Adieu à l’Afrique

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Dal film Adieu à l’Afrique, 2017

Nel 2009 Alice, una giovane cooperante italiana, viene ritrovata morta sulle spiagge della Mauritania, assieme ad altri migranti che stavano cercando di raggiugnere l’Europa attraverso le isole Canarie. Perché era lì anche lei, sulla quella barca? Cosa ci faceva? Partendo da queste storia, realmente accaduta, il regista Pierre -Alain Meier ha cominciato a lavorare al film Adieu à l’Afrique, presentato in questi giorni al Festival Vision du réel, di Nyon, in Svizzera.maxresdefault

Un film che ci interroga sul coraggio gratuito e generoso di tante persone che lavorano nelle Ong. Dal film si scopre che Alice ha fatto la scelta di salpare su questa carretta del mare solo per proteggere una giovane amica senegalese, sedicenne. Alice ha cercato di spiegarle i pericoli del viaggio, ma la ragazza voleva andare via, voleva andare in Spagna perché sognava una vita nuova. Alice era felice in Senegal: voleva rimanere per sempre lì a lavorare. E’ salita sulla barca per accompagnare l’amica e poi tornare indietro.

Il film mi ha fatto pensare all’energia dei giovani che sentono dentro di sé la spinta al cambiamento,  la necessità di cercare di una nuova vita.

Pensavo alla spinta dei giovani dell’Erasmus, pensavo ad Alice e a tutti i giovani volontari internazionali che partono per luoghi difficili e poi vi rimangono come scelta di vita, ma anche alla giovane senegalese che è partita perché ha scelto il nostro continente per cambiare vita. Questa spinta è il nuovo mondo che avanza, è ciò che cambierà il volto delle nostre città, del nostro vivere: fa davvero paura? Ma  con quale diritto facciamo di tutto per ostacolarla? E poi: si può davvero arrestarla?Giovani-in-partenza

Visions du Réel

Nyon, cittadina pigramente distesa sui bordi del lago Lemano, è famosa ai più perché qui si trova la sede della UEFA (e dei suoi scandali), perché qui si effettuano i celebri sorteggi della Champions League, che stabiliscono con quale altra squadra si dovranno scontrare i più affermati Club di football d’Europa.

Pochi sanno però che qui, ad ogni inizio di primavera, si tiene uno dei festival cinematografici internazionali più originali ed “impegnati” che si annoverano in Europa, organizzato dalla  Fondazione, che porta lo stesso nome del Festival, Visions du Réel

Fin dal 1969, quando ancora il festival si chiamava Nyon International Documentary Film Festival, gli organizzatori si sono sentiti attratti dalla possibilità di narrare cinematograficamente la realtà che ci circonda. Il reale è qui trasformato nella forma artistica contemporanea più originale e accessibile, il documentario, e ciò rende il Festival un esploratore delle realtà complesse della storia presente e passata. Il festival accoglie pellicole che mostrano il rapporto delle persone con il proprio mondo, poco importa se colto intimamente o raccontato con enfasi, e in tal modo offre punti di vista sempre nuovi e soprattutto mai stereotipati in quelle forme alle quali siamo soliti assistere.

Il programma del festival include lungometraggi, pellicole di lunghezza media e “corti”, 180 film da 49 paesi, tutti documentari, tutti incentrati sulla forza della realtà e quest’anno sulla speranza, incarnata dalla giovinezza, promessa dell’avvenire. Tutte pellicole animate da curiosità e volontà di comprendere, volte a moltiplicare lo sguardo su un pianeta sempre più complesso e spesso inaccessibile. Flash sulle vite delle persone, sulle loro paure, sulle loro speranze, sui loro sogni.

Il Festival si chiuderà il 23 di aprile, naturalmente sancendo un vincitore, il cui lavoro molto probabilmente non verrà conosciuto dal grande pubblico, ma che sicuramente avrà il pregio di aver lacerato in parte il velo che nasconde in qualche modo la realtà.

