Ghost signs, una finestra sul passato

Twinings teaUn tempo, quando non si era ancora capaci di produrre a stampa cartelloni pubblicitari di grande formato e l’era digitale era ancora molto molto lontana, coloro che si volevano fare pubblicità, o che semplicemente volevano mettere in risalto in modo diverso la propria attività attraverso un’insegna accattivante, chiamavano degli specialisti del settore, i cosiddetti “walldogs”, che con maestria e inventiva dipingevano su grandi superfici, di solito muri in mattoni di palazzi, fabbriche o negozi, il messaggio che si voleva trasmettere.

I walldogs, termine decisamente dispregiativo, erano così chiamati perché lavoravano davvero come cani, cioè in condizioni spesso insostenibili e pericolose, abbarbicati alle facciate degli edifici in costruzione, penzolando da corde di fortuna.

La loro epoca d’oro furono gli anni fra la fine dell’800 e l’inizio del 900, durante i quali i walldogs produssero una serie impressionante di cartelloni pubblicitari nelle maggiori città del mondo soprattutto negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Francia.

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Di questi murales ante litteram rimangono spesso solo vestigia, i “ghost signs”, cioè quei disegni fantasma che ancora si intravedono sbiaditi e malconci in alcune città famose da San Francisco a New York, da Londra a Parigi. Le vernici che venivano usate erano ricche di piombo, cosa che ha aiutato la loro conservazioni negli anni, alcuni di essi hanno conservato solo pochi dei tratti primitivi in quanto al cambio del proprietario dell’immobile poteva capitare che anche la pubblicità nel murales cambiasse.

A partire dal 1990 si è creato attorno a questi cartelloni pubblicitari un grande interesse, tanto che non solo è nato un nuovo movimento che ne copia lo stile e i colori, ma addirittura è stato creato un archivio digitale che conserva la foto di più di 800 esempi di questa che può essere definita una vera e propria arte, in quanto la diversità delle forme scritte e delle illustrazioni evidenzia l’abilità e il talento che ogni signwriter apportava al proprio lavoro, in palese contrasto con gli attuali manifesti tirati in migliaia di copie.

Ho un ricordo molto sbiadito di quando ero bambina. In effetti ricordo un disegno pubblicitario, perché mi faceva abbastanza paura. Si trattava di un viso di bambino dipinto fuori dalla latteria, reclamizzava lo yogurt Yomo, ma non sono del tutto sicura che questo piccolo murales sia esistito davvero o se piuttosto sto facendo delle sovrapposizioni di diversi ricordi. Per il resto in Italia, di questo tipo di cose, pare abbiano resistito solo e ancora le tristi scritte del “duce”.

Prove di Natale, n° 1

regalo di NataleNatale si avvicina. Vi farete trovare come al solito impreparati o fate parte di quella stretta cerchia di persone che dopo aver stilato un accurato e impeccabile elenco riesce a comprare tutti i regali, per tutti gli amici e i parenti mesi prima (conosco persone che battono mercatini e negozietti fin dall’inizio dell’estate…)? Cioé fate parte di quella schiera di sciattoni come me, che improvvisano fino alla mattina di Natale, rimediando spesso terribili figuracce, o affrontate il « problema regalo » con perizia scientifica (senza cioé ripetersi o sbagliare taglia, numero, persona ecc ecc)?

Per i secondi è stata redatta una lista delle dodici migliori città nelle quali si può fare shopping natalizio. I parametri di scelta sono stati rigorosi: come muoversi (qualità del trasporto pubblico, accessibilità e disponibilità di taxi, tempi di trasporto e percorrenza); valore (cioè le stagioni di vendita e i prezzi medi); varietà (cioè numero di marche disponibili, gamma delle categorie commerciali, quantità di negozi di lusso, grandi magazzini, boutique, rivenditori vintage e bancarelle); esperienza (parametro basato su bellezza della città, qualità delle vetrine e dei negozi, cordialità e competenza degli impiegati e dello staff, possibilità di alloggio e vitto). Al primo posto naturalmente c’è New York, seguita da Tokyo, Londra, Kuala Lumpur, Parigi, Hong Kong, Buenos Aires, Vienna, Dubai, Madrid, Milano e Seul. In queste città si trova di tutto e di più, i prezzi possono essere scandalosamente alti o pazzescamente bassi, le idee, per essere almeno una volta originali la mattina di Natale, vi assalgono mentre state guardando le vetrine.

