Il panettiere di Kos

Greece-Headline-News-Dionysis-Arvanitakis-Feeds-Thousand-Refugees-With-Breads
download (1)Francesco, che ha orrore dei mezzi termini, ha detto Siamo di fronte a un nuovo conflitto globale, ma a pezzetti. Nel mondo c’è un livello di crudeltà spaventosa, ed è facile concordare con lui alla luce di ciò che accade. Questo inizio settimana a tinte fosche ci da la misura di quanto abbia ragione. 
A dispetto di ciò vogliamo riportare una notizia che fa sperare. A Kos, isola greca, tristemente alla ribalta delle cronache perché punto di sbarco fisso della marea di immigrati che fuggono dalla guerra, c’è un panettiere di nome Dionisys Arvanitakis che ogni mattina sforna un quintale di pane extra che distribuisce ai profughi sbarcati al porto. Lo fa perché ricorda la sua situazione di immigrato che ha patito la fame vera e ci restituisce un esempio di quanto sia necessario “mettersi nei panni” degli altri per capirne le ragioni e le necessità. 
Buon lunedì

Chiacchiere del Lunedì

 

Delphine Boël, The Golden Rule blabla
Delphine Boël, The Golden Rule blabla

Julien Ries nella prefazione al suo Trattato di antropologia del sacro affermava: “Nel corso di ogni tappa della sua storia l’uomo religioso è creatore di cultura, ma in cambio la sua esistenza porta anche l’impronta della cultura nel cui ambito si svolge” (J. Ries, TAS, p.1, Jaca Book, Milano 1991). Quale migliore frase per commentare un articolo di A. Di Costanzo e A. Roncato apparso su Repubblica online e intitolato Sacro web, internet è un luogo di culto: santi e patroni diventano social!

Gli autori compiono un’analisi abbastanza dettagliata del boom religioso sul web: “Dirette streaming, app dedicate e webcam al servizio della fede. Per raggiungere i devoti in ogni angolo del pianeta, i grandi santuari e le piccole diocesi usano la Rete. Il mezzo che più di tutti abbatte le barriere di spazio e tempo”. Insomma lo spazio sacro che un tempo era legato ad un luogo ben definito (il luogo del culto) si allarga oggi a dismisura per dare la possibilità a tutti i credenti di accedervi comodamente seduti da casa. Prova ne sono il portale creato per i Miracolo di San Gennaro, che in breve tempo ha contato oltre i due milioni di contatti, o il sito della Basilica di Assisi che dà l’opportunità di visitare la tomba del Santo attraverso una web cam. Senza parlare dei 9 account ufficiali del Papa su Twitter (divisi per lingua), che contano oltre 15 milioni di followers/fedeli. Si calcola che ogni piccolo post in lingua spagnola di Papa Francesco viene ritwittato ben 11mila volte, per darvi una misura quelli di Obama in media sono ritwittati “solo” 1400 volte.

Dunque lo spazio sacro si allarga a dismisura al punto di contenere virtualmente tutta la comunità religiosa… ma, mi chiedo, il pericolo non è quello di diventare spettatori passivi come avviene per un evento sportivo? E che valore ha la presenza “virtuale” del fedele che non presuppone nessuna difficoltà se non quella di collegarsi via web, magari con una bibita in mano? Dove va a finire il retaggio di secoli fatto di preghiera in comune, di presenza, di commozione davanti ad un rito religioso?

Ma i tempi cambiano, no?

Chiacchiere del Lunedì

Delphine Boël, The Golden Rule blabla
Delphine Boël, The Golden Rule blabla

Vogliamo mettere in primo piano oggi la vicenda delle oltre 200 ragazze nigeriane rapite dal gruppo armato di estremisti di Boko Haram mentre erano a scuola nel villaggio di Chibok, vicino al confine con il Camerun, le quali, a dispetto delle minacce si erano recate in classe per poter sostenere gli esami del liceo. Tutto il mondo ne parla e si sta mobilitando affinché queste giovani vengano ritrovate al più presto, ma sembrano svanite nel nulla.