Côté Suisse

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E’ giugno e si respira aria di vacanze. Nei cantoni di Ginevra e di Vaud si moltiplicano gli appuntamenti dedicati alla musica. A Nyon, ad esempio, si è appena concluso il festival Caribana e presto si terrà quello ancor più grande di Paleo. A Ginevra, come consuetudine, il 19-20-21 giugno si avranno tre intere giornate dedicate alla festa della musica, dove si potranno ascoltare più di 600 concerti di professionisti sparsi per la città, con gli amatori sono invitati a suonare nei parchi des Cropettes e Beaulieu.

Ma la cosa che ogni anno mi colpisce di più è un altro evento. Anche questo si tiene per le strade della città. Si tratta di una vera e propria iniziativa di street music con pianoforti verticali disseminati per la città. Gli strumenti sembrano abbandonati, ma vi si può leggere sopra la frase: Jouez, Je Suis à Vous. Il pianoforte è lì per tutti noi, è un invito aperto a sedersi e suonare. Ieri, ad esempio ho visto un ragazzo appena uscito da scuola, con lo zaino ancora sulle spalle, suonare davanti al centro commerciale La Combe, di Nyon. Tanti altri ragazzi, incantati, si sono seduti per terra e si sono messi ad ascoltarlo. L’idea dei pianoforti messi a disposizione per le strade non poteva che nascere dalla mente di un artista: facendo un po’ di ricerche, si scopre che è un progetto presentato la prima volta nel 2008 dall’artista inglese Luke Jerram. In questo momento a Ginevra di pianoforti per le strade ce ne sono 60, mentre a Nyon ce ne sono 5.

Si cercano i pianoforti, si suona sulle rive del lago Lemano, si ascolta e si condivide questa esperienza; poi se si vuole si fanno delle foto e si mettono on line sul blog streetpianos.org. Questa iniziativa non è limitata alla Svizzera: anche in Italia la città di Firenze ha aderito all’iniziativa seguita anche da altre città europee come Parigi, Stoccolma (tutte le informazioni le troverete sul blog).

Donne e buon senso

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Women in Sink, Iris Zaki, United Kingdom, Israel,2015,38′

Non occorre essere specilisti o appassionati di documentari per restare affascinati dal Festival internazionale del cinema documentario, che ogni anno si tiene nella cittatdina svizzera di Nyon. Quest’anno si è appena conclusa la 46 edizione. Dal 17 al 25 aprile sono stati proiettati 136 film e tra essi uno ha vinto meritatamente il Premio della giuria per il mezzo cortometraggio più innovativo. Il film si intitola Women in Sink ed è stato girato da una giovane regista anglo israeliana, di nome Iris Zaki.

Il documentario è divertente e ironico e dovrebbe girare un po’ per le sale di tutto il mondo. Dedicato alle donne e al loro modo di trovare un compromesso per vivere in pace, è girato a Haifa, una città costiera di Israele. Tutto il film si svolge all’interno del piccolo salone di una parrucchiera araba cristiana, denominto “ Da Fifi”.

Le inquadrature principali vengono prese dall’alto, a picco sui volti delle clienti mentre sono appoggiate ai lavatesta e si lavano i capelli. Sono come dei primi piani e le signore si lasciano interrogare su temi scottanti di convivenza civile e politica. La maggioranza delle signore risponde volentieri, racconta la propria storia: ognuna un’esperienza diversa. L’atmosfera è pacata e allegra. Sembrano aver trovato uno “spazio di libertà temporanea”, dove si chiacchiera, si fanno degli spuntini e si condividono l’amore e la vita. Le chiacchiere vanno ruota libera e il clima è segnato dalla leggerezza e dalla voglia di comunanza.

Un video che cerca tra le persone comuni un messaggio di speranza, pace e buon senso.

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Chiacchiere del lunedì

Di buone notizie ancora non ce ne sono molte, in questo mondo bisognoso di cambiamento e di speranza,  ma questa settimana l’arrivo del nuovo Pontefice, Francesco, ha scaldato il cuore di molti.

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Dunque adesso siamo pronti per vivere al meglio riti e tradizioni della Pasqua.Lasciatemi trascurare i riti sacri e per un attimo passiamo in rassegna qualche tradizione che ho scoperto da queste parti.