Io mi chiedo, c’era davvero bisogno di fare uno studio accurato per arrivare a capire che fare shopping in una megalopoli è più facile che farlo a Busto Garolfo?

Senza cadere nella trappola moralistica sul genuino significato del Natale, reputate che sia davvero necessario il «regalo» di  Natale ? Se credete che la tradizione debba essere rispettata pensate che debba essere «utile» o completamente «inutile e frivolo» ? Basta il pensiero o bisogna andarci giù duri ?

Raccontatemi cosa ne pensate e cercate di riappacificarmi con la tradizione ridondante che faccio fatica  a seguire ed apprezzare…

L’arte di Francisco de Zurbaràn

Francisco de Zurbaràn, Una tazza d'acqua e una rosa su un piatto d'argento, 1630
Francisco de Zurbaràn, Una tazza d’acqua e una rosa su un piatto d’argento, 1630

Il Palazzo dei Diamanti a Ferrara ha aperto da poco  una mostra che guarda alla pittura spagnola del  Seicento spagnolo (Siglo de oro)  attraverso l’opera dell’artista Francisco de Zurbaràn. L’artista coevo a Velàzquez e Murillo è forse meno conosciuto al grande pubblico . Originario di Siviglia è stato fin dai suoi primi esordi al servizio della religiosità riformista che lo ha portato a ritrarre esclusivamente immagini sacre. In mostra troverete opere come San Serapio, del 1628, dove il santo è raffigurato nel corso del martirio con addosso una veste bianca, il volto inclinato ma sereno. Oppure troverete il ritratto di San Francesco ritratto nel buio incappucciato  con in mano un teschio capovolto.

Francisco Zurbaràn, San Serapio, 1628
Francisco Zurbaràn, San Serapio, 1628

Oltre a queste tele più devozionali, potrete  ammirare in mostra anche le nature morte  a cui Francisco de Zurbaràn si dedicò, per un breve tempo, dal 1630. Questa serie come la Tazza con rosa ( 1633, già a Firenze, collezione Contini Bonaccossi, dal 1996 alla National Gallery di Londra ) rimane per l’assoluta purezza e bellezza  uno dei suoi capolavori.  In queste tele ritroverete  il suo solito gusto per le inquadrature nette e noterete una maggiore attenzione alla limpidezza e un uso della luce che trasforma gli oggetti dipinti in oggetti  reali.  Questo naturalismo però  è venato di un senso di mistero e immerso in un’atmosfera quasi irreale che ricorda la metafisica e le composizioni  di Giorgio Morandi . Una relazione con il sentimento dell’arte moderna che poco ha di scientifico ma molto di emotivo.

Francisco de Zurbaràn,San Francesco, 1635
Francisco de Zurbaràn,San Francesco, 1635

In  mostra traverete all’incirca 50 tele, con importanti prestiti ( molti dal Prado di Madrid e altre istituzioni europee e americane): resterà aperta fino al 6 gennaio. L’esposizione è organizzata dalla Fondazione Arte Ferrara e il Centre for Fine Arts di Bruxelles, chi volesse saperne di più può consultare il sito www.palazzodeidiamanti.it

Movimenti

Adrain Paci
Adrian Paci

Non passa giorno senza che si parli di giovani teste italiane in fuga. Il Messaggero, martedì scorso, in un articolo di Riccardo De Paolo, dopo aver rilevato che per l’Istat gli italiani che lasciano l’Italia sono aumentati del 26,5%  ha cercato di tracciare una guida per scegliere dove e come lasciare l’Italia.

