Endangered poetry project

Avete qualche ricordo di filastrocche o poesie che una vecchia zia o la nonna vi recitavano da bambini in un dialetto che a malapena rammentate? È il momento di spremere le meningi e di inviarlo all’Endangered poetry project, cioè, come dice il nome, a un progetto che si propone di raccogliere poesie nelle lingue dimenticate o “in via di estinzione” per poterle trasmettere alle generazioni future.

Secondo l’UNESCO infatti più della metà delle 7000 lingue parlate nel mondo sta per essere dimenticata, ne scompare una ogni due settimane. Per la National Poetry Library di Londra questa sarebbe una perdita inaccettabile e per scongiurate questo evento è stato promosso l’Endangered poetry project .

Il progetto non solo si propone di difendere e conservare le lingue in pericolo ma anche di salvarne i poemi scritti o tramandati oralmente, in quanto specchio di tradizioni, usi, costumi di differenti civiltà che con l’estizione della lingua andrebbero definitivamente perduti.

Non solo le “lingue” riconosciute sono nel mirino del progetto, ma anche i dialetti  perché se queste differenze regionali e nazionali andassero perse, si perderebbe molto più che semplici parole, si perderebbe la differenza peculiare di ogni luogo. La diversità linguistica infatti sottende una diversità culturale, umana, religiosa. Che gusto ci sarebbe a parlare tutti la stessa lingua?

Se volete lasciare una testimonianza, se avete una poesia da affidare a questo progetto andate sul sito, esiste un form molto semplice in cui potrete lasciare traccia non solo di una lingua che sta scomparendo, ma di un intero microcosmo di abitudini e stili di vita che andrebbero definitivamente perduti. E vi pare poco?

Birra e Rumba nel patrimonio dell’UNESCO

Presso l’UNESCO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, esiste un Comitato speciale che si occupa della salvaguardia del patrimonio culturale immateriale dell’umanità.

Ciò significa che UNESCO tende a preservare tutte le espressioni di quelle “comunità, in special modo le comunità autoctone, i gruppi e, se del caso, gli individui, che giocano un ruolo importante nella produzione, la salvaguardia, il mantenimento del patrimonio culturale immateriale contribuendo così all’arricchimento della diversità culturale e della creatività umana”.

Nell’ultima sessione del Comitato che si chiude oggi ad Addis Abeba, nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità sono state iscritte, fra gli altri, la cultura della birra in Belgio e la rumba cubana.

Le ragioni della prima iscrizione sono che la fabbricazione e l’apprezzamento della birra fanno parte del patrimonio vivente di molte comunità del Belgio. Questa cultura gioca un ruolo fondamentale sia nella vita quotidiana sia nelle festività. Più di 1500 tipi di birra differenti sono prodotti nel paese, avvalendosi di diversi metodi di fermentazione. Dagli anni ’80 la birra artigianale è diventata molto popolare ed alcune regioni del Belgio vengono oggi riconosciute grazie alla loro varietà specifica di birra. Famosa in Belgio è la birra trappista, quella prodotta nei monasteri trappisti (cistercensi di stretta osservanza) o sotto la loro sorveglianza, che utilizzano a scopo benefico i proventi della produzione. Attorno alla birra dunque gira tutto un mondo sociale e culturale che l’UNESCO ha ritenuto degno di essere preservato.

birre-trappiste-rochefort

Altro patrimonio culturale immateriale da preservare è stata decretata la rumba cubana, in cui musica e movimenti, sebbene associabili alla cultura africana, sono fortemente intrisi di elementi delle Antille e del mondo spagnolo. Essa si è sviluppata nei quartieri poveri della capitale cubana e nelle bidonville ed ha permesso alla popolazione l’espressione della stima di se stessi evocando sentimenti di grazia, sensualità e gioia di vivere che tendono ad unire gli individui al di là della loro provenienza sociale o culturale.

Per chi si chiedesse quali sono i beni del patrimonio culturale immateriale italiano eccone un breve elenco:

Canto pastorale sardo e l’Opera dei Pupi siciliana (iscritti nel 2008); l’antica arte dei liutai di Cremona (iscritta nel 2012); le processioni delle grandi macchine a spalla italiane di Nola, Palmi, Sassari e Viterbo (iscritte nel 2013); la pratica agricola della “vite ad alberello” propria della zona vinicola di Pantelleria (iscritta nel 2014)

Tutti sanno leggere e scrivere… o no?