Qui da noi, in Svizzera, il tradizionale uovo sodo lo trovi già cotto e colorato al supermercato. Se però volessi decorarlo da solo, troveresti in vendita mille attrezzi  incredibili per poterlo fare. Tra le invenzioni più geniali, a questo riguardo, c’è la siringa con la quale estrarre il tuorlo e l’albume e salvare il guscio. Oppure, se non sei bravo e non hai pazienza, puoi sempre attaccare sul guscio mille tipi di versi di adesivi colorati.

La  tradizione vuole, poi, che come per il Natale si prepari anche l’albero di Pasqua. A tal fine, qui si usano dei rami  che  possono essere di  nocciolo, di ulivo o di pesco. Si mettono in un vaso e si decorano con uova, campanelline pulcini o come si vuole. In Svizzera, inoltre, chi i pulcini e i conigli di Pasqua ama vederli vivi può sempre andare nell’Oberland di Zurigo, a visitare il museo di Olten dove ogni hanno preparano un piccolo zoo domestico, per l’occasione. Qui i bambini possono vedere e toccare pulcini e conigli veri e andare a cercarsi le uova che sono state nascoste nel museo. Le uova nascoste sono un bellissimo gioco, che ho imparato qui. Mi hanno detto che è  il coniglio che le porta nelle case e le nasconde, sono i bambini poi che le devono trovare, appunto, nel giardino o in casa.

Nella città di Nyon, non distante da noi, per Pasqua si celebra anche un’altra tradizione antica di secoli: si rivestono le fontane con ghirlande di nastri e uova colorate per sottolineare il fatto che il gelo è ormai passato e l’acqua riprende a  scorrere.

Insomma, è vero che le tradizioni cambiano e si evolvono, ma senza di esse  le giornate dell’anno scorrerebbero piatte e monotone: niente divertimento e imprevisti bizzarri. Impossibile da immaginare!

Scatti d’arte

afficheLa guerra tra pittura e fotografia si può dire conclusa? Si direbbe ormai di sì: chi si interessa d’arte oggi non può fare a meno di interessarsi di fotografia.  Il mezzo fotografico è un modo, un mezzo per fare arte perché, dopo le esperienze di artisti come Duchamp e Picasso (readymade e i collage),  tutto può concorrere all’idea generale di arte.

Ci sono fotografi che amano creare delle finzioni sceniche come se preparassero un set  da fotografare. La finzione non viene celata, ma il visitatore la riconosce subito guardando la foto. Per farvi un esempio, a Nyon in questi giorni, presso la galleria  Focale, si tiene la mostra di una fotografa italiana Simona Bonanno, che lavora proprio con questo stile. La mostra, intitolata Chains of silence (catena del silenzio), presenta una serie di fotografie che riproducono storie tragiche vissute da donne di tutto il mondo. Niente di più crudo e reale, raccontato attraverso delle bambole.

Simona Bonanno,Begm S.-Pakistanaise
Simona Bonanno,Begm S.-Pakistanaise

Le foto sono raccapriccianti, ma non si riferiscono ad un corpo umano bensì ad una serie di Barbie. Ogni bambola è stata scelta, preparata per lo scatto fotografico come su un set o su una scena teatrale. In fondo anche questa fase preparatoria non può essere scissa dall’opera: è come se l’artista avesse creato una piccola installazione. L’effetto finale è realistico, ma si tratta pur sempre di un’altra realtà. Ognuna di essa è avvolta in un tessuto, coperta dalla materia, bruciata. Nelle foto si sente il contrasto tra un gioco innocente, come la bambola, e la violenza dell’immagine. Si passa dalle donne auto immolate delle province afghane a quelle violentate e massacrate in Algeria, sepolte vive in Turchia. Un omaggio dunque a quante muoiono nel nome della tradizione più retriva, dell’odio  e dell’ignoranza.

Simona Bonanno, Auto-immolation de femmes afganes
Simona Bonanno, Auto-immolation de femmes afganes

La serie di questi lavori ha vinto, nel 2010, il Prix Julia Margaret Cameron  e sono già state esposte in Argentina, Israele e Turchia.

