Urgenze per l’arte

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Ci sono due notizie che uniscono le competenze dell’arte alle urgenze del nostro tempo e che mi hanno dato fiducia e speranza in questi giorni. La prima riguarda l’avvio dei lavori per il nuovo ospedale di Emergency, avvenuto la settimana scorsa in Uganda: a Gino Strada stavolta si è unito Renzo Piano. Si, sarà proprio il grande architetto italiano a progettare  quello che diventerà un centro di eccellenza in chirurgia pediatrica sul Lago Vittoria non lontano dalla capitale Kampala.imgres

La seconda notizia invece è un progetto più piccolo che viene dal mondo dell’arte. Il collettivo AMP Art, infatti, che lavora nel connettere architettura, antropologia e attivismo, ha dato vita a un progetto, in Inghilterra, dal titolo OVA INE: Refuge/e . Il progetto ruota attorno a una tenda per rifugiati, che arriva direttamente dal Libano, costruita usando una combinazione di materiali poveri locali come il gesso e vecchi pannelli pubblicitari di plastica.8343020-13071243

Questa tenda viaggerà per tutta l’Inghilterra e sarà uno spazio pubblico dove si potranno ascoltare le storie (registrate) di tanti rifugiati. Frammenti della loro vita e delle lotte quotidiane per la sopravvivenza. Un modo per cercare di comprendere una  condizione di vita lontanissima dalla nostra esperienza. La tenda sarà inizialmente ospitata dallo Yorkshire Sculture Park nel periodo 16-26 marzo.

  

Movimenti

Adrain Paci
Adrian Paci

Non passa giorno senza che si parli di giovani teste italiane in fuga. Il Messaggero, martedì scorso, in un articolo di Riccardo De Paolo, dopo aver rilevato che per l’Istat gli italiani che lasciano l’Italia sono aumentati del 26,5%  ha cercato di tracciare una guida per scegliere dove e come lasciare l’Italia.

Per noi che viviamo già all’estero, questo è un tema caro. Sempre in settimana, in un servizio di Radio3 sui giovani in fuga dall’italia, ho ascoltato un imprenditore italiano, che vive a Londra, confermava l’arrivo massiccio di italiani in Inghilterra. Lui pero’ sottolineava anche come questi laureati e specializzati si ritrovano purtroppo a dover lavorare come camerieri nei caffè o come commessi nei negozi.

Ancora fuga di cervelli: articolo del Corriere della sera domenica  scorsa, questa volta per sottolineare un successo tutto giovane e tutto italiano ma ottenuto in Francia. Infatti mentre Luigi Cattel e Barbara Stella hanno vinto il premio europeo degli inventori con i “nano proiettili” anticancro (a loro il trionfo e il premio meritato, ma all’estero i guadagni di questa ricerca)  Massimiliano Salsi lavorando a sud di Parigi a Villarceaux in una multinazionale franco-americana è rientrato tra i dieci vincitori del Mit Technology Review Award. Infatti insieme a Alberto Bonomi ha contribuito a costruire un cavo ottico sottomarino per trasmettere grandi volumi di dati a supervelocità, che uniranno gli Stati Uniti al Messico fino al Brasile.
Salsi afferma di non sentirsi un cervello in fuga e che deve all’Università di Parma le competenze fondamentali nella tecnologia delle fibre ottiche e che si sente parte di un team internazionale dove “Distanze geografiche e passaporti contano poco”.

Dunque pensavo, ai giovani tocca avere coraggio, tocca lasciare i percorsi convenzionali e poi devono imparare presto a tener duro in un paese dove la lingua, il modo di agire e la cultura sono diversi .

Eppure mi convinco che tutto questo servirà: questo migrare trasformerà anche il nostro paese, lo modificherà in profondità perché chi parte diventerà più esigente con l’Italia e non sarà disposto a scendere a compromessi; non accetterà gli errori di chi ha il compito di governarci e l’obiettivo di rimetterlo in grado di marciare. Chi  deve fuggire oggi sarà più intransigente domani.
 

Il paradiso perduto di Parade’s end

Il romanzo storico è un genere che per definizione narra di personaggi e avvenimenti inventati calati in contesti storici reali, in cui gli aspetti culturali, economici sociali del periodo in esame entrano a far parte della trama del romanzo stesso.

No, non stiamo per parlare di Manzoni e men che meno dei Promessi sposi, che ci hanno accompagnato nei lunghi anni del liceo, ma di un romanzo che non ha avuto altrettanta fortuna e che è rimasto sugli scaffali delle biblioteche fino a quando la BBC non ne ha fatto una riduzione in cinque puntate per la televisione inglese.

Stiamo parlando della misconosciuta tetralogia dell’altrettanto misconosciuto (almeno in Italia) scrittore britannico Ford Madox Ford composta da Some Do Not (1924), No More Parades (1925), A Man Could Stand Up (1926) e Last Post (1928), che tutti insieme compongono Parade’s end.

