sparsi per la città, con gli amatori sono invitati a suonare nei parchi des Cropettes e Beaulieu.

Ma la cosa che ogni anno mi colpisce di più è un altro evento. Anche questo si tiene per le strade della città. Si tratta di una vera e propria iniziativa di street music con pianoforti verticali disseminati per la città. Gli strumenti sembrano abbandonati, ma vi si può leggere sopra la frase: Jouez, Je Suis à Vous. Il pianoforte è lì per tutti noi, è un invito aperto a sedersi e suonare. Ieri, ad esempio ho visto un ragazzo appena uscito da scuola, con lo zaino ancora sulle spalle, suonare davanti al centro commerciale La Combe, di Nyon. Tanti altri ragazzi, incantati, si sono seduti per terra e si sono messi ad ascoltarlo. L’idea dei pianoforti messi a disposizione per le strade non poteva che nascere dalla mente di un artista: facendo un po’ di ricerche, si scopre che è un progetto presentato la prima volta nel 2008 dall’artista inglese Luke Jerram. In questo momento a Ginevra di pianoforti per le strade ce ne sono 60, mentre a Nyon ce ne sono 5.

Si cercano i pianoforti, si suona sulle rive del lago Lemano, si ascolta e si condivide questa esperienza; poi se si vuole si fanno delle foto e si mettono on line sul blog streetpianos.org. Questa iniziativa non è limitata alla Svizzera: anche in Italia la città di Firenze ha aderito all’iniziativa seguita anche da altre città europee come Parigi, Stoccolma (tutte le informazioni le troverete sul blog).

Côté Suisse

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Geneve, oh Geneve!

La temperatura è estiva. Il sole brilla in un cielo azzurro sgombro di ogni velatura. Un cielo quasi montano, ma l’aria è dolce, neppure la “bise” oggi ha voglia di scorazzare sulle onde del lago. Ginevra vive una di quelle giornate gloriose in cui si stenta a credere di essere in fondo in un luogo definito “freddo” dove fino a 15 giorni fa il soprabito pesante non guastava. Tutti per strada. È l’orario di fine lavoro, ci si riversa sulle rive del lago, si beve qualcosa seduti nei dehors, ci si accorda per la serata. Ci si incontra, ci si parla quasi con stupore, increduli in questo clima che potrebbe essere mediterraneo. Tanta gente, tante lingue, tanti colori. Ginevra crocevia di culture e modi di vita si è riversata tutta per strada. Mi sono ritrovata a godere di questa atmosfera, grata di sedere qui senza pensare a nulla, solo respirando questo profumo di lago così diverso dai profumi ai quali sono abituata. È così ho capito, ogni ansia si è placata, ogni desiderio di ritorno si è trasformato in ricordo struggente, e questa finalmente, dopo tanti anni è diventata casa mia!

Côté Suisse

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Che belli sono i festival. A Ginevra ne avremo presto uno di storia: Histoire et cité, dedicato al tema “costruire la pace”. Sarà che celebriamo l’anniversario della fine della seconda guerra mondiale (per noi italiani è anche l’anniversario della entrata nella prima guerra), oppure quello del congresso di Vienna – che ristabilì un equilibrio precario in Europa dopo gli sconvolgimenti napoleonici – oppure che viviamo tempi difficili con conflitti un po’ dappertutto, ma il tema è azzeccatissimo.

Si tratta di una serie di conferenze e di proiezioni di film sul tema della guerra e della pace. L’idea del festival è che pace non sia solamente assenza di guerra, ma un qualcosa che si costruisce, si coltiva, si edifica, tutti assieme, anche dopo aver vissuto le peggiori sofferenze. E per capire come si costruisce la pace, bisogna anche capire come mai scoppiano le guerre.

Si parla quindi di conflitti e di accordi di pace di ieri e di oggi. E Ginevra con le sue istituzioni, con la sua storia di impegno per un mondo migliore, è al centro di tante conferenze. Storici, antropologi, sociologi, giornalisti, giuristi, diplomatici, si danno appunatmento in città dal 14 al 16 maggio. Uniamoci a loro.