Per noi che viviamo già all’estero, questo è un tema caro. Sempre in settimana, in un servizio di Radio3 sui giovani in fuga dall’italia, ho ascoltato un imprenditore italiano, che vive a Londra, confermava l’arrivo massiccio di italiani in Inghilterra. Lui pero’ sottolineava anche come questi laureati e specializzati si ritrovano purtroppo a dover lavorare come camerieri nei caffè o come commessi nei negozi.

Ancora fuga di cervelli: articolo del Corriere della sera domenica  scorsa, questa volta per sottolineare un successo tutto giovane e tutto italiano ma ottenuto in Francia. Infatti mentre Luigi Cattel e Barbara Stella hanno vinto il premio europeo degli inventori con i “nano proiettili” anticancro (a loro il trionfo e il premio meritato, ma all’estero i guadagni di questa ricerca)  Massimiliano Salsi lavorando a sud di Parigi a Villarceaux in una multinazionale franco-americana è rientrato tra i dieci vincitori del Mit Technology Review Award. Infatti insieme a Alberto Bonomi ha contribuito a costruire un cavo ottico sottomarino per trasmettere grandi volumi di dati a supervelocità, che uniranno gli Stati Uniti al Messico fino al Brasile.
Salsi afferma di non sentirsi un cervello in fuga e che deve all’Università di Parma le competenze fondamentali nella tecnologia delle fibre ottiche e che si sente parte di un team internazionale dove “Distanze geografiche e passaporti contano poco”.

Dunque pensavo, ai giovani tocca avere coraggio, tocca lasciare i percorsi convenzionali e poi devono imparare presto a tener duro in un paese dove la lingua, il modo di agire e la cultura sono diversi .

Eppure mi convinco che tutto questo servirà: questo migrare trasformerà anche il nostro paese, lo modificherà in profondità perché chi parte diventerà più esigente con l’Italia e non sarà disposto a scendere a compromessi; non accetterà gli errori di chi ha il compito di governarci e l’obiettivo di rimetterlo in grado di marciare. Chi  deve fuggire oggi sarà più intransigente domani.
 

Chiacchiere del Lunedì

Prova mafalde

È della settimana scorsa la notizia che a Roma in pieno centro storico, dalle parti di Piazza di Spagna, 4 turisti inglesi hanno pagato per altrettanti coni gelato 64 euro cioè 16 euro a cono.

Per carità si trattava di un gran bel cono, tre gusti, cialda croccante, quasi sette etti di gelato (la difesa del proprietario della gelateria). Noi ci chiediamo, è la solita “circonvenzione di turista”, che pare essere uno degli sport nazionali italiani, o un prezzo tale, sebbene per una leccornia tutta nostrana, è in qualche modo giustificabile?

I commenti letti su giornali e blog italiani mostrano una sana indignazione per fatti così gravi, che incidono negativamente sul turismo italiano (proprio in un periodo in cui forse si potrebbe rivelare l’unica ancora di salvezza per la nostra economia asfittica).

Hai ragione ma mi domando era esposto il prezzo oppure erano ignari di quello che sarebbero andati incontro?

La ADOC (Associazione difesa e orientamento dei consumatori) si è mostrata particolarmente dura nel bollare questo episodio (che segue di poco tempo quello dei due giapponesi che hanno pagato per un pranzo oltre 600 euro e di una turista americana che sentitasi male si è fatta trasportare all’ospedale su un’ambulanza privata ricevendo un conto di 1300 euro) come “scandalo incommentabile”.

Se diamo un’occhiata ai commenti dei media di oltre manica non manca l’ironia (come quella del Guardian ad esempio che si chiede se a Londra esiste un posto in cui il gelato è più caro di quello romano), alcuni si sono scandalizzati bollando gli italiani come truffaldini, ma un commento ci ha incuriosito in particolar modo. Quello trovato sul sito on line della BBC. Qui infatti si afferma che il prezzo di quei coni era sì scandaloso ma allo stesso tempo  mangiare un gelato a Roma è un privilegio raro, dunque bisogna essere consapevoli del fatto che in quel preciso momento non stai comprando un semplice gelato (cosa che puoi agevolmente fare in ogni angolo del mondo) ma lo stai comprando a Roma, ed é come se acquistassi un pezzo della città eterna.