Tutta da scoprire: l’arte del fumetto a Losanna

Per tutti quelli che sono nella zona, vorremmo segnalare  il Festival del fumetto BD-Fil che si terrà a Losanna dal 14-17 settembre.

Guardando il programma abbiamo trovato alcune cose curiose anche per chi non è uno specialista del settore. Il programma è ricco di incontri e mostre e  vorremmo segnalarvene due, in particolare, che si svolgeranno nell’Ancien cinéma Romandie. La prima mostra è dedicata ad un disegnatore italiano che vive a Ginevra, Tom Tirabosco, famoso per aver creato il personaggio dell’ Anatra svizzera: un’anatra quasi umana che vive mille avventure (compare nel week end sulla Tribune de Geneva). E’ anche conosciuto  per aver pubblicato diversi libri con la casa editrice per bambini La Joie de Lire.
Sempre nel Cinema da non perdere la mostra La cuisine, dedicata sempre al fumetto con la storia di quindici avventure culinarie inventate per l’occasione da altrettanti illustratori.
In definitiva si tratta di una bella occasione per avvicinarsi a questo genere di arte che e’ molto seguita qui in Svizzera e nel mondo francofono: nelle librerie c’è sempre spazio per il fumetto e, se non state attenti, vi può capitare di inciampare in qualche giovane appassionato seduto per terra a leggersi qualche storia.
Sempre per cercare tracce curiose del fumetto e della Svizzera, vi ricordiamo il personaggio Tin Tin, inventato dall’illustratore belga Hergè, che  ha una storia intitolata Affare Tornasole: tutta ambientata nei pressi di Nyon.  L’ambientazione e i luoghi tracciati sono stati tutti ritrovati  nel 2007 in occasione del centenario della morte dell’illustratore. Qui sotto un’immagine della mostra.

Paleo Festival Nyon

L’estate è un periodo speciale per la musica, tutta la musica.

Nell’intera Europa è un susseguirsi di appuntamenti capaci di soddisfare qualsiasi gusto musicale.

Non vi voglio parlare dell’appuntamento principe del Lago Lemano, quel Festival di Montreaux, che ha appena chiuso i battenti con il solito inossidabile successo, ma di un altro Festival decisamente Pop, dedicato soprattutto ai giovani, ma con un occhio particolare  anche ai più datati, che ogni anno, dal 1976, si tiene Nyon.

Quest’anno aprirà i battenti il 17 luglio e terminerà il 22.

Il Paleo Festival, così si chiama, è ormai divenuto un evento musicale conosciuto in tutta Europa.

All’inizio era il First Folk Festival e raccoglieva alcune migliaia di persone nella sala Comunale della bella cittadna sul Lago di Ginevra. Esso ha conosciuto in 36 anni una crescita continua e regolare, che ha permesso di offrire ad un pubblico di più di 250.000 spettatori per ogni edizione, per nulla intimoriti da fango e pioggia che spesso accompagnano la kermesse, oltre 200 concerti e spettacoli su un’area di 83 ettari.

In questi anni si sono presentati sui palchi del Festival artisti del calibro dei Depeche Mode, Pink, Lenny Kravitz, Crosby Still and Nash, Manu Chao, Zucchero e centinaia di altri.

Per stessa ammissione degli organizzatori il suo successo è dovuto alla formula che lo vuole une melange fra festa popolare e concerto. Trampolino di lancio per giovani talenti o luogo in cui conservare o rimarcare il proprio successo, protagonista assoluta della settimana del Paleo è comunque sempre la musica. Ogni sera sui diversi palcoscenici del festival si susseguono decine di musicisti, band, performers che mandano in visibilio i 35.000 spettatori stimati, i quali hanno l’opportunità di assistere ai vari concerti, distendersi al sole, prendere il fresco, bere e mangiare a bassa spesa nelle decine di stand predisposti.