Ford passò ben sei anni della propria vita scrivendo questo incredibile affresco dell’Inghilterra post Vittoriana alle porte della prima guerra mondiale. Il romanzo come tutti i grandi capolavori della letteratura riesce a calarci perfettamente nel periodo in esame presentando una sorprendente visione dell’Inghilterra come di un paradiso perduto, all’interno del quale si agita un ordine sociale e morale in fermento, in cui la guerra è considerata solo come un sintomo di un più ampio malessere cronico. Oggi quest’opera è quasi dimenticata perché difficile da leggere (come del resto è difficile da leggere L’Ulisse di Joyce), perché molti sentimenti espressi sono ormai non politicamente accettabili e perché narra di una gerarchia e di un ordine sociale che ci rimangono decisamente alieni. Ma allo stesso tempo ci offre una visione moderna della guerra come sporco affare burocratico, inglorioso e inutile nella usa crudeltà.

Vengono qui narrate le vicende di un eroe classico, Christopher Tietjens, puro esempio di anacronismo storico che tenta di restare aggrappato a nobili ideali in un’epoca di ipocrisia e materialismo.

Il nostro eroe mantiene rigidamente la sua posizione contro la marea del dilagante malcostume e della perdita di quei valori tradizionali che avevano reso grande l’Impero britannico conservando un’ingenuità che lo rende un personaggio al quale affezionarsi velocemente.

Le vicende di Tietjens, membro della piccola aristocrazia di campagna che tenta con tutte le sue forze di rimanere fedele alle proprie convinzioni si sviluppa nell’arco di diversi anni, la sua vicenda umana si lega indissolubilmente con le tragiche vicende storiche dell’inizio del secolo scorso. È un personaggio che tenta di mantenere una parvenza di normalità nella follia di un mondo che crolla e che è destinato a scomparire.

Bellissimi questi libri, e il mio consiglio è quello di leggere assolutamente la tetralogia, sebbene non sia mai stata tradotta in italiano. Sarà una lettura complessa certo, ma che consentirà di capire un’intera epoca e i mali oscuri che l’hanno afflitta mentre la storia compiva inesorabilmente il suo corso.

Non so come farvi affezionare alla vicende umane di Tietjens, una sorta di età dell’innocenza inglese, ma vi assicuro che la sua storia vi appassionerà totalmente, legandovi al puro piacere della lettura.

Per chi poi non se la sente di leggere in inglese l’adattamento della BBC è un fedele surrogato (sarà un ossimoro?).

Salva il pipistrello e… salverai il pianeta

Il 2012 è stato proclamato dal CMS (convention on migratory species) dell’UNEP (united nations environment programme) in collaborazione con EUROBAT (la lega per la conservazione della popolazione europea di pipistrelli) L’anno del pipistrello. Nel corso di tutto il 2012 si susseguiranno, in tutto il mondo, eventi per celebrare i vari aspetti della conservazione di questa specie, per rispettarne la biodiversità e monitorarne vita e abitudini.

Sebbene la tradizione ci abbia consegnato l’immagine di animali immondi, né uccelli né ratti, legati in vari modi a superstizioni che li hanno resi decisamente impopolari, questi mammiferi sono non solo utilissimi insetticidi naturali (riescono in un notte a mangiare più di 5000 insetti), ma sono anche determinanti  per l’impollinazione e per la dispersione dei semi delle piante forestali e sono delle vere proprie “macchine per volare” sofisticatissime, inoltre sono gli unici mammiferi che sono in grado appunto di volare senza nessun ausilio supplementare (e già solo questo dovrebbe suscitare il nostro grande rispetto).

Fra gli altri avvenimenti organizzati in favore dei pipistrelli, il mese scorso si è tenuto ad Oxford, in Gran Bretagna, un primo meeting molto particolare: si sono, infatti, riuniti architetti provenienti da tutto il regno per discutere della costruzione di case adatte ai pipistrelli, the ultimate dream home for bats. Questi animali, poiché non costruiscono nidi o rifugi trovano il loro habitat in cavità naturali o alberi, o ancora nelle crepe dei muri, negli interstizi fra i mattoni (alcuni di essi sono così piccoli che possono comodamente sistemarsi in buchetti nei quali noi stenteremmo a mettere le dita) e le grandi colonie trovano posto negli antichi abbaini, ma poiché ci siamo dati un gran da  fare per distruggere il loro ecosistema e i loro habitat, un modo per recuperare spazi utili ai pipistrelli è quello di adattare le nostre abitazioni al loro stile di vita… ed ecco allora che il Royal Institute of British Architects in collaborazione con la Bat Conservation Trust, offre un nuovo corso di tre ore, con lo scopo di educare gli architetti sui pipistrelli, insegnando ai partecipanti la dimensione ideale, i punti di accesso, la temperatura, i materiali e un percorso adatto ai piccoli (in Europa) animali.

Un esempio per tutti è la summer house progettata e realizzata dall’architetto britannico Charles Barclay nel Suffolk. Il progetto è nato dall’esigenza di preservare una comunità di pipistrelli che l’architetto aveva trovato nella vecchia fattoria che aveva avuto il compito di rimodernare. Questo ha aguzzato il suo ingegno, che lo ha portato a creare un ambiente per questi pipistrelli realizzato in materiali ecocompatibili, con particolari angoli di accesso agli abbaini che sono stati resi particolarmente confortevoli per le famiglie che vi sono state trasferite  nel giro di sei settimane in borse termiche, con soffici rivestimenti.