Commento benevolo non c’è che dire, ma può bastare a scusare una follia del genere?

L’ironia quando è diretta a dare qualche colpo all’immagine italiana non manca mai, comunque nel mio piccolo vorrei denunciare che ieri ho comprato a Divonne, in Francia , al mercato della domenica un cestino di piccoli pomodori rossi e ho speso 12 euro . Quando mi ha detto il prezzo, mi è preso un colpo, non ho avuto il coraggio di reagire e senza fiatare sono tornata a casa con i miei pomodori d’oro.  Dopo meno di un’ora erano finiti in una sola insalata del pranzo. 

Fantasmi di Londra

AldwichGli inglesi, si sa, vedono fantasmi dappertutto. Famosi sono i tour nei castelli infestati, in luoghi isolati e inaccessibili, ma non immaginereste mai che di fantasmi è popolata anche la capitale, Londra, e addirittura la sua impareggiabile, enorme ed efficientissima metropolitana: la Tube più famosa del mondo. I media inglesi affermano che ogni stazione della metro di Londra è infestata da almeno un “ghost” (fantasma). Del resto quest’anno si festeggiano i 150 anni dall’inaugurazione della metro londinese e di storia nei suoi oltre 400 chilometri di tunnel ne è passata tanta!

Iniziamo con ordine. Innanzitutto fin dal 1863, anno di inaugurazione della prima linea, uno dei peggiori inconvenienti che potevano capitare agli ingegneri e alla folla di operai addetti agli scavi era quello di imbattersi in una delle tante fosse comuni in cui i londinesi avevano seppellito i morti di peste del XVII secolo (e già qui siamo messi male!) e le cronache raccontano che questi defunti erano ben infastiditi dal trambusto causato dalla metropolitana e ad ogni piè sospinto si manifestavano, uno dei più famosi esempi era la stazione Aldagte, ma anche alla Liverpool Station. Nella stazione abbandonata del Britush Museum, si aggira, neanche a dirlo, l’ectoplasma di una Principessa Egizia. La stazione di Covent Garden invece ospita il fantasma di un attore, William Terriss, qui ucciso da un suo rivale. La Elephant & Castle tube station ha un fantasma corridore di cui spesso si odono i passi frettolosi. Alla Highgate High-level  station, che comprende una galleria in disuso, si sente passare il treno sebbene la linea sia chiusa dal 1954.

E potrei continuare ancora a lungo.Disused passageway, Notting Hill Gate tube station, 2010

Non solo la metropolitana di Londra pullula di ectoplasmi, ma addirittura intere stazioni sono diventate “stazioni fantasma”, cioè sono state chiuse al traffico passeggeri perché in disuso o poco frequentate e alcune di esse sono divenute famose come quella di Aldwich, inaugurata nel 1907 e chiusa nel 1917, che durante la guerra fu anche rifugio antiaereo, oggi completamente restaurata e location speciale per molti film da La battaglia di Inghilterra (1969) a Superman IV (1986), V per vendetta (2006) e l’ultimo Skyfall di James Bond.

Attualmente si sta progettando inoltre la possibilità di riaprire al pubblico alcune di queste stazioni fantasma per attirare turisti anche nelle viscere della città, dando loro l’occasione di visitare luoghi che sono divenuti storici come la Stazione abbandonata di Downing Street dove Churchill riuniva il suo gabinetto di guerra e dove riusciva a riposare a dispetto dei bombardamenti tedeschi sulla capitale durante la Seconda Guerra Mondiale.

Insomma ci sarà presto un altro tipo di Tour del mistero che, lascia fare agli inglesi, attirerà frotte di turisti che in attesa del fantasma di turno affolleranno di nuovo le vecchie banchine in disuso!

La Pompei del Nord

Amuleto in ambraÈ di questi giorni la notizia che nel centro della City di Londra in seguito ad uno scavo in un sito in cui nel 2016 sorgerà il quartier generale europeo di Bloomberg sono stati rinvenuti oltre 10000 oggetti risalenti all’epoca romana, fra i quali si contano anche utensili in legno e pelle perfettamente conservati grazie all’ «ambiente anaerobico» nel quale erano immersi, con un giusto grado di umidità e temperatura, nel letto di uno del fiumi «perduti» di Londra: il Walbrook.