I palcoscenici sono 6: sulla Grande Scène, davanti alla quale possono prendere posto in piedi 30.000 spettatori e sullo Chapiteau (8000 spettatori), si susseguono ogni sera i nomi più famosi dell’edizione. Il Dôme (2000 spettatori) accoglie gli artisti di una regione e di una cultura particolare del mondo (quest’anno il Medio Oriente). La Club Tent (2000 spettatori) e il Détour (500 spettatori) sono dedicati ai nuovi talenti e alle nuove tendenze musicali, mentre la Ruche é il luogo dedicato al teatro di strada, alla poesia visuale e all’humor.

Il Paleo oltre ad essere una festa della musica, dedicata davvero a tutti, si impegna in modo molto serio per il rispetto dell’ambiente. Insieme al comune di Nyon infatti, che predispone trasporti pubblici efficientissimi per lo spostamento delle migliaia di partecipanti, da anni gli organizzatori cercano soluzioni destinate a limitare al massimo i problemi ambientali che una così grande massa di spettatori presuppone. Da un programma di smaltimento rifiuti personalizzato all’attenzione alla vendita di prodotti locali, biologici o vegetariani, il Festival si impegna a consumare il 100% di energia verde e a non consumare più di 20 litri di acqua al giorno per ogni persona che assiste al festival o risiede nel camping attiguo, creato per l’occasione.

Unico neo è l’acquisto dei biglietti. Gli organizzatori li mettono in vendita intorno alla metà di aprile dopo aver svelato il programma annuale del Festival e vanno esauriti nel giro di una mezz’oretta, dopo di che si scatena la caccia all’ultimo biglietto.

Per chi è rimasto senza, ogni giorno del Festival, dalle 9 di mattina è possibile connettersi via internet per provare ad acquistarlo, ma… buona fortuna!

… ora cacciate col vino gli affanni (Orazio, Odi)

Gli antichi romani, tramandando spesso l’eredità dei padri greci, ci hanno insegnato molto sull’arte del vivere bene.

Per esempio se vogliamo ancora oggi essere sicuri della “piacevolezza” di un luogo, basta leggerne la storia; se ci sono passati i romani e, soprattutto, se vi si sono insediati, possiamo stare sicuri che il posto ha una qualche particolarità che lo ha reso e lo rende ancora apprezzabile (l’esempio più vicino a noi è Nyon).

Stessa cosa si può dire di cibi, spezie ed essenze.

Ed è questo il caso del Conditum Paradoxum romano.

Il nome, oltre a richiamarci alla memoria le fatiche del liceo, designa una fantastica bevanda di cui è antico parente… il moderno vin brulé.

La ricetta del Conditum Paradoxum, di probabile origine greca, è contenuta in un libro di cucina di epoca romana, il De re Coquinaria, raccolta di ricette di un famoso ghiottone, Apicio, nato nel primo secolo a.C. Si trattava di un vino scaldato, aromatizzato alle spezie e dolcificato con abbondante miele, che veniva offerto ai convitati a fine pasto.

Per tutti coloro che pensavano al vin brulé come delizia nordica ecco sfatato un altro mito!

Dunque se era buono per gli “ozi” romani, il Conditum è ancor più buono per noi, in questi giorni di freddo intenso e di vento (la cattiva Bise ci si infila dappertutto!).

Ve ne diamo un’interpretazione particolare e moderna, le dosi sono abbondanti perché il bello è brindare in compagnia!

1 bottiglia di vino bianco

1 bottiglia di vino rosso

310 ml di vermouth dolce rosso

3 cucchiaini di Angostura

6 strisce di scorza di arancia

8 chiodi di garofano interi

un bastoncino di cannella

8 baccelli di cardamomo tritati

3 cucchiaini di uva passa

120 g di zucchero

In una casseruola riscaldare a fuoco lento, senza portare a ebollizione, i vini, l’Angostura, il vermouth, la scorza di arancia, i chiodi di garofano, la cannella e il cardamomo. Lasciare riposare con il coperchio finché il liquido si è raffreddato, dopo di ché filtrarlo.

Prima di servire, porre di nuovo la casseruola sul fuoco gentile a e aggiungere l’uva passa e lo zucchero finché si scioglie.