Jaume Plensa, Sculptures
Jaume Plensa, Sculptures

Quante volte abbiamo sentito affermazioni assurde o indegne sui  fatti che ci circondano, quante volte le abbiamo bollate con fastidio come chiacchiere da bar ignobili e irripetibili? Leggere la realtà basandosi esclusivamente sulle proprie esperienze dirette e la conseguente incapacità di sviluppare una comprensione ed elaborare un’analisi che tenga conto di diverse variabili è il risultato di un nuovo tipo di analfabetismo. Si tratta, secondo l’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), di “analfabetismo funzionale”, quello che,  a fronte di una capacità tecnica di base di leggere, scrivere e far di conto, evidenzia la mancanza di «competenze necessarie minime per poter vivere e lavorare in modo adeguato al giorno d’oggi» a causa di una incapacità quasi totale di utilizzare gli strumenti appresi. Secondo il rapporto OCSE  «più della metà degli italiani ha difficoltà a comprendere l’informazione scritta e molti anche quella parlata» (De Mauro 2011).

Indagare sulle cause, semplificando o generalizzando,  ci porterebbe a peccare di analfabetismo funzionale, tuttavia non completamente estraneo a questa situazione è forse il sacrificio della lettura rispetto all’approccio visivo, aspetto che può essere di buon grado annoverato fra le colpe maggiori. «L’alfabetizzazione è un motore essenziale dello sviluppo sostenibile. Le competenze in lettura e in scrittura sono una condizione indispensabile all’apprendimento di un’insieme più vasto di conoscenze, competenze, attitudini e valori necessari a creare delle società sostenibili», questo alla base della Giornata mondiale dell’alfabetizzazione festeggiata dall’UNESCO l’8 settembre scorso.

Il nostro paese secondo le stime dell’OCSE rispetto alle competenze linguistiche si colloca ai piani più bassi delle classifiche europee. Questo nuovo tipo di analfabetismo sta diventando in Italia l’ennesima emergenza. È una fetta di popolazione consistente quella che ignora i dati effettivi dando credito  a notizie false o impossibili e che non cambia idea neanche se brutalmente messa davanti alla realtà. Quanti sono, nel nostro Bel Paese, coloro che non sono capaci di effettuare un’elementare relazione di causa/effetto, coloro che parlano e agiscono senza documentarsi, senza vergogna, basandosi su sentito dire o su un articolo letto in rete?

La sala di lettura

Roberto Barni
Roberto Barni

Oggi è la Giornata Mondiale del libro e del diritto d’autore, questo evento patrocinato dall’Unesco dal 1996 ci ricorda di leggere di più e di promuovere la lettura a tutti i livelli.

Come italianintransito aderiamo ben felici all’iniziativa #io leggo perchè e rispondendo all’appello  provo a darmi una risposta:

Leggo perchè :

– quando ero piccola mi veniva proposto come un gioco

– crescendo mi è stato imposto a scuola

– invecchiando si è trasformato nella mia attività preferita.

– e infine perchè leggere le storie degli altri è un po’ come guardare uno specchio di Michelangelo Pistoletto guardi l’opera ma vedi anche rilfesso te stesso..

Leggo quando :

– mentre cammino e non inciampo mai

– la domenica pomeriggio

– quando vado dalla parrucchiera

– in macchina mentre guido, infatti ho da poco scoperto la bellezza degli audiolibri.

L’utimo  audiolibro? il  romanzo di John Williams Stoner. Grazie alla voce di Sergio Rubini mi sono trovata in un viaggio da Ginevra a Pistoia e ritorno a sentirmi così coinvolta da arrabiarmi, commuovermi e rattristarmi .

L’ultimo libro letto che consiglerei ad un amico ? L’ho letto grazie alla segnalazione  del mio libraio, il libro è di Paul Auster il titolo Il libro delle Illusioni. Entrerete dentro una serie di quadri dipinti in cui il pittore rappresenta l’opera ma anche lui è parte dell’opera stessa. Le illusioni si intrecciano in vite diverse, L’arte è protagonista.

Un libro che riconosco potente e spiazzante ma che non consiglerei a nessun amico perchè all’angoscia c’è un limite è La strada di Cormac McCarthy.

