Cartoline

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Gianotti

La cartolina di oggi la dedico a Fabiola Gianotti per tre motivi: perché è Italiana, perché è donna, infine perché ha la mia età!

Fabiola Gianotti è diventata, a cinquantadue anni, la prima donna Direttore generale del CERN di Ginevra (e lascio “direttore” perché in 60 anni di vita questa carica è sempre e solo stata appannaggio dei colleghi maschi) e prenderà il suo nuovo posto a partire dal 2015, anno molto importante per il CERN, poiché verrà riacceso l’acceleratore di particelle Lhc attraverso il quale gli scienziati sperano di aprire una finestra su quella che, dopo la scoperta del Bosone di Higgs, viene definita la “nuova fisica”.

Romana di nascita, la Gianotti ha studiato a Milano ed è la terza italiana che ottiene questa eminente carica dopo il Nobel Carlo Rubbia, direttore italiano del Cern, dal 1989 al 1994, e Luciano Maiani, direttore generale dal 1999 al 2003.

“il Cern ha sempre celebrato la diversità, di età, sesso, tradizioni culturali. È una delle sue caratteristiche. Per questo continueremo a incoraggiare le giovani scienziate a impegnarsi nella ricerca fondamentale, e vigileremo perché abbiano sempre le stesse opportunità dei loro colleghi maschi”.

Complimenti Direttrice e buon lavoro!

 

La sala di lettura

Attenzione: oggi lanciamo il secondo libro che commenteremo assieme l’11 dicembre prossimo.Il libro scelto questo mese è Il giuoco delle perle di vetro di Hermann Hesse.

Roberto Barni
Roberto Barni

Più voci sono meglio di una. E quindi quando in rete nasce un nuovo sito che si occupa di libri è ben accetto.

Il blog si chiama www.illibraio.it e anche se chi lo promuove è il Gruppo editoriale GeMs il loro intento è quello di guardare anche oltre le proprie proposte editoriali e offrire una panoramica a noi lettori delle novità. Nel sito poi offrono anche delle proposte legate ad un tema specifico come la sezione: I libri che parlano di libri, oppure i The best di avventura per l’Indiana Jones che c’è in te e naturalmente Libri per chi ama viaggiare.

Ricordo i discorsi degli adulti e delle maestre, quando ero bambina, in materia di libri e di rendimento scolastico. Dicevano sempre: ah, quella ragazza scrive bene perché legge molto! Oppure: chi legge va avanti più velocemente degli altri. Io la ritenevo cosa naturale, la passione per la lettura, e mi stupivo che dovesse essere promossa sottolineandone i vantaggi: leggere è bello, che bisogno c’è di dire che è anche utile?

Poi da grande mi sono resa conto che è giusto promuovere la lettura, perché così facendo si promuove anche una crescita culturale collettiva. Vivendo fuori dall’Italia mi sono anche resa conto che ci sono paesi dove si legge di più che da noi. A Ginevra, ad esempio, se qualcuno visita la libreria Payot rimarrà colpito di quanti giovani sono seduti per terra a leggere. Dunque, ben venga questa nuova iniziativa. Onore a chi l’ha lanciata. Seguiamola e stiamo a vedere cosa ci proporrà.

Henry Graves Supercomplication

Henry GravesC’è chi colleziona arte, chi colleziona auto, chi colleziona i giochetti dell’uovo di Pasqua e chi colleziona orologi. Ed è di un orologio prodigioso che voglio parlarvi oggi. Lo spunto naturalmente viene dal fatto di cronaca. Nei giorni scorsi il famoso orologio di Patek Philippe, denominato Henry Graves Supercomplication, è stato venduto all’asta a Ginevra per oltre 20 milioni di franchi. Incredibile vero? Non è assolutamente mia intenzione entrare nel merito del prezzo o in quello di chi possa permettersi un tale acquisto. Dunque vi risparmierò i giudizi, lo stupore e il vago senso di nausea che mi è venuto leggendo la notizia. Mi voglio concentrare, invece, sull’unicità del pezzo che Sotheby’s ha battuto sul Lago Lemano.

