La vita o è stile o è errore

imagesLa nostra immagine, come italiani deriva dal nostro stile di vita. Cinema e moda l’hanno portata nel mondo, tirandosi dietro anche altri settori come l’alimentazione, il mobile e così via.

Uno stile di vita complesso che si riassume in una parola: buongusto. Si applica a come mangiamo, a come ci vestiamo, a come arrediamo ma anche a come ci approcciamo alla vita. Si suppone che noi italiani sappiamo farlo con leggerezza e appunto “buongusto”.

Ora, il problema è che oggi rappresentare questo stile nel mondo è divenuto difficile. Da un lato internet rende impossibile farlo senza essere banali: le cose di base sull’Italia sono disponibili ovunque. Dall’altro lo scenario è cambiato: elementi di quello stile che ci ha resi unici e famosi ci sono ancora, ma anche altri ce li hanno. Faccio un esempio: il nostro vino è ormai in competizione con quello di mezzo mondo e hai voglia a dire che da noi è una tradizione: sai cosa gliene importa a chi compra il vino a Rio de Janeiro? Questo si applica a tutti i nostri tradizionali punti di forza. La moda tiene, si dice: beh, insomma. Campa in mani straniere e dove è ancora italiana si dibatte nella discussione sull’opportunità di riportare tutte le produzioni in Italia. Il mobile va: certo, e il salone del mobile è ancora un grande evento, ma ormai l’unico nel suo genere, e purtroppo è anche cronicamente scollegato dal sistema moda, con cui dovrebbe interagire. Abbiamo slow food: super vero. Ma anche tante porcherie che avvelenano il nostro cibo; chi le mangia più le mozzarelle prodotte accanto alla  terra dei fuochi? E tutto il mondo sa della terra dei fuochi: a me ne hanno parlato amiche americane!

La domanda allora è: ma c’è un modo di ricostruire uno stile italiano per usarlo in modo da ri – affermarci nel mondo? Gli americani chiamano soft power l’attrattività culturale di un paese. Un potere basato sulla seduzione e non sulla potenza militare o economica.

Con lo stile italiano noi il soft power ce lo avevamo. Ma adesso come lo ricostruiamo? Come ricreiamo un soft power per ricavarci un nuovo posto nel mondo di domani?

La vita o è stile o è errore, si diceva un tempo. Speriamo lo capiscano anche i nostri politici.

italiani bravi nel soft power

copertina Monocle, febbraio 2014
copertina Monocle, febbraio 2014
Da qualche anno la rivista Monocle pubblica una classifica delle città che offrono la migliore qualità di vita. Raramente, se non mai, una città italiana vi è stata menzionata. Eppure Monocle ha appena pubblicato un numero tutto dedicato all’Italia. Come mai, viene da chiedersi? Lo spiega bene l’editoriale della rivista: l’Italia, nonostante un settore pubblico e una classe politica che fanno acqua da tutte le parti, ha la capacità di industriarsi in mille campi, creando uno stile di vita sempre capace di attrarre attenzione dal resto del mondo.
E’ lo stile creato dalla moda, ma anche dai moltissimi artigiani che rendono unici i nostri prodotti. La rivista parla della grande sartoria napoletana, come delle belle cotonerie del nord. Parla di artigiani giapponesi che sono venuto a stabilirsi  in italia per lavorare nel clima di saper fare che pervade certi nostri luoghi. Ma parla anche della nostra meccanica strumentale e di certe nicchie tecnologiche in cui siamo assai bravi. Parla di una realtà operosa e attiva che si fa rispettare nel mondo, nonostante la pochezza spesso dimostrata da chi ci rappresenta. La rivista definisce questa nostra reputazione legata al fare come una forma di “soft power”, un modo di affermarci non grazie ai grandi schemi di potenza nazionale ma grazie alla capacità di imporsi in una qualche dimensione di vita. E dice anche che un bel sostegno a questo soft power lo danno proprio gli italiani all’estero: con la loro bravura e il loro lavoro sono i migliori ambasciatori dello stile italiano.