Zurigo: Ufficio beni immateriali smarriti…

Hai perso la speranza, l’ispirazione, l’amore, la gioia, la rabbia, la tristezza, l’intuizione e la certezza? Niente paura dal 4 marzo a Zurigo lo si può denunciare a quello che è un ufficio oggetti smarriti del tutto particolare. Infatti qui si passa per rivelare la perdita dei beni immateriali che accompagnano la nostra esistenza.

L’Ufficio Oggetti Immateriali smarriti accoglierà la denuncia con l’obiettivo di far meditare sul numero dei sentimenti che vengono smarriti, ma soprattutto far riflettere sul valore che si è disposti ad accordare loro.

Allo stesso tempo ci si può recare al banco dell’Ufficio Oggetti Immateriali smarriti denunciando il ritrovamento di quegli stessi sentimenti di cui si parlava, lasciando così un messaggio positivo di speranza.

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Naturalmente nessuna azione concreta seguirà le denunce, se  non quella di mettere in contatto, se lo si desidera, coloro che hanno perso o ritrovato lo stesso sentimento. Si tratta di un momento di ascolto, accolto da professionisti formati per questo lavoro, e in una società come quella svizzera, in cui la discrezione sta alla base di ogni rapporto, in cui scoprire il proprio animo può risultare difficile, si tratta di un momento di sollievo e speculazione profonda.

L’idea è nata dalla fantasia del manager culturale Patrick Bolle e della giornalista Andrea Keller, che alla fine di questa esperienza, raccoglieranno in un libro i migliori esempi che l’ufficio raccoglierà. Gli ideatori sottolineano che le chance di ritrovare ciò che si è perduto “sono molto basse” e dipendono da chi denuncia la perdita, tuttavia è possibile che qualcuno venga aiutato dall’ispirazione o dalla fiducia che altri hanno ritrovato.

 

La forza dell’arte

Tra pochi giorni si aprirà a Zurigo Manifesta. E’ una Biennale europea di arte a carattere itinerante: ogni volta sceglie un paese diverso ove offrire uno spazio di riflessione per la mappatura di nuovi modelli culturali (fate attenzione perché tra due anni sarà Palermo).imgres

Quest’anno il curatore è tedesco ed è un’artista. Si tratta di Christian Jankowski (non è la prima volta che capita: pensiamo a Francesco Bonami, anche lui prima artista poi critico). Già il titolo solletica la curiosità: What People do for money, some joint Ventures. Anche dal programma si annunciano già riflessioni che metteranno in luce alcune correlazioni sempre più vistose tra il mestiere dell’artista e il mondo dell’economia e del lavoro. Il curatore infatti ha chiesto agli artisti di interagire con  persone diverse di Zurigo, che si occupano di tutt’altro. Una Joint Venture tra artisti e professionisti che lavorano in ambiti diversi.imgres-3

Una segnalazione: chi andrà a Manifesta si conservi un po’ di tempo per una breve gita fuori porta, direzione Limatt. Là potrete visitare un grande parco di sculture da inserire nella cornice dell’art brut, realizzato dall’artista sciamano Bruno Weber.

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Bruno Weber

  Quel parco è un sogno fatto di animali fantastici, da incredibili mosaici, da animali dalle lunghe gambe, mascheroni, gufi reali, satiri e figure antropomorfe. E’ un parco , senz’altro un collage di culture, religioni e credenze.skulpturenpark9.jpg Weber,  ho letto, voleva trovare il giusto punto di equilibrio tra l’uomo, la natura e l’habitat. imgres-1Certamente la sua vita l’ha dedicata e trascorsa a trasformare la sua casa e il suo giardino in  un altro mondo. Questa determinazione,  al di là di ogni giudizio critico, ha senz’altro un fascino per chi  crede nella forza creatrice dell’arte.