Conosciuto dagli intenditori come la “Monna Lisa” o anche come il “Sacro Graal” degli orologi, il Supercomplication, fu commissionato alla casa Svizzera da Henry Graves, banchiere di New York appassionato di orologi, nel 1927. L’orologio fu consegnato al proprietario dopo 3 anni di progettazione e 5 anni di realizzazione e costò nel 1933 la ragguardevole somma di 60000 franchi svizzeri. Il banchiere americano aveva fatto una sola richiesta alla Patek Philippe. Infatti il nuovo orologio doveva possedere molte più “complicazioni” dell’orologio da taschino Grande Complication che Vacheron & Constantin avevano realizzato per James Ward Packard, insomma una scommessa fra ricchi zio Paperone. Ora per i più, che non si intendono di orologi, le “complicazioni” sono tutte quelle funzioni che sono aggiuntive alla pura visualizzazione dell’ora. Infatti l’orologio da taschino in questione oltre a combinare, come recita la descrizione di Sotheby’s, “l’ideale Rinascimentale della bellezza e maestria con il massimo della tecnologia” offre anche ben 24 complicazioni. Per lunghissimo tempo record assoluto in un solo orologio. Ed ecco la lista delle complicazioni:

Per l’indicazione dell’ora
Le ore, minuti e secondi di tempo siderale (3)
L’ora del tramonto e l’alba (2)
L’equazione del tempo
calendario

Il calendario perpetuo
I giorni del mese
I giorni della settimana
i mesi
La mappa celeste
L’età e le fasi della luna
Cronografo (cronometro)

Il Cronografo
Split secondi
Il registratore 30 minuti
Il registratore 12 ore
il Chime (cioè il meccanismo che scandisce le mezze ore e le ore)

La “Grande Sonnerie” (Westminster carillon) con carillon
La “Petite Sonnerie” con Carillon
La ripetizione minuti
La sveglia
Altre funzioni (che vi confesso mi sono assolutamente oscure e che dunque rimarranno in inglese, anzi vi sarei grata se qualcuno mi spiegasse di cosa si tratta!)
The going train up-down indication
The striking train up/down indication
The twin barrel differential winding
The three-way setting system

Ultima curiosità. La mappa celeste incorporata in questo capolavoro mostra il cielo notturno come si vedeva dall’appartamento di Mister Graves, prospiciente Central Park a New York, ed è incredibilmente precisa, mostrando la magnitudine delle stelle, la loro distanza, il tutto ruotando insieme al cielo. Piove sempre sul bagnato!

Arte pubblica e cultura pop

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Mai come in questo periodo sono andati più di moda i morti viventi. Vittorio Zucconi su La Repubblica di venerdì scorso ci ha addirittura informato che, negli Stati Uniti, il Pentagono, ha finanziato un progetto (nel 2009) chiamato “Progetto 8888”, finalizzato a preparare un piano di difesa anti-zombie. Le mie figlie, ahimè, sono affascinate dalle saghe sui vampiri che, partite con Twiligth, sembrano non cessare di riprodursi in forma di romanzi per adolescenti.

Forse è per anche per questo che non mi sono stupita quando ho ricevuto un invito per l’inaugurazione di   una nuova scultura permanente, collocata in una delle più grandi piazze di Ginevra: Plainpalais. Titolo della scultura. Frankie a.k.a The creature of Doctor Frankenstein. L’opera in bronzo è realizzata dal gruppo Klat (un collettivo di tre artisti fondato a Ginevra nel 1997).

All’’attenzione delle nuove generazioni per i temi dark e gotici, si deve aggiungere che a Ginevra è legata in modo particolare a Frankenstein dal momento che la storia fu scritta da Mary Shelley durante un suo soggiorno in questa città.

Klat, Frankestein, Geneva 2014
Klat, Frankie a.k.a The creature of Doctor Frankestein, Geneva 2014

L’inaugurazione è stata all’altezza dell’horror contenuto nella storia originale. Verso le nove di sera, con contorno di una musica appropriata, è stata svelata la scultura del mostro, subito colpita da una ripetuta scarica elettrica. Grazie a due trasformatori ad alta tensione sono riusciti a creare dei fulmini che sono  piaciuti molto a tutti i presenti. I fulmini si intrecciavano tra loro e colpivano l’opera dando vita alla scultura.

La moda e la cultura cinetelevisiva in cui tutti siamo immersi ha fatto da cornice a tutta la serata, perché come scrisse David Foster Wallace: “La cultura pop è la rappresentazione simbolica in cui la gente già crede”. Basta pensare al piano del Pentagono per sincerarsene.