L’incredibile massa di materiali comprendenti monete, ceramiche, scarpe, portafortuna e un amuleto in ambra di un gladiatore, hanno portato gli archeologi a definire il luogo la Pompei del Nord.

La storia della Londra Romana è stata finora sconosciuta ai più. Ma come tutta la storia antica conserva un fascino particolare.

I romani giunsero in Britannia con l’imperatore Claudio intorno all’anno 43. Claudio, che succedeva a Caligola, aveva bisogno di un riconoscimento militare per poter esercitare il ruolo di imperatore senza problemi. Invaso il Kent pose come base e capitale della colonia Colchester. Ben presto però i romani individuarono un luogo lungo il Tamigi in cui i terreni, sebbene paludosi, permettevano la costruzione di un ponte e la possibilità di attraccare ii vascelli quando la marea rendeva le acque del fiume abbastanza profonde per le navi romane. Qui, nei pressi del London Bridge, nacque il primo nucleo di Londinium che fin dagli albori conobbe un’enorme sviluppo. Come di consueto i romani per prima cosa svilupparono l’assetto viario di Londinium, per collegare quella che nell’immaginario del popolo era l’estremità della terra al centro dell’impero, ciò fece accorrere mercanti stranieri e nativi della Britannia nella città, che mano a mano acquistò grande prosperità. Dopo un breve periodo di crisi dovuto all’invasione della città e alla sua distruzione da parte della Regina degli Iceni del Norfolk, Budica, Londinium si riprese e divenne il principale mercato della Britannia. Qui giungevano i beni di lusso da ogni angolo dell’impero per soddisfare i gusti ricercati dei romani che vi si erano istallati: vino e ceramiche dalla Gallia e dall’Italia, olio d’oliva dalla Spagna, marmo dalla Grecia e, naturalmente, gli schiavi. Ma c’era anche un fiorente mercato di esportazione di rame, stagno, argento, mais, ostriche e della spessa e pregiata lana per mantelli conosciuta come il «Britannicus birrus».

La città si era sviluppata sia a nord sia a sud del fiume, ma il suo cuore si trovava nella attuale City di Londra. La vita pubblica si svolgeva nel grande «forum», più grande dell’attuale cattedrale di St Paul, il più grande ad ovest delle Alpi – fulcro amministrativo e giudiziario ricco di costruzioni fra le quali la basilica e un tempio dedicato a Mitra. Immancabili naturalmente erano le terme e un anfiteatro che si trova sotto la Guildhall. La fortezza, sede della guarnigione militare della città, si trova sotto il Barbican. Nel momento di massimo splendore del periodo romano, cioè alla vigilia dell’arrivo dell’imperatore Adriano (colui che fece costruire a Nord il Vallo per proteggere i coloni romani e i nativi del Sud dalle tribù guerriere del settentrione), la città di Londra contava 45000 abitanti.

Ma a partire dal 3° secolo dopo Cristo la città romana iniziò un lento e costante declino. I probemi dell’impero imponevano una riduzione della guarnigione militare romana e ciò portò inevitabilmente all’impoverimento del luogo. Nel 5° secolo l’antica Londinium viene definitivamente abbandonata dai romani… ma è qui che inizia un’altra storia.

C’è ancora posto per monumenti da erigere?

E’ pensabile oggi che un’artista possa realizzare un monumento? Un’opera, cioè, di scultura nata per celebrare qualcuno o qualcosa? Chi ha uso dell’arte contemporanea sa quanta strada  gli artisti abbiano fatto per contestare le celebrazioni altisonanti e per arrivare a forme espressive più vicine alla vita.