Michelle Obama

Sabato mattina la First Lady, Michelle Obama, ha preso un’inconsueta iniziativa. È apparsa in vece del marito Barack nel consueto spazio televisivo che occupa il Presidente degli Stati Uniti settimanalmente, invitando tutti i a fare pressione ed ad aiutare il governo Nigeriano nel ritrovamento delle ragazze. Ma già all’inizio della settimana Michelle aveva twittato una foto in cui regge un cartello su cui compare #BringBackOurGirls. Sabato anche papa Francesco aveva fatto sentire la sua voce riguardo alla vicenda. Ancora violenza, ancora sulle donne, in un continente che non riesce a trovare la pace…

 

Per mano

images

Tra le cose della settimana passata che più mi hanno colpito vi è un piccolo articolo sul Corriere della Sera, di sabato scorso, che si intitolava: Obiettivo cambiare il mondo. Qui ho letto che Avaaz, il celebre movimento/rete di attivisti globali, ha individuato con un sondaggio le emergenze mondiali per il 2014, riassumendole così:

– Combattere la corruzione politica   54,72%

– Adottare una politica economica per il bene comune 42,99%

– Evitare catastrofi dovute al cambiamento  climatico 42,88%

In Italia gli aderenti ad Avaaz sono più di un milione e mezzo. Il desiderio di cambiare il mondo in meglio è un segno che ci fa ben sperare. Sempre più si sente il bisogno di farsi coraggio e accettare le responsabilità della realtà che ci circonda. In tal senso,  la foto di Papa Francesco per mano a Don Luigi Ciotti, nel giorno dedicato da Libera alla legalità e a al ricordo delle vittime delle mafie, è forse l’immagine migliore, il gesto più bello da ricordare.

 

Vicini o lontani?

quadri e londra 106

Ci si può abituare alle catastrofi?

E se sono lontane ci si può davvero commuovere e immedesimare nel dramma di altri? Sentire ciò che provano gli altri è difficile; solo se fai esperienza delle situazioni, puoi capirle fino in fondo.

A volte mi sembra di assistere alle cose solo in superficie.

Il tifone Haiyan nelle Filippine è stato un nuovo duro colpo all’umanità. Una catastrofe che i nostri occhi hanno visto, con persone coperte di macerie, facce diperate che vogliono salire sul primo aereo e andarsene. E poi abbiamo ascoltato le conseguenze immediate: colera, malattie e ancora altri tifoni più leggeri ma che avrebbero soffiato comunque sul paese.

Oltre a questo le notizie ci dicono e poi negano e poi affermano che è in atto il cambiamento climatico. Si è aperta a Varsavia la conferenza sul clima ma già in anticipo si legge che non c’è da aspettarsi dei risultati decisivi per una svolta sull’ambiente.

Ieri ho parlato con un’amica fiippina e le ho chiesto come si sentiva e se la sua famiglia fosse stata colpita, lei mi ha rassicurato di no poi mi guarda e mi dice: “hai visto papa Francesco? Per la prima volta un papa ci ha parlato subito e si è rivolto a noi in Inglese, in inglese capisci?” Io resto interdetta non capivo poi lei mi ha spiegato: “ in inglese si perché a noi la chiesa ufficiale si rivolgeva sempre o in italiano o in spagnolo oggi tutti lo abbiamo capito e ci siamo sentiti capiti”. Mi sorprendo rimango senza parole: a questo non avevo mai pensato e per la prima volta mi sono sentita vicina a queste persone rassegnate che soffrono.

Chiacchiere del lunedì

Louise Bourgeoise,
Louise Bourgeois, Petite maman, 2008

Per tutto il giorno oggi ho in mente una frase che ha detto Papa Francesco: Se inseguite tutta la vita il nulla sarete nulla.  Questa frase mi ha molto colpita perché vale per tutti, credenti o no. Abbiamo voglia di eroi? Piuttosto cerchiamo esempi di persone autentiche che non  hanno paura di mettersi in gioco per gli altri.

E questo lunedì proprio di questo esempio vorremmo parlare: si tratta di suor Angelique Namaika. Oggi, proprio qui a Ginevra, le verrà consegnato un riconoscimento  dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati . Riceverà il premio Nansen per aver dato rifugio e sostegno alle tante donne scappate dalle violenze dell’Esercito di Resistenza del Signore (LRA: Lord Resistance Army), un’armata di assassini che ha disseminato morte e distruzione fra Uganda e Repubblica democratica del Congo.