Ma proporre per arte ciò in cui la gente già crede è mistificante, non è arte, è divertimento facile in cui ci si trova a nostro agio. Invece l’arte è qualcos’altro: uno stimolo al dubbio e alla rimessa in discussione, un invito a vedere in modo diverso le cose del mondo.

Comunque da oggi una nuova “opera pubblica” è installata a Ginevra .

 

Michelangelo Pistoletto a Ginevra: Il Terzo Paradiso

Michelangelo Pistoletto
Michelangelo Pistoletto, Terzo Paradiso

Venerdì mattina alle 11 a Ginevra , l’artista MIchelangelo Pistoletto, nella grande piazza di Plainpalais , presenterà  una performance dal titolo “Terzo Paradiso”,  con l’aiuto di 500 ragazzi delle scuole superiori  ginevrine. L’evento organizzato dalla fondazione Pistoletto e dall’ONU rientra nell’avvenimento “Forest for fashion”.

La performance è uno degli eventi con cui il Centre d’Art Contemporain di Ginevra festeggia  i quarant’anni di attività ricordando anche la mostra personale dell’artista che si tenne nel museo nel 1984.

Michelangelo Pistoletto, sino dagli anni Sessanta uno dei principali esponenti  della scena artistica italiana, ci ha insegnato a guardare all’atto artistico come a un momento di vissuto reale, un punto di incontro di relazioni umane e materia; gesto e forma che ogni volta sprigionano un’energia primaria, impulso di ogni atto creativo. E quella che vedremo a Ginevrà, sarà proprio un’azione creativa, in cui  l’intelligenza umana entra in contatto con  l’intelligenza della natura attraverso il dipanarsi di un segno che ricorda  il simbolo de l’infinito. Questo segno, usato per la prima volta dall’artista nel 2003, è legato al progetto che ha occupato la sua vita creativa negli ultimi anni, chiamato Terzo Paradiso e spiegato da lui stesso come segue: “Il progetto del Terzo Paradiso consiste nel condurre l’artificio, cioè la scienza, la tecnologia, l’arte, la cultura e la politica a restituire vita alla terra. Terzo paradiso significa il passaggio ad un nuovo livello di civiltà planetaria. Indispensabile per assicurare al genere umano la propria sopravvivenza. Il terzo paradiso è il nuovo mito che porta ognuno ad assumere una personale responsabilità in questo frangente epocale. Con il nuovo segno di infinito si  disegnano tre cerchi, quello centrale rappresenta il grembo generativo del Terzo Paradiso”. (brano tratto da Wikipedia Il Terzo Paradiso).

Michelangelo Pistoletto, Terzo Paradiso
Michelangelo Pistoletto, Terzo Paradiso

Il Terzo Paradiso dunque è un moto continuo che non può cessare di mettere in atto azioni ogni volta diverse ma con lo stesso obiettivo. Alla Biennale di Venezia nel 2005 si è presentato  come un luogo di incontri e di scambi tra persone e culture. In un’altra occasione invece è  diventato materia per un libro che Pistoletto ha scritto nel 2010 edito da Marsilio e ora a Ginevra si mostra sotto forma di performance.

Quando nel 2007 Pistoletto riceve a Gerusalemme il Wolf Foundation Prize in Arts si legge che il premio è stato conferito “ per la sua carriera costantemente creativa come artista, educatore e attivatore, la cui instancabile intelligenza ha dato origine a forme d’arte premonitrici che contribuiscono ad un nuova comprensione del mondo”.

Attivatore, ecco la parola giusta per lui,  perchè Pistoletto non è solo un artista, il suo lavoro ci sveglia e riattiva aspetti emotivi, formali e intellettuali assopiti.

Come capite a questo punto siamo molto curiosi e lo attendiamo in piazza a Ginevra.search

L’arte non inganna la pubblicità si

Eduardo Paolozzi, I was a Rich Man's Plaything,1947
Eduardo Paolozzi, I was a Rich Man’s Plaything,1947

Vi ricordate alcune immagini monumentali dove  bambini di tutti i paesi sorridevano e ci facevano le linguacce? O quelle con tanti ragazzetti in magliette colorate che ci aprivano il cuore per la loro allegria? il messaggio arrivava diretto: quella marca sapeva di giovane, di buono e di superamento di tutte le barriere culturali. Con quella marca ti vestivi convinto di essere in un mondo migliore. In fondo non sono passate molte generazioni, da quando la moda ha cominciato a farci credere che dietro al logo ci sia anche un certo tipo di approccio alla vita. Mia figlia di 14 anni mi dice: quest’anno voglio cercare la mia personalità e per cominciare mi concentrerò su un look diverso. Io penso che personalità e look ormai vadano assieme e che il vestito sia divenuto il biglietto da visita che mi inquadra.