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Elmgreen and Dragset, Powerless Structures Fig.101, 2012

Ma gli artisti, si sa, amano anche le sfide. Infatti, da ormai più di sette anni, a Londra il sindaco della città (coadiuvato da una commissione  di esperti) invita i più affermati  artisti contemporanei a pensare un monumento, da collocare su un grande pilastro ottocentesco, in Trafalgr Square. Il pilastro, posizionato a nord ovest, di fronte alla National Gallery, fu disegnato nel 1841 da Sir Charles Barry e fu pensato per una statua equestre che non fu mai portata a termine.   Collocare l’opera su un piedistallo prevede un grande impegno per l’artista contemporaneo, abituato ormai da più di un secolo a rifiutare ogni costrizione e limite dettati dallo spazio. Ed è così che l’accostamento del piedistallo con l’ opera contemporanea diviene talmente stridente da balzare subito agli occhi. Quest’anno la sfida è stata raccolta da una coppia di artisti, Elmgreen and Dragset, che hanno sviluppato proprio l’idea originaria, quella del monumento equestre: hanno realizzato la statua di un bambino,  in bronzo dorato, su un cavallo a dondolo. E’ il bambino che verrà, è colui che ci fa pensare al futuro e a ciò che sarà. I due artisti hanno lavorato per anni assieme: Elmgreen è danese, mentre Dragset è norvegese. Sono stati presenti all’ultima Biennale di Venezia, nel padiglione che rappresenta la Danimarca assieme alla Svezia e alla Norvegia. Nel 2008 hanno inaugurato un lavoro nel Tiengarten Park di Berlino, con un opera dedicata alle vittime gay del nazismo.

Prima di loro, tra gli altri artisti che hanno lavorato in Trafalgar square sul piedistallo vuoto, ci sono stati Marc Quinn, con una grande figura mutilata dal titolo Alison Lapper Pregnant (2005), oppure  Thomas Schutte, con il suo lavoro Model for a Hotel (2007) ,o ancora Ynka Shonibare con la sua grande nave di Nelson in bottiglia (2010).

Thomas Shutte
Thomas Shutte, Model for  Hotel, 2007
Marc Quinn's Alison Lapper Pregnant,2005-2007
Marc Quinn’s Alison Lapper Pregnant,2005-2007

Il pilastro, insomma, continua a incuriosire artisti, critici e spettatori e la città di Londra ogni anno organizza anche un premio destinato alle scuole: gli studenti possono presentare un progetto per il pilastro e i più belli vengono premiati.

Ynka Shonibare, Nelson Ship in a bottle,2010-2012
Ynka Shonibare, Nelson Ship in a bottle,2010-2012

Così l’arte si lega al passato, offre una visione del contemporaneo, è visibile da tutti e vive del giudizio e dei commenti  di ogni passante.

Choc di strada, l’arte incontra tutti

Abbiamo già trattato una volta  della street art, perché se ne fa un gran parlare ed è sempre più un modo di esprimere ciò che si sente in questo momento. La street art è molto seguita dal mondo dell’arte e apprezzata dai giovani. Tanto per farvi un’esempio, mia figlia adolescente l’altro giorno mi ha sfidato e mi ha fatto vedere  un’immagine che circolava su facebook: si vedevano accostati, l’uno all’altro, un lavoro di Lucio Fontana e un disegno fatto sul muro di una città. L’immagine era polemica, dal momento che vi si leggeva: la prima la considerano arte, la seconda vandalismo.

La provocazione era interessante; forse avrei potuto spiegare  che è grazie ad artisti come  Fontana, che oggi siamo tutti liberi di apprezzare alcune espressioni attorno a noi e definirle opere d’arte.  Però il discorso sarebbe stato lungo e avrei dovuto menzionare le avanguardie, i primi papier colle di Picasso e poi i ready made di Duchamp.

Ma torniamo alla street art, oggi vorrei presentare un’artista americano che vive a Washington. Il suo lavoro è di grande suggestione  e utilizza la città come campo di azione. Quest’artista si chiama Mark Jenkins. Tra i temi del suo lavoro vi sono esseri umani, animali e oggetti.  Bambini, vagabondi, senza tetto,orsi, giraffe, parchimetri, lampioni sono riprodotti attraverso involucri di nastro adesivo dai quali sembrano state tolte le forme originarie. Queste figure vengono messe sempre in rapporto con il contesto urbano, piazzate come sono nei posti più improbabili. 