Côté Suisse

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Noi italiani ci avviciniamo all’anniversario della Liberazione, il 25 aprile. Già vengono pubblicate le storie degli ultimi sopravvissuti e sono tutte interessanti. Mentre le ascolto mi vengono in mente i racconti, uditi da bambina, di coloro che avevano vissuto la guerra. Tutti, senza eccezioni, facevano riferimento anche ai bombardamenti. Questi aerei che seminavano la morte avevano marcato la memoria dei nostri vecchi.

Di recente ho scoperto che anche gli Svizzeri hanno avuto il loro penare a causa dei combattimenti aerei durante la seconda guerra mondiale. Essendo un paese piccolo, stretto tra i belligeranti, la Confederazione veniva spesso sorvolata dalle diverse aviazioni militari, anche con conseguenze funeste. Inizialmente, furono gli aerei tedeschi a sconfinare regolarmente sui cieli elvetici, durante l’aggressione alla Francia e al Belgio. La cosa accadeva così di frequente che gli Svizzeri cominciarono ad abbatterli! Il che fece infuriare Hitler, il quale sottolineò come gli ineffabili vicini usassero anche armi tedesche per tirargli giù gli aerei. Il macabro Adolfo minacciò la Svizzera e approntò un piano di invasione che si chiamava Tannenbaum. Così gli svizzeri si decisero a lasciar correre, in materia di aerei, ma approntarono un micidiale piano di difesa incentrato su ridotti montani, capaci di tenere in scacco per moltissimo tempo un esercito invasore.

La guerra poi cambiò corso e fu la volta dei tedeschi ad essere bombardati, e così i cieli svizzeri cominciarono a essere violati anche da aerei alleati, che passavano per bombardare l’Italia o la Germania. E gli svizzeri di nuovo si arrabbiarono, con qualche abbattimento o costringendo gli aerei ad atterrare. Ma il più delle volte furono i piloti alleati che, colpiti durante la missione, decisero di scendere (magari col paracadute) sulla Svizzera, per evitare l’internamento da parte del nemico. Venne persino creata una speciale zona di internamento in un resort montano vicino a Lucerna. Il peggio fu che a volte gli alleati sbagliarono pure bersaglio! Capitò che bombardassero Zurigo credendolo Friburgo in Germania, o Sciaffusa e Basilea, scambiate per città tedesche.

Lezione per i nostri giorni: puoi startene bello chiuso nel tuo orticello, ma se vicino a casa tua qualcuno si mena e lo fa per troppo tempo, prima o poi ne buschi anche tu.

Visto e mangiato

Ynka Shonibare, 2013
Ynka Shonibare, 2013

Gustavo Zagrebelsky  ha anticipato ieri su Repubblica la sua riflessione preparata per la terza Biennale Democrazia che si tiene in questi giorni a Torino. Nell’articolo ha affontato il tema della riflessione legato alla felicità. Non ci sono beni che conducono alla felicità e che vanno bene per tutti. La felicità è legata alla natura degli esseri umani. La persona sensuale ad esempio è colei che trova il bene attraverso i sensi e tra i sensi l’articolo elencava anche il gusto. L’articolo era assai più ampio e l’obiettivo alla fine era quello di rimarcare come le idee producono la felicità. (Gustavo Sagrebelski, Il mondo delle idee, La Repubblica, 10 aprile)

Noi invece torniamo al gusto e di conseguenza al cibo e al vino.  Quante cose oggi girano attorno al cibo, mai è stato così tanto rappresentato e pubblicizzato.  Impossibile evitarlo alla televisione o alla radio, sui giornali o nelle immagini per la strada, i volti degli chef sono più famosi  di quelli degli attori e in ogni città  si moltiplicano i luoghi più inimmaginabili dove si possono fare esperienze culinarie di tutti i tipi (ricordo il ristorante  Zurigo dove si può mangiare al buio).