Se così è, allora è bene ricordare che il 24 aprile scorso, in Bangladesh, è crollato un palazzo fabbrica di otto piani, uccidendo più di mille lavoratori che stavano cucendo vestiti da immettere nel nostro mercato. Vestiti appartenenti anche ad alcuni di quei marchi che mi figlia indossa per cercare la sua personalità. E non è finita qui. Tra le ditte coinvolte in questa tragedia si sono trovate anche due aziende italiane: Benetton e Piazza Italia; così almeno hanno riportato diversi quotidiani. Ieri a Ginevra si è tentato di riunire tutte le aziende che avevano le proprie produzioni in quella fabbrica maledetta. Lo si è fatto sotto la supervisione dell’International Labour Organization e con la partecipazione del sindacato internazionale Industriall Global Union.  Ebbene, ho letto che proprio Benetton e Piazza Italia non c’erano all’incontro di Ginevra: non si sono presentati. Che brutto: così queste due aziende rischiano di farci perdere la faccia davanti al mondo.

Eppure me lo rivedo come fosse ora, quel gran cartellone nella periferia di Firenze: sovrastava tutti con le immagini di facce di bambini felici, italiani e indiani, cinesi e africani;  giovani di mezzo mondo che sorridevano fiduciosi per il futuro, perché quella marca lo prometteva da tempo che con lei il mondo sarebbe stato migliore.

Delusione. Penso che l’arte mi dica la verità, quando parla per immagini; mentre quando lo fa la pubblicità si tratta di immondizia. Adesso lo dico a mia figlia: la personalità offerta attraverso la moda e la pubblicità è da gettare.

Quando l’arte mi viene incontro

Marina Abramovicz,AAA-AAA, 1978
Marina Abramovic, AAA-AAA, 1978

Quando l’arte mi sorprende e mi viene incontro, si insinua nella mia vita di corsa, ne resto incantata come fosse una magia.

Non parlo di quando la cerchi  a teatro o nel museo; ma di quando te la ritrovi tra i piedi come un’apparizione e sembra che ti dica: “Ehi lo sai perché sei al mondo? Ascoltati un po”. Ebbene, ho avuto due di queste apparizioni ieri a Ginevra. La prima nei pressi di Rond Point vicino a Plainpalais, dove delle voci ti assalgono e scopri che provengono da  una vecchia biglietteria o sala d’aspetto degli autobus. Lì dentro c’è, fino al 6 luglio, il video di una perfomance di Marina Abramovic. L’opera è del 1978 e fu eseguita da Abramovic assieme al suo compagno di allora, l’ artista Ulay. Nella performance i due sono uno di fronte all’altro, di profilo, e si ripetono addosso, all’unisono, una frase composta solo dalla vocale A:  AAA-AAA . Questa performance è di una intensità estrema: ti sembra di vivere lo sforzo dei due, che ripetono fino allo sfinimento questa strana frase, avvcinandosi sempre più, fino a toccarsi. Dopo un po’, le voci, il ritmo della respirazione, non riescono più ad andare assieme e si percepisce che la tensione per lo sforzo ha procurato anche dolore.  L’opera è stata definita una storia d’amore tra due amanti e si deve all’idea straordianaria di Zabriskiepoint gallery (www.zabriskiepoint.ch) a Ginevra se può essere condivisa da tutti i passanti ( di questo spazio ne avevamo già parlato un’altra volta il 21 novembre scorso).