Nel tempo l’artista ha vestito i suoi involucri di nastro con dei veri vestiti e li ha posizionati in contesti inaspettati e disarmanti in luoghi pubblici. Così queste opere si trovavano un po’ dappertutto: una donna che siede sull’orlo di un tetto a Washinton, un’altra che cade da una passerella a Dublino,  un uomo che dorme sul pavimento in un angolo del museo Taubman di Roanoke,  un altro con la testa nascosta in un muro di cemento a Londra.”The Floater”, creato in Svezia a Malmö, rappresenta un uomo vestito con una felpa e in pantaloni sportivi, che giace a faccia in giù, in un canale, con alcuni palloncini sospesi in aria e legati sua cintura: sembra che i palloncini cerchino di tirare il corpo fuori dall’acqua. Questa scultura è stata creata quando Jenkins ha lanciato la sua campagna per Greenpeace, col fine di denunciare la condizione dell’orso polare, che progressivamente affonda con i ghiacci sui quali vive.

Arte di strada che stupisce e ci fa riflettere,  collocata in luoghi scelti dagli artisti; arte ambientale, dunque, visibile a tutti senza biglietto.

Nel buio delle scarpe strette

RIENTRARE è il verbo che meglio descrive le azioni del mese di settembre. Si appendono le ciabatte colorate, gli zoccoli per chi ancora li porta e i piedi rientrano nel buio delle scarpe strette.

Eccoci qua, dopo una lunga pausa trascorsa in transito nelle città italiane, un po’ in vacanza un po’ in giro ad inseguire parenti e figli, siamo tornate.

Sintesi di ciò che abbiamo visto e che abbiamo imparato:

– Per cominciare le scarpe: non c’è dubbio che quest’anno ne vedremo molte con le borchie e ancora una volta molte con le zeppe trampolate da vertigini.

– Tra gli artisti d’arte italiani che più sono stati acclamati all’estero quest’estate senz’altro Giuseppe Penone è stato il numero uno (presente in Germania a Documenta di Kassel prossimamente aprirà una mostra personale a Londra alla Whitechapel).

– L’Italia si divide tra chi preferisce mangiare i fichi con il prosciutto e chi sceglie il salame.

– Purtroppo, come previsto, il romanzo 50 sfumature di grigio, che è stato un successo di pubblico e ora anche di adolescenti, ce lo ritroveremo anche al cinema (vedi la nostra recensione del 6 luglio scorso)

– L’ultimo film di Woody Allen To Rome with love,  dedicato all’Italia  è stata la grande delusione degli italiani che in quei personaggi proprio non si ritrovano, ma all’estero cosa ne pensano? come ci vedono?

– In estate sono state concepite  alcune mostre interessanti che hanno messo in parallelelo l’arte contemporanea con l’antico, due di questo genere molto interessanti sono state:  Riotus Baroque, da Cattelan a Zurbaran alla Kunsthaus di Zurigo (chiude domani 2 settembre) e Messerschmidt and Modernity Paul Getty Museum di Los Angeles (visitabile fino al 24 ottobre).

– È umanamente impossibile mangiare più di 40 cm di pizza al metro a testa (test effettuato con la collaborazione di maschi adolescenti)

– Intanto i musei in Italia cercano di non lasciarsi sopraffare dalla crisi, un bel esempio il Man di Nuoro un centro d’arte contemporanea importante per qualità e ricchezza di contenuti.

– Tornate alla base e rivisto i primi vestiti per l’autunno siamo state sopraffatte dal colore arancione.

– Le ciabattine infradito sono comode sulla sabbia, ma inevitabilmente si disassemblano sugli scogli, procurando al malcapitato bagnante ematomi e graffi di varia gravità.

– In alcune zone d’Italia, per fortuna, la raccolta differenziata è stata presa così seriamente che bisogna avere una laurea per dividere la prorpia spazzatura correttamente. La pena è scavare alla ricerca del tappo perduto nel proprio sacchettino di porcherie.

– Gi amici ti salvano la vita…