Il programma è fitto di appuntamenti, chi volesse saperne di più http//histoire-cite.ch

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Controllo documenti alla stazione di Briga
Controllo documenti alla stazione di Briga

GENUS

Generazioni a confronto: il nuovo flusso migratorio italiano e le seconde generazioni in Svizzera.

Ginevra, ore 16,30 di un sabato qualunque in centro. Ovunque ci si volti sembra che l’intera città parli italiano. Neo mamme, coppie giovani e meno giovani, bambini, adolescenti… Forse è l’orecchio allenato alla cadenza natia o il desiderio di ricreare le routine conosciute, ma davvero questo sembra un sabato italiano.

Secondo l’ufficio di statistica della federazione su una popolazione residente di 195’160 abitanti, a Ginevra vivono 93’764 straniera di cui ben 13’277 italiani (ma il numero non tiene conto di coloro con doppio passaporto). I nuovi arrivi sono giovani: per il 60% infatti si tratta di soggetti fra i 20 e i 39 anni e il 19 % ha tra i 40 ed i 59 anni.

Cosa hanno di diverso i nuovi arrivati rispetto agli immigrati i cui figli rappresentano ormai la seconda generazione dei residenti a Ginevra di origine italiana, a che punto siamo con l’integrazione, che volto hanno i nuovi migranti italiani, sono differenti dalle generazioni approdate in Svizzera il secolo scorso?

Sono queste e molte altre le domande alla quali vuole dare una risposta esauriente il progetto GENUS e il suo realizzatore, il fotografo Francesco Arese Visconti, coordinatore del programma di fotografia alla Webster University di Ginevra e ricercatore. “L’obiettivo del progetto è quello di descrivere il “nuovo” flusso migratorio italiano e di confrontarlo con i pari età di seconda generazione di origine italiana”, per fare un’istantanea della realtà in cui tanti “italianitransito” vengono a trovarsi. E come descrivere una realtà tanto composita se non attraverso proprio la fotografia? Il mezzo si presta meglio di qualunque altro a raccontare storie diverse e a metterle a confronto. 50 foto e 50 storie (25 di migranti di prima generazione e 25 di persone di seconda generazione italiana), che verranno raccolte attraverso le interviste condotte da Betty Sacco German (docente di Psicologia alla Webster University di Ginevra ed analista Junghiana), il tutto per “esplorare le forme di attaccamento e di integrazione alle culture e lingue italiana e svizzera”. Infatti in un nuovo paese si può decidere di relazionarsi in diversi modi alla cultura del luogo. “La prima possibilità è che i nuovi migranti rifiutino totalmente la loro cultura di origine ed assimilino la nuova cultura; la seconda possibilità è che rifiutino la cultura del paese che li ospita e mantengano la loro cultura di origine. La terza possibilità è che si mantengano fedeli alla cultura di origine pur essendo aperti alle influenze della cultura locale. Solo la terza strada è quella che porta all’integrazione”. A che punto siamo oggi nella comunità italiana?

Lo scopriremo alla fine dello studio, attraverso: “un libro di 50 fotografie e interviste; un sito/blog dove potranno essere visualizzate tutte le foto, le interviste e le immagini di backstage. Il blog permetterà di interagire con la comunità durante la fase di sviluppo del lavoro. Le persone saranno in grado di inviare commenti e suggerire altre storie. Alcune interviste selezionate saranno lette su “Mezz’ora Italia”, il programma radiofonico di “Cultura Italia”, in onda su Radio Cité Genève (92.2); una mostra a gennaio 2017 a Ginevra e nel marzo 2017 in Italia.

Il nostro è un appello ai nostri lettori italo svizzeri affinché entrino a far parte di questo progetto, dove potranno raccontare la propria storia, le proprie esperienze, i pensieri e la nostalgia, il rifiuto e l’emarginazione o piuttosto l’accettazione e l’integrazione. Chiunque voglia partecipare può farlo mettendosi in contatto con il responsabile del progetto attraverso il suo sito /http://aresevisconti.com/genus-generazioni-a-confronto-ita/

La ricerca è sponsorizzata dalla Webster University con il sostegno del Consolato italiano a Ginevra, della Ville de Genève – Agenda 21 e da Cultura Italia, associazione indipendente che promuove la cultura italiana a Ginevra attraverso una serie d’attività culturali e ludiche.