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Dopo questo intervallo magico, che mi ha portato a risvegliare un sacco di sentimenti e di sensi ormai intorpiditi, mi sono diretta alla stazione e con altrettanto stupore mi sono accorta che in tutta la città sono stati lasciati dei pianoforti. Invitano i passanti a suonare. Si avete capito bene: a suonare, sul marciapiede, in mezzo al traffico, mentre le persone camminano. Ho poi scoperto che anche questa magia era fatta da un artista, Luke Jerram per stimolare le persone a fermarsi e suonare. Questo progetto è nato nel 2008 ed è stato proposto in tante città d’Europa. L’anno scorso era venuto a Ginevra e siccome era piaciuto molto era poi, dopo che era stato smantellato e preparato per tornare da dove era arrivato,  stato richiesto indietro da tante persone. Sempre sul sito ho poi letto che questi pianoforti, quando l’esposizione a Ginevra sarà terminata, verrano donati a delle istituzioni che continueranno a farli vivere. Andate anche voi a guardare su www.streetpianos.com

Tutte queste apparizioni mi hanno fatto pensare che se  l’arte è così ben accolta in città questo aiuta anche me a  farmi sentire un po’ più ginevrina.

Ode al carciofo

Giuseppe Arcimboldo, L'estate,1573, Musee du Louvre, Parigi
Giuseppe Arcimboldo, L’estate,1573, Musee du Louvre, Parigi

Ognuno di noi associa una stagione in arrivo con qualcosa di buono da gustare. Da piccola, in campagna, non passava maggio che io non facessi una scorpacciata di ciliege. E a settembre? I fichi naturalmente.

Ora che vivo a Ginevra, in inverno sento la mancanza di un ortaggio che qui sembra sconosciuto: il carciofo. Per la maggior parte del tempo è introvabile e quando fa capolino nel supermercato, potete essere certi che è di qualità non commestibile. Io ci ho provato a cucinarlo, il carciofo svizzero, ma è grosso, duro e pieno di peluria al suo interno. Alla fine mi sono arresa e mi accontento di fare una scorta di carciofi buoni quando vado in Italia. Cotti, crudi e sottolio, sono una specialità per il palato.

Belli come un fiore possono anche fare bella figura in cucina, se messi dentro un vaso di fiori.

A loro dedico questa giornata grigia e dalla pioggerellina uggiosa, con una poesia scritta in loro onore da Pablo Neruda:

Il carciofo dal tenero cuore si vestì da guerriero,

ispida edificò una piccola cupola

si mantenne all’asciutto sotto le sue squame,

vicini a loro i vegetali impazziti si arricciarono,

divennero viticci,

infiorescenze commoventi rizomi

sotteranea dormì la carota dai baffi rossi,

la vigna inaridì i suoi rami dai quali sale il vino,

la verza si mise a provar gonne,

l’origano a profumare il mondo,

e il dolce carciofo lì nell’orto vestito da guerriero,

brunito come bomba a mano,

orgoglioso

e un bel giorno,

a ranghi serrati,

in grandi canestri di vimini,

marciò verso il mercato a realizzare il suo sogno:

la milizia.

Nei filari mai fu così marziale come al mercato,

gli uomini in messo ai legumi con i bianchi spolverini erano i generali dei carciofi

file compatte,

voci di comando e la detonazione di una cassetta che cade,

ma allora arriva Maria con il suo paniere,

sceglie un carciofo non lo teme,

lo esamina,

lo osserva controluce come se fosse un uovo,

lo compra,

lo confonde nella sua borsa con un paio di scarpe,

con un cavolo e una bottiglia di aceto finché,

entrando in cucina lo tuffa nella pentola.

Così finisce in pace la carriera del vegetale armato che si chiama carciofo,

poi squama per squama spogliamo la delizia e mangiamo la pacifica pasta,

del suo cuore verde.

In Svizzera crescono gli spazi per l’arte

Kunsthaus , Zurigo
Kunsthaus , Zurigo

È stato approvato  a Zurigo il progetto  per l’espansione del Museo di Belle arti. La Kunsthaus diverrà così il più grande museo della Svizzera. L’inaugurazione è prevista per il 2017 e il nuovo edificio sarà costruito davanti al vecchio Museo, avrà una forma cubica e sarà collegato all’edificio principale con un passaggio sotterraneo. Il nuovo edificio è progettato dall’architetto inglese  David Chipperfield.

Nuovo progetto, Kunsthaus, Zurigo
Nuovo progetto, Kunsthaus, Zurigo

Non è il primo museo realizzato da lui e dal suo studio. Ricordo qui, fra gli altri, il Neues Museum di Berlino, creato in un edificio che fu danneggiato durante la seconda guerra mondiale e che l’architetto inglese ha restaurato e ripensato (riaperto al pubblico nel 2009).