Claes Oldenburg,
Claes Oldenburg,

Il cibo e il vino sono da sempre stati temi privilegiati nell’arte del passato e ancora nell’arte contemporanea (si è da poco conclusa una mostra interessante a Ginevra dal titolo Food a cura di Adelina von Furstenberg presso il Museo Ariana dove si poteva vedere l’opera di molti artisti internazionali legati all’idea dell’alimentazione).

Liliana Moro, Dumme Gans, 2002, struttura in legno biscotto e caramelle esposta alla mostra Food, Ginevra
Liliana Moro, Dumme Gans, 2002, struttura in legno, biscotto e caramelle esposta alla mostra Food, Ginevra,2013

Il cibo infatti non rimane sempre lo stesso, cambia con i costumi della società e mentre da Sinagapore stiamo imparando a coltivare gli orti in verticale gli  Skygreen, grattaceli verdi dove vedremo crescere  l’insalata, c’è chi, come l’ambientalista indiana Vandana Shiva, parte dal cibo per portare avanti la sua lotta contro i mali della globalizzazione, svelando “il business del cibo cattivo” che crea sempre più una popolazione malata malnutrita e obesa.

Skygreen, Singapore
Skygreen, Singapore

Tornando a Zagrebelsky e alla felicità io mi riconosco tra coloro che provano nel cibo un bel divertimento, però sono anche  assolutamente d’accordo con Peppe Severgnini quando scrive che si sente braccato e annoiato da un branco di “enogastromaniaci” (persone soprattutto della nostra età) che trasformano  ciò che è piacevole e divertente  in un ossessione! (da Beppe Severgnini, Italiani di domani, Rizzoli).

Chiacchiere del lunedì

Di buone notizie ancora non ce ne sono molte, in questo mondo bisognoso di cambiamento e di speranza,  ma questa settimana l’arrivo del nuovo Pontefice, Francesco, ha scaldato il cuore di molti.

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Dunque adesso siamo pronti per vivere al meglio riti e tradizioni della Pasqua.Lasciatemi trascurare i riti sacri e per un attimo passiamo in rassegna qualche tradizione che ho scoperto da queste parti.

Qui da noi, in Svizzera, il tradizionale uovo sodo lo trovi già cotto e colorato al supermercato. Se però volessi decorarlo da solo, troveresti in vendita mille attrezzi  incredibili per poterlo fare. Tra le invenzioni più geniali, a questo riguardo, c’è la siringa con la quale estrarre il tuorlo e l’albume e salvare il guscio. Oppure, se non sei bravo e non hai pazienza, puoi sempre attaccare sul guscio mille tipi di versi di adesivi colorati.

La  tradizione vuole, poi, che come per il Natale si prepari anche l’albero di Pasqua. A tal fine, qui si usano dei rami  che  possono essere di  nocciolo, di ulivo o di pesco. Si mettono in un vaso e si decorano con uova, campanelline pulcini o come si vuole. In Svizzera, inoltre, chi i pulcini e i conigli di Pasqua ama vederli vivi può sempre andare nell’Oberland di Zurigo, a visitare il museo di Olten dove ogni hanno preparano un piccolo zoo domestico, per l’occasione. Qui i bambini possono vedere e toccare pulcini e conigli veri e andare a cercarsi le uova che sono state nascoste nel museo. Le uova nascoste sono un bellissimo gioco, che ho imparato qui. Mi hanno detto che è  il coniglio che le porta nelle case e le nasconde, sono i bambini poi che le devono trovare, appunto, nel giardino o in casa.

Nella città di Nyon, non distante da noi, per Pasqua si celebra anche un’altra tradizione antica di secoli: si rivestono le fontane con ghirlande di nastri e uova colorate per sottolineare il fatto che il gelo è ormai passato e l’acqua riprende a  scorrere.

Insomma, è vero che le tradizioni cambiano e si evolvono, ma senza di esse  le giornate dell’anno scorrerebbero piatte e monotone: niente divertimento e imprevisti bizzarri. Impossibile da immaginare!