Suor Angelique ha accolto e aiutato tante donne, ragazze, giovani abusate. Si legge dal comunicato dell’UNHCR che “ molte delle donne aiutate da suor Angelique raccontano storie di rapimenti, lavori forzati, percosse, assassini stupri e altre violazioni dei diritti umani. Il suo approccio individuale aiuta queste donne a riprendersi dai traumi e dai danni subiti. ”

La stessa suora ha sofferto nel 2009 le stesse violenze che ora cura. I mezzi del centro di aiuto da lei gestito sono al minimo e le sue risorse quasi inesistenti.

Quando ha saputo del premio ha così detto: “È difficile immaginare quanto abbiano sofferto le donne e le ragazze vittime di abusi del LRA. Porteranno per tutta la vita le cicatrici di queste violenze. Questo premio significa che altre persone sfollate a Dungu (dove lei vive e opera ndr) potranno ricevere l’aiuto di cui hanno bisogno per ricominciare le loro vite. Non smetterò mai di fare il possibile per dar loro la speranza e l’opportunità di vivere ancora”.

Donne oltraggiate, percosse, umiliate, donne che hanno subito ogni violazione dei più fondamentali diritti umani, ora hanno tanto dolore da curare. Mi direte: “per noi è un dolore lontano”. Non è così: il dolore di chi subisce violenza è universale. E poi, se ne trova eco ben forte anche nella nostra Italia, dove le donne continuano a essere vittime di ogni forma di violenza, anche delle più gravi.

L’oblio e l’identità dei popoli

Minareto di AleppoVorremmo parlare brevemente e in modo differente dal solito della guerra civile in Siria. Il grido di dolore lanciato da Papa Francesco per fermare la strage, soprattutto dei i più piccoli (finora si stimano 8000 bambini morti), sovrasta ogni nostra possibile riflessione e da’ la misura della strage che si sta compiendo in quella terra. Neppure vogliamo prendere in considerazione le ragioni di una parte o dell’altra convinti che, comunque, una guerra con il carico di orrore che si trascina dietro non è mai giustificabile.

Vogliamo affrontare l’argomento da un altro punto di vista, infinitamente meno importante rispetto alla perdita di vite umane, ma che può far capire come, preso nella morsa degli eventi, un intero popolo possa dimenticare se stesso e la propria identità.

Identità che è scritta nella cultura, nell’arte, nei monumenti prodotti nei secoli che modellano le città e le rendono uniche. Cosa sremmo noi senza un Colosseo, senza una basilica di San’Ambrogio, senza una mole Antonelliana: infatti quel filo che ci unisce al passato e che ci rende unici senza di loro sarebbe irrimediabilmente reciso.

Purtroppo questo é ciò che sta accadendo in Siria. È di ieri la notizia che l’antico minareto della Grande Moschea Omayyade di Aleppo è stato distrutto. Simbolo di un’intera nazione, proclamato patrimonio dell’umanità dall’Unesco è stato abbattuto, forse per errore, il che rende ancora più tragico l’accaduto, come se non si trattasse di un pezzo della storia siriana, come se non appartenesse a quel popolo.

Sul sito dell’Unesco si legge che la città vecchia di Aleppo riflette le ricche e diverse culture che in essa si sono non solo sviluppate, ma susseguite. Resti che risalgono agli Ittiti, all’epoca ellenistica, romana, bizantina si mescolano con più recenti costruzioni arabe. La Grande Mosche fondata dagli Omayyadi nel 715 e ricostruita totalmente nel XII secolo, si trova in un fitto tessuto di suqs, khan e madrase (scuole coraniche) fra le quali la più famosa è quella che racchiude le vestigia dell’antica cattedrale cristiana di Aleppo: la madrasa Halawiye. Sulla moschea fino ad oggi svettava il minareto dei Mamelucchi, che era stato costruito nel 1090 ed era sopravvisuto a saccheggi e catastrofi naturali, con la sua forma sottile e le sue iscrizioni cufiche, splendido esempio di architettura araba.

Su tutto ciò ha prevalso l’oblio, l’odio di parte, un pezzo della storia siriana è stato cancellato e noi non possiamo fare altro che rammaricarci della perdita, ma ancora prima di questo, non possiamo che provare orrore e dolore per un popolo che ha perso se stesso e che, speriamo, possa presto riprendere a vivere.