Neues Museum Berlino
Neues Museum Berlino

Chipperfield è stato scelto l’anno passato come Direttore della Biennale di architettura di Venezia.

Il nuovo Museo accoglierà anche la collezione  di Emil George Buhrle, mercante d’armi che ha raccolto un’importante fondo di opere  impressioniste e dell’avanguardia francese del ‘900.

 L'abri, Ginevra
L’abri, Ginevra

Invece a Ginevra, con un progetto più piccolo, ma non meno interessante, si è approvato nella Vieille Ville uno spazio culturale dedicato ai giovani artisti locali . Si chiama L’abri, uno spazio polivalente situato sotto la terrazza Agrippa d’Aubigné. Uno spazio che avrà anche un piccolo teatro. Il luogo è pensato per i giovani che lì potranno presentare le loro creazioni e farsi conoscere. In questo luogo ci sarà un ambiente per mostre, concerti, performances artistiche e laboratori di fotografia.

 

Chi ha paura del mostro del lago?

Andando a zonzo attorno al lago Lemano, avrete la possibilità di vedere paesaggi davvero mozzafiato. Non per niente ad esempio la zona del Lavaux, ricca di vigneti e di piccoli e pittoreschi villaggi, è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco e tutte le coste del lago sono conosciute nel mondo per il clima mite, la bellezza dei paesaggi e l’eccellente qualità di vita. Se poi avrete la fortuna passarci in questo periodo, magari verso il tardo pomeriggio di una giornata serena, i colori caldi dell’autunno in collina vi accompagneranno in modo calmo e struggente verso la sera.

C’è, tuttavia, un punto, non meno suggestivo, ma tutt’altro che rilassante, del Lemano che incute soggezione per la maestosità e la severità degli scorci. Quando, infatti, il Rodano finisce temporaneamente la sua corsa nel lago, il suo delta è sovrastato da montagne che incombono sull’acqua lambendo le rive del bacino. È un paesaggio che sorge dall’acqua e sul quale, per gran parte della giornata, il sole non riesce a fare breccia.

Sono le pareti scoscese del Grammont che si erge severo come un torrione naturale a chiudere il Vallese. Proprio questa montagna è stata protagonista di un evento, di cui si parla moltissimo in questi giorni, eccezionale che si produsse in queste terre nel lontanissimo 563. Si tratta dello tsunami che distrusse Ginevra proprio in quell’anno, di cui sono stati testimoni di eccezione Gregorio di Tours e Mario di Avanches, che descrissero il fenomeno nelle loro cronache medievali. I testimoni non offrono spiegazioni sull’onda anomala che si produsse nel maggiore specchio di acqua dell’Europa occidentale, colpendo e distruggendo gran parte dei villaggi della costa ed arrivando a Ginevra dopo aver sorpassato le mura portando distruzione in tutta la città. A fare chiarezza è stato uno studio condotto dalla dott.ssa Katrina Kremer e dai suoi collaboratori dell’Università di Ginevra, i quali studiando i sedimenti presenti nel lago sono arrivati a dimostrare che con ogni probabilità una parte del Grammont precipitò sugli strati sedimentari creati dal fiume sul fondo del lago facendoli collassare e provocando lo tsunami. Simulazioni al computer hanno dimostrato come un’onda di 13 metri raggiunse, 15 minuti dopo il distacco della roccia, Losanna (provocando pochi danni poiche la città è costruita a terrazze) e la stessa onda, di dimensioni un po’ ridotte (solo 8 metri!), raggiunse, dopo 55, minuti anche Ginevra (all’altro capo del lago). Ma non è finita qui. Lo studio mette in guardia sulla possibilità che questo evento si riproduca in tempi attuali, in effetti il livello dei sedimenti sottomarini che il Rodano continua ad accumulare al suo delta potrebbero collassare anche oggi a causa di un terremoto, o di una frana o di una violenta tempesta.

Lo studio della Kremer inoltre solleva anche la domanda se altri laghi possono essere a “rischio tsunami” e consiglia lo studio accurato dei sedimenti sottomarini.  Da Loch Ness in Scozia al lago Tele nella Repubblica del Congo (in cui il mostro di turno è un serpentone di nome Mokélé-mbembé) innumerevoli sono le leggende che parlano di mostri sottomarini che agitano le acque… e se questi mostri in realtà non fossero altro che piccoli tsunami?