Côté Suisse

vuesaeriennes01_copyright_geneve_tourisme_1Su un territorio di appena 16 Km quadrati, tale è l’estensione della città di Ginevra, ci sono 20 musei, fra pubblici e privati. La città spende il 22% del suo budget annuale per la cultura. Tuttavia come Philippe Vignon, patron di Genéve Tourisme  ha dichiarato “Ginevra è molto brava nel savoir-faire ma decisamente mediocre nel faire-savoir”, infatti la sua pecca principale è quella di non essere in grado di fare una convincente “promozione culturale”.

Finalmente chi doveva interessarsi di questa fondamentale verità se n’è accorto. Ginevra finora ha vissuto un singolare paradosso. Città attivissima dal punto di vista culturale, capitale della musica classica ed elettronica, della danza moderna e del teatro d’avanguardia non si è mai preoccupata di promuovere questa sua vocazione, tagliando fuori di netto le migliaia di possibili frequentatori stranieri degli eventi e creando quasi una casta di iniziati al corrente delle diverse offerte culturali.

Alexandre Demidoff, editorialista di Le Temps ha messo il dito nella piaga affermando che Ginevra a tal argomento si dimostra : “Aristocratica fino all’indifferenza, e favorisce una cultura tra pochi, a prescindere dai profitti, simbolici, narcisistici ed economici, che tale offerta può portare”.

La soluzione a ciò che è stato definito “calvinismo in materia di politica culturale” è quella di puntare sui musei nonostante le loro pecche e i loro ritardi nelle infrastrutture, gli esperti hanno riscontrato che per far risorgere Ginevra come capitale culturale al pari di altre città europee è necessaria un’icona, come il Guggenheim per Bilbao, come la Fondazione Beyeler per Basilea. Chissà se la sfida verrà accettata dalla municipalità. Per quanto riguarda noi italianintransito e tutti gli altri expat della città non vediamo l’ora che le cose cambino per poter godere in qualche modo della vitalità culturale di Ginevra, per noi semi sconosciuta! Che dire? Ci auguriamo che la città di Ginevra si accorga e sia clemente con i non iniziati, ma affamati di cultura… e ce ne sono tanti!

 

English version

Over a land area of just 16 squared kilometres, in the westernmost tip of Switzerland, you will find the city of Geneva and its 20 museums. The city spends 22% of their annual budget on culture. However, as Philippe Vignon, head of Genéve Trouisme, states ‘Geneva has plenty of savoir-faire, but is mediocre in the field of faire-savoir’. The city’s biggest fault, in fact, is the lack of a successful marketing campaign to publicise the existence and extent of their numerous cultural attractions.

Recently, the people that were meant to take care for this aspect of Geneva’s cultural heritage, realised their mistakes. Until now, the city of Geneva has been paradoxically both very active in the cultural field, with important events taking place spanning from music, dancing, and theatre performances, while at the same time never really bothering to let people know about them, cutting out thousands of potential foreign visitors from seeing the city for the culturally rich environment it sustains. This creates a small group of privileged few that know about these events.

Alexandre Demidoff, editor of Swiss newspaper Le Temps, caused a stir stating that Geneva, when faced with the argument, is ‘aristocratic to the point of indifference, and favours a culture reserved for a fortunate few, without regards to the economic, symbolic and narcissistic profits that doing the opposite would bring’.

The solution to what was defined ‘calvinism in the field of political culture’, is to wager in favour of these museums regardless of their faults such as their lateness in building infrastructure. Experts’ reports claim that in order for Geneva to become an important cultural focal point like its European counterparts, it needs to find its iconic establishment, much like the Guggenheim in Bilbao or the Beyeler Foundation in Basel. Who knows whether this challenge will be taken up by the city’s municipality, who holds the power to make this change happen. All we know is that us Italianintransito, along with countless expats, cannot wait for a change in the city’s politics in order to enjoy the vitality around Geneva’s cultural life so unfamiliar to us. What else? We hope that the city of Geneva realises its mistakes for the culture-hungry population… After all, there are plenty of us!