Nel caso voleste a questo punto adottare un pipistrello, ma non avete il coraggio di farlo stabilire nell’abbaino di casa vostra, potete fare una donazione di 3 sterline al mese e adottarlo a distanza (di sicurezza direi perché la Fondazione si trova in Gran Bretagna). Mentre, se volete un efficientissimo insetticida naturale, potete costruire voi stessi un rifugio per pipistrelli (una bat box) e per questo vi rimandiamo all’opuscolo creato dal Museo di Storia Naturale di Firenze che qualche tempo fa in collaborazione con l’Unicoop promosse un eccellente campagna di sensibilizzazione.

Ricordiamo che i pipistrelli non sopravvivono in ambienti contaminati, perché sono delicatissimi, sono un ottimo deterrente contro gli insetti nocivi e fastidiosi, non portano malattie, si creano piccole famiglie (fanno un solo cucciolo all’anno), sono simpatici e soprattutto… non sono cugini dei vampiri.

Salviamo i pipistrelli e salveremo il pianeta!

Never let me go

Letto e dimenticato. Già… lo avevo letto, con fastidio, e dimenticato in un cassetto della memoria, volutamente.

Quando mi trovai per le mani Non lasciarmi di Kazuo Ishiguro, ero ancora guidata dall’impossibilità di lasciare un libro a metà (poi per fortuna mi è venuto in aiuto Pennac con il suo Come un romanzo) e dunque mi trascinai penosamente fino alla fine del volume, soffrendo, profondamente, con i protagonisti di questa ingiusta, intensa e visionaria storia d’amore. Era il 2006 e presa da mille altre cose non ero riuscita ad apprezzare questo duro e improbabile romanzo. A metà fra fantascienza e feuilleton.

Ricordo che non potevo rassegnarmi al tragico destino dei protagonisti, ma soprattutto non potevo rassegnarmi al loro immobilismo, al fatto che neanche per una volta, nell’intero libro, nessuno di loro aveva pensato solo per un momento a ribellarsi con risolutezza al fato.

Ringrazio ora di aver avuto l’occasione di leggere questo romanzo, che mi è ritornato in mente dopo averne visto la versione cinematografica, superbamente interpretata da Carey Mulligan (splendida protagonista di An education), Andrew Garfield (l’Eduardo di Social Network) e Keira Knightley.

In un mondo parallelo al nostro, in un’epoca che combacia quasi con la nostra, si dipana la storia dei tre personaggi, Katy, Tommy e Ruth, legati fra loro da profonda amicizia e amore. I ragazzi sono sospesi per tutta la durata del romanzo in un presente di cui non conoscono e non capiscono le regole.

La fanciullezza viene passata a Hailsham, un collegio nella campagna inglese, in un clima ovattato, lontano persino dagli echi della “civiltà”, dove i piccoli sono accuditi e lasciati volutamente nell’incertezza sulle loro origini, ma allevati nella convinzione di essere in qualche modo speciali. Qui i bambini sono invitati a coltivare la loro creatività attraverso l’arte, la letteratura, la musica e solo alla fine del racconto si scoprirà che tutto ciò fa parte di un esperimento per provare che anche i cloni, ciò che questi bambini sono in realtà, sono forse più umani degli umani. Ad Hailsham, infatti, i bambini (e il lettore) iniziano lentamente a comprendere il tragico destino al quale sono chiamati: divenire “parti di ricambio” per un’umanità malata.

Nel secondo capitolo i ragazzi, ormai cresciuti passano gli anni del compimento degli studi, della definizione della personalità, della consapevolezza del tempo che rimane loro ai Cottages, dove godono di una certa libertà. Il terzo capitolo racconta l’età della fine, del compimento dello scopo per il quale i cloni sono stati creati.

La storia è condotta in modo delicatamente orientale, senza contrasti o atti di ribellione al destino, cosa che nel lettore (abituato più spesso ad un agire eroico) lascia spazio allo sconcerto, fatta di atmosfere attutite e lievi. Si è condotti per gradi a scoprire la devastante verità e quasi non la si vuole scoprire tanto è agghiacciante e scioccante.

Così Ishiguro ci lascia il suo messaggio che non credo sia una riflessione morale sulla bontà o meno della creazione di cloni come parti di ricambio e neppure sulla bontà o meno di una società che accetta questa pratica. Credo piuttosto che il desiderio dell’autore sia quello di comunicarci che, alla fine, solo l’arte e l’amore restano all’uomo per dichiararsi tale, al di là di ogni volontà di cancellazione e annullamento.

Non è la prima volta che Ishiguro da prova della sua maestria nel raccontare con suprema bravura il viaggio interiore dei suoi personaggi (vorrei solo ricordare un altro suo capolavoro: Quel che resta del giorno). Detto ciò, fra le mille sensazioni che questo libro singolare lascia, si preferirebbe che questi cloni, tanto gentili, indifesi e inoffensivi fossero fornitori di organi senza anima… tutto sarebbe più accettabile. Da non perdere.