La furia distruttrice dell’ideologia

isis-artePochi giorni fa parlando dello scandalo nell’arte abbiamo fatto riferimento agli episodi del museo di Mosul e alla distruzione di opere d’arte millenarie, perpetrata da chi erroneamente crede di poter cancellare il passato, avvertito come una minaccia e non come un’eredità da difendere.

Alle Nazioni Unite sono stati segnalati 290 siti che hanno subito devastazioni: 24 irrimediabilmente distrutti, 189 gravemente danneggiati, 77, a tutt’oggi irraggiungibili, da verificare.

Ninive, Hatra, Nimrud i siti archeologici della “mezza luna fertile” dove tutto è nato (scrittura, arte, storia) che in tanti di noi suscitano ricordi scolastici, sono state spazzate via dalla furia iconoclasta che caratterizza purtroppo i momenti bui della storia. Se infatti facciamo una lista parallela dei fatti storici e delle distruzioni dell’arte capiamo che questa è pratica ricorrente. Ai tempi dei romani c’era ad esempio la damnatio memoriae a causa della quale tutte le effigi e i simboli che potevano ricordare un personaggio pubblico caduto in disgrazia erano cancellati, l’iconoclastia bizantina fu alimentata dal desiderio dell’impero di oriente di  riportare sotto il proprio controllo i vasti possedimenti del clero bizantino, i roghi dei libri dell’epoca nazista avevano un senso dettato dalla propaganda che impediva la lettura di autori che si opponevano in qualche misura all’ordine stabilito, così come durante la rivoluzione culturale cinese furono distrutte opere storiche e religiose.

La storia è dunque piena di episodi del genere. Certo giunti nel XXI secolo avremmo desiderato non vedere mai più tali scempi. Avremmo preferito che il martello pneumatico venisse usato per costruire strade e ponti e non per cancellare vestigia che, sebbene appartengano ad un passato reputato scomodo o inutile, fanno pur sempre parte della storia dell’evoluzione umana.

La mappa della “storia distrutta” si allunga e gli studiosi assistono impotenti dall’alto, attraverso il monitoraggio dai satelliti, a questa ultima sistematica violazione.

Ora, ci si può chiedere se accanto alle ragioni puramente dottrinarie di questa devastazione esistono altri significati reconditi. Alcuni hanno affermato che in tal modo si allontana l’accusa diffamatoria di ottenere finanziamenti del terrorismo attraverso la vendita al mercato nero delle opere d’arte. Ma basta ciò a giustificare tale scempio?

Intanto tutto il mondo assiste impotente augurandosi giorno dopo giorno che la follia finisca e ritornino i giorni del dialogo.

Chi distrugge i monumenti cancella un po’ di tutti noi…

 È proprio di ieri la notizia che la comunità araba del Mali ha formato una brigata di vigilanza per cercare di  salvaguardare e proteggere i luoghi di culto a Timbuktu dichiarati patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Si vuole in tutti modi fermare la distruzione dei mausolei Araouane e Cheick-Gasser dalla furia iconoclasta delle correnti estremiste islamiche  salafiti che da giugno ad ora hanno già abbattuto  sette dei sedici mausolei dei santi musulmani.

Convinti che l’istruzione, la conoscenza e il confronto  possano rappresentare la sola strada per fermare questi tragici eventi, vorremmo segnalarvi un convegno che, si terrà il 13-15 luglio prossimo  nella manifestazione dedicata all’archeologia : ArcheoFestival.

Il convegno, organizzato dalla gfondazione dei Musei senesi si terrà a Chianciano Terme (provincia di Siena) e avrà per titolo Mediterraneo: Archeologia tra crisi e conflitti. In questi tre giorni si metteranno a confronto i direttori dei principali musei italiani di archeologia (come il museo Egizio di Torino) e i direttori di musei provenienti dall’Algeria, Siria, Egitto, Libia, sul tema della salvaguardia e difesa dei luoghi archeologici, preda in tempo di guerra di saccheggi e distruzione.

Sempre a Chianciano al Museo Archelogico si apre negli stessi giorni anche la mostra “De Chirico e il ventre dell’archeologo” dove le opere dell’artista saranno visibili vicino ai vasi e ai canopi della collezione del museo.

Per tutte le informazioni potete visitare il sito www.archeofest.it